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lunedì 16 luglio 2018

African Diaspora Cinema Festival 2018 - Intervista al direttore Fide Dayo



Dal 5 all'8 luglio 2018 si è tenuta a Villa Romana (Firenze), la seconda edizione dell'African Diaspora Cinema Festival (ADCF), interessante iniziativa dedicata al cinema africano che purtroppo ha sempre dovuto scontrarsi con grossi problemi distributivi e di copertura mediatica in Italia. Per conoscere meglio questo festival - avrà il suo epilogo martedì 17 luglio a Roma presso il cinema Farnese, dove saranno proiettate tre delle opere vincitrici del festival -, i suoi contenuti e le pellicole vincitrici, si presenta un'intervista al direttore Fide Dayo (nome per esteso: Fidelis Ekundayo).


Prima di parlare del festival a riguardo della presenza del cinema africano in Italia e di studi su questo argomento, è importante ricordare il contributo fornito dall'antropologo Romano Calisi (1931-1975), autore di saggi e di un festival sul cinema africano, nonché attivo anche con studi sui mass media (dei quali era consapevole della loro funzione sociale) e sul fumetto, al punto da essere uno degli artefici dell'ideazione e organizzazione del Salone Internazionale dei Comics a Bordighera (IM) nel 1965 - evento che favorisce la nascita della rivista Linus -, poi trasferitosi nel 1966 a Lucca. A Bordighera, Calisi, convinto sostenitore della interdisciplinarità, è affiancato da persone come Umberto Eco, Sergio Trinchero (esperto di fumetti noto per la sua collaborazione con Nicoletta Artom in Rai, culminata con l'arrivo in Italia nel 1978 della serie animata giapponese UFO Robot Grendizer da noi nota come "Atlas Ufo Robot - Goldrake"), e il regista francese Alain Resnais (autore di Notte e Nebbia, e Hiroshima mon amour), il quale si era anch'esso occupato di Africa con il documentario realizzato insieme a Chris Marker Anche le statue muoiono (1953), dedicato all'arte africana e ai problemi derivanti dal colonialismo europeo, argomenti che lo portarono a scontrarsi con la censura in Francia, come raccontato in questo articolo del blog. Tornando a Calisi, la sua passione per l'Africa (dove purtroppo morì) è portata avanti da suo figlio Andrea (nato a Roma nel 1968, per poi trascorrere la propria infanzia in Africa), autore di illustrazioni in cui si avverte l'influenza dell'Africa, come raccontato in questo articolo dedicato a una sua mostra tenutasi a Milano nel 2014.

Rivista accademica sui mass media curata da Romano Calisi nel 1965
(fonte)
Locandina del documentario francese Anche le statue muoiono


Dopo questa premessa, puntiamo l'attenzione sulla presentazione e sui propositi che hanno caratterizzato la seconda edizione dell'African Diaspora Cinema Festival (ADCF), tratti dal comunicato stampa di presentazione del festival (che avrà il suo epilogo il 17 luglio a Roma presso il cinema Farnese, dove saranno proiettato tre delle opere vincitrici del festival), per poi concedere la parola al direttore Fide Dayo:

Fondato nel 2013 da Fide Dayo, la missione di ADCF è quella di aumentare la consapevolezza sul cinema africano, i suoi vasti potenziali culturali e artistici, e l'impatto socio-economico che può determinare non solo sulle economie africane, ma anche in altri contesti dell'economia globale. Il nostro obiettivo è usare il cinema per creare una rivoluzione che possa modificare l'orizzonte culturale, sociale ed economico dell'Africa, aprendo la strada attraverso i film prodotti in Africa e dai registi della diaspora africana. "Stop Human Trafficking" è il tema di questa edizione dell’African Diaspora Cinema Festival. Il principio alla base dell’ADCF è che essere africano implica un legame che va oltre la geografia, la nascita o il lignaggio; le persone di origine africana sono diffuse in tutto il mondo e l'Africa è orgogliosa di ospitare molti non-africani. L'Africa è stata capace di catturare l'attenzione del mondo attraverso il suo antico patrimonio culturale e gli inizi della civiltà, ora attraverso il cinema l’Africa ha il potere di connettere persone da tutto il mondo.

