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mercoledì 17 giugno 2015

Alain Resnais e la censura francese: "Anche le statue muoiono" (1953)



Prima del già trattato caso delle polemiche censorie francesi che colpirono il documentario Notte e Nebbia (1955) di Alain Resnais, il regista dovette scontrarsi con la censura del suo paese per l'opera Anche le statue muoiono ("Les statues meurent aussi"), girata nel 1953 insieme a Chris Marker e sbloccata dalla censura solo nel 1964, in un'edizione tagliata, ottenendo l'autorizzazione per la versione integrale nel novembre 1968. Si tratta di un documentario della durata di circa 30 minuti, avente come tema principale l'arte africana e gli effetti negativi del colonialismo francese sui territori occupati, sfocianti nei difficili rapporti culturali, sociali, politici, lavorativi e religiosi, tra popolazione nera e bianca.


Il tema del colonialismo si è spesso scontrato, in Francia, con la censura, colpendo film come La battaglia di Algeri (1966) - proibito in Francia, dove suscitò forti polemiche soprattutto da parte dell'estrema destra, fino all'uscita regolare nelle sale avvenuta nel 1971 -, di Gillo Pontecorvo, regista che venne duramente contestato da una parte della critica cinematografica francese fin dai tempi di Kapò (1960).


Tenendo presente che Anche le statue muoiono nasce dalla domanda "perché l'arte nera si trova al museo dell'Homme mentre quella egiziana e greca al Louvre?", si riporta l'origine produttiva di questo documentario, raccontata da Chris Marker, cineasta anomalo, da molti ricordato per il suo cortometraggio fantascientifico La jetée (1962):
Iniziato nel 1950 su richiesta di Présence Africaine, il film era finito nel 1953 grazie a Tadié-Cinéma-Productions. La Commissione di Controllo gli rifiutava il visto nella maniera tartufesca che le è propria, segnalando la necessità di tagli ma guardandosi bene dal precisare quali "per non sostituirsi agli autori". Dopo di che, ci sono stati dieci anni di silenzio, poi l'uscita commerciale delle due prime bobine [nel 1964] - operazione alla quale gli autori avevano acconsentito a condizione che la copia così mutilata fosse preceduta dalla scritta "Copia tronca - da non confondere con l'originale". Ma il produttore che si era impegnato a rispettare questa condizione se ne dimenticò all'ultimo momento... Nello stesso tempo, correvano vaghe voci sulla possibilità di una imminente autorizzazione. Se fossero confermate, il ritardo di dieci anni tra la realizzazione e l'autorizzazione permetterebbe almeno di fornire un dato concreto a una questione finora difficile da valutare: di quanto sono in ritardo i Poteri pubblici sulla realtà? (...)
Le ragioni della proibizione di questo Grandezza e Decadenza dell'Arte Negra non sono mai state molto chiare. (...) Dei Funzionari che apparivano per caso nei cinegiornali utilizzati nell'ultima bobina, e il cui volto era sconosciuto tanto agli autori quanto al pubblico, non si sono mai potuti sbarazzare dell'idea (estremamente lusinghiera) che fossero personalmente chiamati in causa.
[cfr. il booklet del film La guerra è finita (1966) di Alain Resnais, disponibile nell'edizione dvd di RHV, all'interno della quale è inserito, come contenuto extra, Anche le statue muoiono]

A sua volta, Alain Resnais, che conobbe Marker dopo la seconda guerra mondiale divenendone amico anche per via della loro comune passione per (allora poco noti) fumetti americani come Dick Tracy di Chester Gould e Li'l Abner di Al Capp - "eravamo un club di eletti, ci sentivamo un po' come i cristiani ai tempi delle catacombe", dichiarò in proposito Resnais (cfr. il booklet del dvd di La guerra è finita) -, così ha ricordato la lavorazione di Anche le statue muoiono e i problemi che suscitò:
Si trattava di un film su commissione. Un'associazione, "Présence Africaine", l'aveva proposto a Chris che mi chiese se volevamo realizzarlo assieme, perché pensava che sarebbe stato più divertente e piacevole. Chris ha scritto la sceneggiatura e il testo, ma stavamo entrambi alla macchina da presa e alla moviola, con Ghislain Cloquet. Ci siamo messi d'accordo sugli oggetti da mostrare. Non è stato sempre facile, perché nessuno dei due era un esperto d'arte africana, ma abbiamo imparato molto facendo il film. (...) Mentre lavoravamo al film, non immaginavamo che avrebbe suscitato tante polemiche. L'avessimo immaginato, ci saremmo cautelati con un contratto. Ma, di fatto, non c'era contratto fra noi e l'associazione. (...)
Se si fosse trattato di un articolo in una rivista, nessuno se ne sarebbe dato pensiero. Ma si trattava di un film e il fatto ha sollevato un polverone di polemiche. L'accaduto dimostra quanto il cinema zoppiccasse all'epoca dietro alla letteratura. Se si rivede il film oggi, ci si chiede cosa vi fosse mai di scandaloso, e si è dovuti aspettare che Andrè Malraux diventasse ministro della Cultura perché il divieto venisse tolto.
[cfr. il già citato booklet del dvd del film La guerra è finita]

