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martedì 2 luglio 2013

Anime - Quei cartoni giapponesi che uniscono generazioni di italiani



All’anniversario dei 150 anni dell’unità italiana, il nostro paese si presenta realmente unito sotto ben pochi aspetti. Numerosi sono i pensieri e i pregiudizi che assillano le nostre menti e che si ripercuotono nella realtà e nella quotidianità rappresentando continuamente cause di profonda divisione sociale, economica, lavorativa, culturale, spesso inopportunamente cavalcate e alimentate da parte della politica italiana che, in questo modo, da un lato soddisfa il proprio tornaconto per ottenere un facile consenso facendo leva su pregiudizi e luoghi comuni diffusi nella popolazione, mentre dall’altro alimenta la divisione che ancora affligge questo paese. Divisione che, peraltro, favorisce il gioco dei potenti: un popolo diviso è più facile da gestire e controllare di un popolo unito.



Com’è ben noto alla classe dirigente e a buona parte degli italiani, nel nostro paese è molto diffusa la fruizione massiccia della televisione (mezzo che molti di noi utilizzano, o hanno utilizzato, come fonte di informazione principale), un medium che, per sua stessa natura, si presta a manipolazioni di vario genere, con cui si può evitare di rappresentare o raccontare pienamente quanto accade nel nostro paese: basti pensare a L’Aquila, dove la situazione è tutt’altro che risolta, dato che il centro storico è distrutto, le macerie sono ancora lì a terra, molta gente attende ancora una casa, ambulatori medici e altre attività lavorative si svolgono nei container, e dove ci son ben numerosi altri problemi che non si possono certo risolvere semplicemente evitando di inquadrarli con le telecamere e di mostrarli in tv.

Manga sulla Divina Commedia,
ideato da Go Nagai

Cos’è dunque che può unire questo popolo che passa così tanto tempo davanti alla tv? Molti ritengono che da oltre trent’anni, in tv, vengano trasmessi sempre e solo programmi stupidi, di dubbio gusto, o che la tv sia per sua stessa natura qualcosa di negativo. Costoro trascurano un elemento che ricopre una fondamentale importanza per diverse generazioni di italiani: la rapida diffusione in massa e costante delle serie animate giapponesi, gli anime, che ha contraddistinto i palinsesti televisivi dell’intero decennio degli anni ’80, iniziando a scemare solo nel corso degli anni ’90, a causa di pregiudizi, accuse e censure. Tuttavia, questa messa in onda così intensiva che non ha eguali in tutto l’Occidente, non deve essere assolutamente sottovalutata, liquidata con parole di scherno o ignorata, dato che essa ha fatto sì che dal 1978 ad oggi (in cui la fruizione principale degli anime si è spostata dalle tv a internet e all’home video) molte persone appartenenti a diverse generazioni di italiani, seguissero e, in molti casi, si appassionassero alle vicende dei loro beniamini animati, nelle cui avventure, in vari casi si scorgono citazioni a illustri esponenti della cultura italiana, come Dante Alighieri. Come se non bastasse, la diffusione e la presenza dei cartoni giapponesi in Italia è legata a filo doppio a diversi importanti avvenimenti della nostra storia più recente.

