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sabato 14 dicembre 2019

40 anni del romanzo "La Storia Infinita" di Michael Ende: il suo pubblico, la traduzione italiana, l'influenza del padre e il valore della fantasia



In occasione dei 40 anni del romanzo La Storia Infinita di Michael Ende - pubblicato per la prima volta in Germania Ovest il primo settembre 1979 dall'editore Thienemann, mentre in Italia a partire dal 1981 grazie a Longanesi -, si fornisce un nuovo approfondimento su questa importante opera letteraria e sul suo autore, rivolgendo l'attenzione ad aspetti non ancora trattati nei precedenti articoli del blog dedicati a La Storia Infinita, a Michael Ende e al film di Wolfgang Petersen del 1984.


Barret Oliver (Bastian) e Tami Stronach (l'Imperatrice) insieme a Falkor ("Fuchur" nell'edizione tedesca)
Foto scattata durante la lavorazione del film La Storia Infinita di Wolfgang Petersen
(fonte)

Per continuare l'approfondimento del pensiero di Michael Ende (1929-1995), autore influenzato dall'antroposofia di Rudolf Steiner (in particolare dal suo libro La filosofia della Libertà. Tratti fondamentali di una concezione moderna del mondo, pubblicato nel 1894), si inizia riportando le parole con cui lo scrittore tedesco, in un'intervista italiana del dicembre 1984 pubblicata sul Corriere della Sera, parlò rispettivamente di due delle sue opere più famose, La Storia Infinita (basata sull'idea di un ragazzo che cade nella storia che legge e difficilmente riuscirà ad uscirne) e Momo:
È la vicenda di un ragazzo che si trova male nella vita: grassoccio, piuttosto goffo, viene beffato dai suoi compagni e si sente infelice. Un giorno, entrando in libreria, ruba un grosso volume rilegato: si intitola, appunto, "La Storia Infinita". Al riparo dagli sguardi indiscreti, il ragazzo comincia a leggere: si accorge a poco a poco, con enorme sorpresa, che i personaggi del libro, le loro avventure, lo riguardano direttamente. Tanto che, a un certo punto, egli si tuffa e sparisce nel racconto, rimanendone inghiottito. E stenterà, non poco, a ritrovare la strada per la propria identità. (...)
Edizione inglese di Momo di Michael Ende
(fonte)
"Momo" è la storia d'una bambina senza famiglia, che forse vive dall'inizio del tempo. Questo essere straordinario, che abita tra le rovine d'un vecchio teatro, possiede un'insolita facoltà: sa ascoltare gli altri suggerendo con il suo silenzio grandi idee.
L'avventura comincia quando il mondo di "Momo" viene invaso dai "Signori Grigi", agenti di una misteriosa cassa di risparmio del tempo. Costoro convincono la gente a investire il tempo nella loro banca, promettendo di restituirlo un giorno con gli interessi. L'effetto è disastroso, tutti divengono più frettolosi e disumani. Si tende a sopprimere quanto rende la vita bella e piacevole: dall'amicizia all'amore. Come operi e che cosa faccia Momo per salvare il mondo dai Signori grigi, lo lascerò scoprire ai lettori. (...)
[La Storia Infinita e Momo, come vendite] hanno superato, nella Germania federale, il milione di copie. Qui, in Italia, stiamo già intorno ai duecentomila volumi venduti. I Paesi dove ho più successo, oltre alla Germania, sono Spagna e Giappone. A Madrid e a Tokyo tanto "Momo" quanto "La Storia Infinita" hanno trovato veri e propri cultori. (...) [per informazioni sulla popolarità di Michael Ende in Giappone e sui suoi legami con la cultura nipponica, si rimanda a questo articolo del blog]
(cfr. l'articolo-intervista Ende, la via fantastica alla realtà, di Antonio Debenedetti, Corriere della Sera, 22/12/1984)
Edizione giapponese di Momo pubblicata nel 2005