Tuttavia, prima dell'autorizzazione concessa all'edizione censurata del documentario nel 1964, Anche le statue muoiono vinse il Premio Jean Vigo nel 1954 e godette di un passaggio al Festival di Cannes nel 1953, così raccontato da Augusto Pancaldi su L'Unità del 17/04/1956, in un articolo riportato nel booklet del dvd di Notte e Nebbia edito da RHV:
Partendo da elementi puramente estetici e di colore, il regista era riuscito a costruire uno spietato atto di accusa contro il colonialismo in genere e quello francese in particolare: buon per lui che la censura - coi venti che tirano in Algeria - si sia limitata a bloccare il film senza denunciarne l'autore per "demoralizzazione dell'esercito francese". (...) Tuttavia, una copia del documentario arrivò a Cannes e fu proiettata per i soli membri della giuria in una sala del festival. Finita la proiezione [Jean] Cocteau [regista de La bella e la bestia (1946) e presidente della giuria in quell'occasione] alzò le braccia al soffitto gridando: "Ma questo è il film più bello della stagione!". La battuta più felice fu di Abel [Gance] "Facciamo una cosa - disse Abel - presentiamo il film in negativo così i negri diventeranno bianchi, i bianchi diventeranno negri e la censura non avrà più niente da dire".
1954: Chris Marker e Alain Resnais vincono il Premio Jean Vigo
(fonte)

I motivi per i quali il documentario di Resnais e Marker abbia avuto così tanti problemi con la censura francese, sono ben chiariti da Paolo Bertetto nel suo volume monografico (edito da Il Castoro) dedicato a Resnais:
Dedicato al processo di repressione e di degradazione dell'arte e dell'artigianato africano ad opera della colonizzazione europea, il film rappresenta certamente un efficace atto di accusa nei confronti del colonialismo (e delle stesse responsabilità della Francia). La denuncia della politica di sterminio culturale delle popolazioni colonizzate costituiva una testimonianza imbarazzante per la Francia, impegnata in una fase delicata dei rapporti con l'Africa. E tuttavia l'intervento censorio del governo francese attesta un'esigenza di rigidità nel tessuto socio-ideologico e di compressione del dissenso, che appartengono a una fase determinata dello sviluppo capitalistico. L'analisi di Resnais e Marker rivela la pratica sistematica di annullamento e di distruzione del patrimonio culturale della civiltà africana attuata dalla colonizzazione. Questa distruzione dell'ambiente sociale e culturale in cui la produzione artistica africana si era sviluppata, sottrae alle stesse statue il carattere di realtà vivente ed il significato storico. Le statue restano senza vita, senza utilità sociale, senza rapporto con la dinamica dell'esistenza.
[Questo estratto è riportato anche nel sopracitato booklet del dvd de La guerra è finita]
Alain Resnais e Chris Marker
Foto realizzata a sostegno del documentario Anche le statue muoiono
(fonte)

In conclusione, le tormentate vicissitudini del documentario di Resnais e Marker rendono evidente come dalle tanto sottovalutate e spesso disprezzate opere presenti all'interno di un museo, e dalle altrettanto osteggiate (soprattutto in Italia) ricerche storiche/antropologiche/artistiche in merito, possa derivare un'opera audiovisiva capace di collegare il passato delle nazioni europee e africane al nostro presente, fornendo importanti spunti di riflessione e di approfondimento, toccando dei nervi scoperti che per una parte della classe dirigente e dell'opinione pubblica di un paese europeo (in questo caso la Francia, ma ciò vale anche per quegli altri paesi attivi, in passato, nelle politiche colonialiste) possono risultare scomodi, necessitando di essere resi inaccessibili al pubblico o fortemente edulcorati.




N. B. L'accurata ricostruzione dei problemi censori e del lungo percorso burocratico intrapreso per sbloccare Anche le statue muoiono e renderlo disponibile per la sua distribuzione nelle sale cinematografiche francesi e internazionali, è disponibile, in francese, a questo link. Il documentario è stato pubblicato per la prima volta in dvd, in Francia, nel 2004.
Un approfondimento sul documentario Notte e Nebbia (1955) di Alain Resnais è disponibile in questa pagina del blog.
Sul tema del colonialismo e del razzismo nei confronti degli africani e degli afroamericani, si segnala il cortometraggio Noi insistiamo! Suite per la libertà subito (1964) di Gianni Amico, del quale è disponibile un estratto a questo link di YouTube. Nell'opera di Amico si unisce la musica jazz a immagini reali e crude del razzismo negli USA (incluso il Ku Klux Klan) e in Africa della popolazione "bianca" nei confronti di quella "nera".


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