In questo momento di profonda intolleranza razziale, di mancanza di lavoro, di forti disuguaglianze e ingiustizie sociali, l’ADCF restituisce protagonismo al cinema africano, in un momento in cui non ci sono spazi pubblici per raccontare e ascoltare le nostre storie.



1) Puoi presentarti brevemente ai lettori, parlando di te e della tua attività da regista in Italia?

Sono nato in Nigeria ma vivo in Italia da tanti anni. Il mio primo lungometraggio, Ben Kross del 2011 è basato sulla storia di un lavoratore immigrato che rischia di perdere tutti i contributi versati per la pensione, lavorando in Italia, quando decide di tornare nel proprio paese di origine. La storia prende spunto dalle modifiche introdotte dalla Legge Bossi Fini che hanno annullato il diritto dei migranti ad ottenere la restituzione dei contributi versati. Ben Kross è stato nominato all'African Movie Academy Awards 2012 nella categoria Miglior regista africano residente all'estero.

Il mio secondo lungometraggio Minister del 2016 racconta la vita di una povera ragazza immigrata che viene nominata ministro. Il film affronta temi legati all'immigrazione: i pregiudizi e le discriminazioni razziali, la difficoltà di integrazione, ma anche temi di genere quali la complessità di conciliare la realizzazione professionale con quella politica e con gli affetti familiari e ancora temi universali quali i diritti del lavoro e il problema dell’emergenza abitativa. Minister ha vinto il Creative African Award 2017 di Londra come miglior film e miglior regista.


Fide Dayo

2) Com'è nata l'idea dell’African Diaspora Cinema Festival? È stato difficile riuscire a realizzarlo?

L'idea del Festival nasce dalla constatazione che non esiste nel nostro paese un canale di distribuzione per i film prodotti in Africa o dai registi della diaspora. Questo priva il pubblico italiano della possibilità di conoscere un enorme patrimonio culturale e artistico e limita la possibilità per tanti registi di far conoscere e apprezzare le proprie opere, nonostante il forte interesse reciproco di pubblico e registi. La prima edizione del Festival è del 2013. Sono passati 5 anni per riuscire a realizzare la seconda edizione, è evidente che non è facile.

3) Che tipo di argomenti sono stati trattati nella tavola rotonda all'interno del festival?

Nella tavola rotonda di giovedì scorso [5 luglio 2018] moderata dall'attrice Balkissa Maiga con la partecipazione di Gemma Vecchio fondatrice di Casa Africa di Roma, Udo Enwereuzor del Cospe, Max Civili giornalista esperto, è stato affrontato il tema delle migrazioni, delle moderne forme di schiavitù, di neocolonialismo, vendita di armi e altre responsabilità dei paesi occidentali sulle attuali condizioni dei paesi africani, responsabilità dei leaders africani corrotti e politiche razziste. I relatori hanno anche proposto alternative praticabili per migliorare le condizioni di vita in Africa, diminuendo la necessità di abbandonare la propria terra, e allo stesso tempo garantire il diritto alla libertà di movimento nel rispetto della dichiarazione universale dei diritti umani per chi voglia comunque costruire in proprio futuro altrove e forme di accoglienza vera e non finalizzata a fare business sulla vita dei migranti. È stata bella la partecipazione del pubblico che ha fatto domande e interventi, dimostrando attenzione e sensibilità su questi argomenti.


I vincitori dell'African Diaspora Cinema Festival 2018

4) Puoi raccontarci qualcosa delle opere vincitrici del festival in modo da presentarle ai lettori?

Ok, intanto i tre film che saranno proiettati martedì prossimo al Cinema Farnese di Roma per l’assegnazione del premio finale ADCF Award, sono tre documentari:

Il primo Free Education dal Sud Africa, regia del giovane regista Michael van Niekerk, è già stato premiato come miglior documentario nella giornate ADCF di Firenze. Il film ci offre uno spaccato della vita politica in Sud Africa, 23 anni dopo la caduta del governo dell'apartheid, mostrandoci la crescente critica alla riconciliazione e la delusione per le trasformazioni promesse da Nelson Mandela e dall'African National Congress. Tra queste voci dissenzienti, emergono vari movimenti di attivisti studenteschi con un rinnovato senso di rabbia e delusione nei confronti del sogno fallito della "Nazione Arcobaleno".