Riguardo all'edizione italiana de
La Storia Infinita, Ende ne supervisionò personalmente la traduzione curata da Amina Pandolfi, raccontando questa esperienza nel seguente modo:
La traduzione italiana delle mie opere è l'unica che in una certa misura sono in grado di valutare perché il mio inglese non è così buono da consentirmi di avvertirne le sfumature. Così come i problemi che riguardano certe inflessioni. In questi casi dipendono dalla capacità interpretativa personale del traduttore. La stessa cosa vale per il francese e lo spagnolo: riesco a capire approssimativamente quanto leggo, ma non posso giudicare se si tratti di una traduzione buona o cattiva. Per l'italiano invece posso discretamente farlo. E si dimostra perfettamente che ci sono una serie di sfumature che in italiano non possono assolutamente essere tradotte, anche a prescindere dai giochi di parole che si trovano spesso nei miei libri.
Prendiamo il caso della parola "Einsiedler" (solitario, eremita in italiano, N.d.T.) dalla quale ho tratto il termine Zweisiedler, che dopo una lunga riflessione, abbiamo reso in italiano con il termine "bisolitari" [indica la coppia di anziani che vive vicino all'Oracolo Meridionale], anche se la cosa non funziona altrettanto bene. Anche la parola italiana infatti contiene una contraddizione giocosa; tuttavia non passa così inosservata come il termine tedesco Zweisiedler, che in un primo momento uno si sorbisce tranquillamente per poi esclamare due minuti dopo: ma che razza di parola assurda è questa?
Incidentalmente devo aggiungere che Zweisiedler non è una mia invenzione, ma di Nietzsche. Si trova infatti in [Così parlò] Zarathustra [per informazioni sull'utilizzo del termine "Zweisiedler" da parte di Nietzsche si rimanda a questa pagina in lingua inglese].
(cfr. il saggio Italiano e tedesco. Due lingue e un narratore, di Michael Ende, pubblicato all'interno del volume Storie Infinite, a cura di Saverio Simonelli, edito da Rubbettino nel 2010; l'estratto di testo proviene dalle pagine 88-89)
I "bisolitari" nel film di Wolfgang Petersen tratto dal libro di Ende

Tornando alla popolarità dei suoi romanzi in Germania e in altri paesi, Ende in quella sopracitata intervista italiana del dicembre 1984, rilasciò le seguenti dichiarazioni:
I miei libri, in Germania, sono diventati dei best-seller senza bisogno di lanci o di montature pubblicitarie. È importante dirlo: è stato un successo graduale, costruito dal pubblico che leggeva le mie opere e ne parlava al vicino. Così, nel tempo, si è arrivati a vendere centinaia di migliaia di copie. Il mio successo è stato favorito, senza dubbio, da una situazione molto particolare. In Germania, per anni, non c'è stato posto che per una narrativa impegnata: quanto sfuggiva alle regole dell'engagement, in altre parole, veniva considerato prodotto di evasione. Tutto ciò, spiegabile nel dopoguerra, ha finito per stancare la gente. Così, all'improvviso, sono stati scoperti i miei libri, il loro modo diverso di raccontare. (...) 
La fantasia, nei miei libri, è un mezzo per raggiungere la realtà. Una realtà che è molto più complessa, almeno così come io la intendo, d'un mondo meccanicamente ridotto a puri fatti. (...) Le grandi favole classiche non hanno, secondo me, origine popolare: nascono, piuttosto, dalla trasformazione di una realtà esterna, oggettiva, in un mondo interiore. Qualcosa di analogo avviene nei miei libri, dove i personaggi sono simboli interiorizzati e fantastici della vita e dei suoi problemi proprio come i re e i cavalieri dei racconti medievali. (...)
Michael Ende nella sua casa a Genzano nel 1984
La foto è stata utilizzata in più occasioni e in diversi formati sul Corriere della Sera
A giudicare dalle lettere, che ricevo numerosissime, i miei lettori sono generalmente giovani tra i venti e i trentacinque anni. (...) [Politicamente, in Germania] I Verdi si identificano generazionalmente con il mio pubblico. Non è tutto, certo. I miei libri cercano e ripropongono gli antichi valori dell'uomo - e questo potrebbe essere uno dei segreti del loro successo - in un'ottica e con una sensibilità moderne. Al contrario, gli scrittori di oggi mettono in dubbio tutti i valori, senza indicarne di nuovi e questo credo non piaccia ai giovani, Verdi o meno [per approfondire l'importanza data da Michael Ende alla creazione di nuovi valori si rimanda a questo articolo del blog]. (...) 
Essere massa, sentirsi massa sono stati d'animo, non fatti o realtà sociali: io non ho mai conosciuto un uomo, che potesse in qualche modo considerarsi assimilabile alla massa. Ho conosciuto sempre e soltanto degli individui con alle spalle problemi, storie, situazioni umanamente complesse. Non credo, dunque, all'esistenza di una cultura di massa. La cultura nasce sempre dalla comunione dei singoli.
(cfr. il sopracitato articolo-intervista di Antonio Debenedetti)
Michael Ende
(fonte)