Goldrake

È il 4 aprile 1978, durante i difficili giorni del sequestro di Aldo Moro, che, sulla Rai, fa il suo esordio la prima serie tv giapponese “pura” (cioè non frutto di co-produzioni con paesi esteri, come Vicky il vichingo, e non basata su romanzi occidentali come Heidi): Atlas Ufo Robot/Goldrake. Le avventure di Actarus, il pilota del robot Goldrake proveniente da un lontano pianeta devastato dalla guerra e dalle radiazioni, che protegge la terra da Re Vega mettendo a rischio la sua stessa vita, senza farsi dissuadere nemmeno dal riaprirsi di una sua ferita al braccio destro che, a causa delle radiazioni Vegatron (metafora delle vere radiazioni rilasciate da energia e armi nucleari), è destinata ad espandersi nel suo corpo fino ad ucciderlo. Goldrake diviene involontariamente il manifesto della produzione animata giapponese che, attraverso i televisori in bianco e nero allora posseduti dalla maggior parte degli italiani, inizia ad occupare i palinsesti Rai (a lui fanno seguito altri come Capitan Harlock, Remì e Mazinga Z) e soprattutto quelli delle tv private, dove arrivano altri anime robotici come Il Grande Mazinga e Jeeg Robot d’Acciaio, iniziando una graduale e inarrestabile attività di unione dei bambini e dei giovani italiani. Non importa la regione d’Italia in cui vivono, l’interesse verso quei personaggi è generale e riguarda l’intera nazione. Per tentare di capire come mai delle serie televisive riescano a ottenere un così tale e generale coinvolgimento emotivo, superiore persino a quello dato dal cinema (in Italia, prima delle serie tv, erano già arrivati alcuni film d’animazione nipponici, ma senza successo), è opportuno ricordare le parole del regista Ingmar Bergman sulla tv: “la sera, quando guardo la televisione, mi coglie improvvisa la sensazione che il cinema sia superato, invecchiato, un’arte della quale si potrebbe fare a meno, e che meriterebbe di essere gettata via. I film e i drammi che noi costruiamo non potranno mai attingere il livello drammatico della televisione, il suo potere di suggestione, la sua immediatezza. Il cinema non può stimolare l’immaginazione come la televisione” (cfr. Sergio Trasatti, "Ingmar Bergman", Il Castoro, 1995, p.4).

Ufo Robot Goldrake contro le armi nucleari
Illustrazione realizzata da Go Nagai per protestare contro il test nucleare di Mururoa avvenuto nel 1996

Di quanto sia profondo e diffuso l’affetto dei bambini italiani verso quei cartoni ne viene data una sconcertante testimonianza nel caso di Vermicino (giugno 1981), quando la Rai segue con un’interminabile diretta il calvario di Alfredo Rampi (per tutti “Alfredino”), un bambino di sei anni che cade nelle profondità di un pozzo artesiano, dal quale si cerca di estrarlo vivo con ogni mezzo. Alfredino riesce a comunicare con l’esterno attraverso un microfono posizionato vicino a lui e la sua voce si imprime irrimediabilmente nella mente di chi segue quella diretta. Per rassicurarlo, un vigile del fuoco gli parla ripetutamente di vari argomenti e dei personaggi dei cartoni animati che il bambino predilige, avvertendolo che Mazinga Z e Jeeg Robot sarebbero arrivati a salvarlo (“Non piangere, vedrai che andrà tutto bene. Adesso arriva Mazinga con le mani di ferro e ti porta via”). I robot non arrivano, i soccorsi falliscono e il mondo della fantasia nipponica, in Italia, si infrange contro la realtà (cfr. questo articolo per maggiori informazioni).

L'Uomo Tigre

Cosplayer dell'Uomo Tigre al Nerd Show 2019 di Bologna
Foto personale

Nel corso degli anni ’80, segnati dalla paura dell’Aids, dalla nube radioattiva di Chernobyl che attraversa l’Italia e da numerosi altre vicende, gli anime continuano a tenere compagnia, ad alimentare la fantasia dei loro primi fan ormai divenuti adolescenti e di nuovi bambini, facendo in un certo senso da scudo “protettivo” verso tutti quei tragici avvenimenti raccontati dai telegiornali. Dilagano le serie sportive come
Rocky Joe, l’Uomo Tigre (in cui il protagonista, per sostenere economicamente un povero orfanotrofio decide di smettere di pagare il pizzo all’organizzazione criminale Tana delle Tigri, provocando la sua condanna a morte da parte di quest’ultima e compiendo così un gesto la cui pericolosità è facilmente comprensibile nel nostro paese), Holly & Benji, Jenny la tennista, Hilary. Tra di esse spiccano anche i due anime dedicati alla pallavolo, Mimì e Mila & Shiro, capaci persino di provocare un così vasto interesse nelle bambine italiane da spingere alcune di esse a divenire vere e proprie giocatrici professioniste, come nei casi di Francesca Piccinini e Eleonora Lo Bianco.