’63 Boycott è un documentario che viene dagli USA del regista Gordon Quinn. Racconta gli avvenimenti del 1963 a Chicago, quando 250.000 studenti boicottarono le scuole pubbliche per protestare contro la segregazione razziale [l'evento è noto come "Chicago Public School Boycott"]. Il filmato inedito, con immagini storiche in 16mm del 1963, è accompagnato dai racconti dei partecipanti a quella storica protesta e dei manifestanti di oggi, collegando la storia dimenticata di una delle più grandi manifestazioni per i diritti civili alle questioni contemporanee su razza, educazione e attivismo giovanile.

FotogrAFRICA viene dal Brasile, la regista è Tila Chitunda. Ci racconta la storia di Amélia, una rifugiata della guerra angolana che ha ricominciato a vivere in una città costiera del Brasile nel 1976. La sua casa è adornata con un immenso murale di foto che documentano il suo passato e ispirano la figlia, nata in Brasile, ad esplorare le radici familiari.

A Firenze, ADCF ha assegnato il premio miglior lungometraggio a The Cut, un film del Kenya del regista Peter Wangugi Gitau. È una storia di due fratelli che scappano dalla casa rurale, dopo che il padre decide di far sposare la figlia, ancora bambina, per poter ricevere la sua dote. Il fratello decide di salvare la sorella e insieme pianificano una fuga nella grande città.



Il premio Villa Romana Award è stato assegnato a Burkinabè Rising, un documentario del Burkina Faso della regista Iara Lee che ci racconta la vita di questo paese dell’Africa occidentale, casa di una vivace comunità di artisti, musicisti e cittadini impegnati che portano avanti lo spirito rivoluzionario di Thomas Sankara, ucciso in un colpo di stato guidato dal suo migliore amico e consigliere Blaise Compaoré, che ha poi governato il paese come autocrate per 27 anni, fino a quando una massiccia insurrezione popolare ha portato alla sua rimozione. Oggi, lo spirito di resistenza e cambiamento politico è più forte che mai e permea ogni aspetto della vita del Burkinabè. È un'ispirazione, non solo per l'Africa, ma per il resto del mondo.

E per finire miglior cortometraggio al film francese Sceptre del regista Rouben Manika che ci racconta la storia degli abitanti di un quartiere delle periferie parigine, fra spaccio, prostituzione e infanzie negate.


Alcuni spettatori dell'African Diaspora Cinema Festival

Il premio consegnato dall'African Diaspora Cinema Festival ai vincitori
Foto di Rouben Manika, tratta dalla pagina fb del Festival

5) Ho trovato molto interessante l'aspetto del premio dato ai vincitori: una chiave simbolica che può aprire le porte. Chi lo ha ideato?

Il premio è frutto del lavoro collettivo dei quattro artisti borsisti di Villa Romana. Hanno ragionato insieme su come rendere il premio simbolico, perché potesse avere un significato per chi lo avesse ricevuto. Alla fine è uscita questa idea della chiave che può aprire le porte di un mondo alternativo e migliore.  

6) L’African Diaspora Cinema Festival continuerà a esistere? Puoi parlarci dei tuoi progetti futuri?

Sì, il Festival continuerà ad andare avanti e crescere. In questa seconda edizione si è creato qualcosa di magico, fra il team che ha lavorato con me, i registi e i vari artisti che hanno partecipato. Si è creato un clima speciale, una grande comunità che crede in un questo progetto e vuole portarlo avanti. Altri progetti per il futuro: sto lavorando a una nuova sceneggiatura e a una web tv per dare uno spazio a chi non lo trova nei media mainstream.


Presentazione della serata del 17 luglio 18 al cinema Farnese di Roma

Sito web ufficiale dell'African Diaspora Cinema Festival:
http://www.africandiasporacinemafestival.com/

Pagina fb ufficiale del festival:
https://www.facebook.com/adcf2018/

Articolo sul Festival scritto da Fide Dayo:



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