Ende riponeva molta considerazione nel pensiero individuale, sia per quello che riguarda il diverso coinvolgimento di ogni singolo individuo nella lettura di uno stesso libro, sia per l'importanza che ricopre il nostro modo di pensare nel corso della vita quotidiana e nell'interazione con il mondo che ci circonda, 
come spiegato dallo stesso Ende nel corso di un'intervista italiana del 1986 pubblicata sul Corriere della Sera:
Se due persone diverse leggono lo stesso volume è come se ne leggessero due diversi, perché ciascuno porta sempre se stesso dentro ciò che legge. (...) Oggi la filosofia e le scienze più moderne stanno riscoprendo l'unità del reale, dove la nostra coscienza e il mondo esterno non sono che le due facce della stessa moneta. Sono idee che vengono da lontano, dallo Zen, dai pensatori classici e anche dall'alchimia. (...) Nel corso della giornata per ogni inezia, dobbiamo prendere sempre decisioni in una catena infinita di scelte. Per non sbandare trascinati dal caso, ecco il pensiero creativo a guidarci per costruire sempre nuove situazioni e non per subirle. Questa è la libertà.
(cfr. l'articolo-intervista "Uscite dal mio labirinto", di Cesare Medail, Corriere della Sera, 5/03/1986)
Genius Ioci, opera del 1936 di Edgar Ende, il padre pittore di Michael Ende
(fonte)

L'importanza del pensiero individuale sostenuta da Ende è dovuta alla forte influenza che lo scrittore tedesco ha avuto dal proprio padre, il pittore surrealista Edgar Ende (1901-1965) di cui si sono perse molte opere poiché distrutte dai nazisti:

Anzitutto m'ha fatto conoscere, ancora ragazzo, la crudeltà della dittatura nazista: i quadri di mio padre furono infatti condannati come arte degenerata. E noi, per non piegarci alla volontà del regime e alle sue scelte estetiche, facemmo la fame. Ci fu, però, anche del buono. Sono cresciuto infatti tra artisti e letterati, potendo così imparare con minor fatica moltissime cose. Dirò anche che il lavoro di mio padre, instancabile nel ricercare il mondo mitico sepolto in ciascuno di noi, lo ritrovo magicamente nei miei libri.
 (cfr. il sopracitato articolo-intervista di Antonio Debenedetti)
Un estratto da Lo Specchio nello specchio (1984) di Michael Ende, associato a un quadro del padre Edgar
Dal Corriere della Sera del 05/03/1986


Per concludere questa panoramica del pensiero di Michael Ende, si riporta questo estratto dal suo saggio Perché scriviamo per i bambini?, dove lo scrittore tedesco parla dell'importanza che per lui avevano il gioco e la fantasia, capaci di condurre a una più ampia conoscenza di se stessi e a un mutamento interiore, due effetti che possono avvenire anche ai lettori delle sue opere:
Sicuramente conoscete il famoso detto di Nietzsche: "In ogni maschio è nascosto un bambino che vuole giocare". Proverei a correggere un pochino e in tutta tranquillità questa frase del grande misogino dicendo: "In ogni essere umano è nascosto un bambino che vuole giocare". E io non mi vergogno a confessarvelo: l'impulso vero e proprio che mi spinge a scrivere è il piacere nel libero e incondizionato gioco della fantasia. Lavorare a un libro per me è ogni volta un viaggio nuovo, del quale non conosco la meta, un'avventura che mi pone di fronte a delle difficoltà che in precedenza non conoscevo; vengono alla luce esperienze, idee e pensieri fino ad allora ignoti. Insomma è un'avventura al termine della quale io stesso sono diverso da prima.
(cfr. il saggio Perché scriviamo per i bambini?, di Michael Ende, contenuto nel sopracitato libro Storie Infinite curato da Saverio Simonelli, pag. 54)
Michael Ende
(fonte)

N.B. Si segnala la puntata del programma radiofonico Wikiradio di Rai Radio 3 dedicata a Michael Ende e curata da Luisa Mattia, che è stata trasmessa il 28/08/2018, il cui podcast è ascoltabile a questo link.

P.S. in data 26/03/2020 è stata pubblicata una traduzione integrale in lingua spagnola di questo articolo, sul blog "Endeland - Tributo a Michael Ende", dove è disponibile a questo link.


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