Candy Candy

Parallelamente alla fruizione degli anime, crescono polemiche, luoghi comuni, pregiudizi da parte del mondo degli adulti verso le opere giapponesi, come le numerose critiche verso le “lacrimevoli” storie di orfani come Candy Candy e Remì, accusate di deprimere i bambini. In realtà, dietro ai numerosi orfani che popolano il mondo degli anime (specie negli anni ’70) si nasconde tutt’altro: molte delle persone che creano e lavorano a quei cartoni sono nate tra gli anni ’30 e ’40 e, a causa della seconda guerra mondiale, subiscono in molti casi la perdita di uno o di entrambi i genitori. La creazione di quei personaggi è dunque il riflusso delle difficili condizioni famigliari vissute dai loro autori, i quali presteranno sempre grande attenzione agli sviluppi dei nuclei famigliari nel corso degli anni successivi: non deve quindi sorprendere che in Gundam, il protagonista adolescente abbia i genitori separati e un difficile rapporto con loro, caratteristiche che, per chi in Italia è appunto figlio di genitori divorziati, ne possono favorire l’identificazione.

Kyashan

Come se non bastasse, attraverso gli anime si sono in più occasioni individuate allusioni alla cultura e alla storia italiana (in Kyashan, il nemico principale del protagonista ha un volto e un comportamento simili a quelli di Mussolini), raggiungendo l’apice con I Cavalieri dello Zodiaco, nella cui edizione italiana sono state volontariamente aggiunte citazioni di illustri artisti italiani, a volte rielaborandole (“il tuo spirto guerrier entro mi rugge” da Ugo Foscolo), oppure citando testualmente Dante (“Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”) e Leopardi (“Tra questa immensità s’annega il pensier mio”), mantenendo nel frattempo un tono aulico e molto articolato nel linguaggio dei personaggi, il che può aver contribuito ad ottenere un forte valore pedagogico e formativo negli spettatori più giovani.

Dagli anni ’90, nascono in Italia i primi editori che pubblicano manga (i fumetti giapponesi) e anime, contribuendo così a una fruizione più matura e consapevole sia dei prodotti audiovisivi, sia di quelli cartacei, che si diffonde gradualmente nella popolazione italiana riscuotendo, ancora oggi, l’interesse di nuove generazioni di spettatori e lettori. I fan di queste produzioni, nel corso degli anni, hanno inoltre iniziato a interagire tra loro, prima via lettera, poi tramite incontri alle fiere del fumetto e infine attraverso il web e i social network, che hanno ulteriormente favorito l’interazione (creando purtroppo anche conflitti e divisioni) e la conoscenza tra persone di varie città d’Italia e di età diverse, creando così amicizie e legami affettivi nati grazie alla comune passione per le opere nipponiche, la quale ha reso possibile il superamento di quei pregiudizi sociali, culturali, geografici e anagrafici, spesso presenti nella popolazione italiana.

I Cavalieri dello Zodiaco

Se oggi molti di noi sono accomunati dall’affettuoso ricordo del tempo trascorso nell’infanzia e/o nell’adolescenza a seguire le gesta dei personaggi giapponesi, o dall’interesse per il Giappone, è dunque merito di quei numerosi cartoni che, dal 1978, ci hanno fatto scoprire un nuovo modo di intendere e produrre l’animazione, fornendoci anche una possibilità di essere più uniti e socialmente compatti tra di noi, grazie anche a un insegnamento spesso presente negli anime: nella vita è fondamentale saper collaborare con gli altri, mostrando interesse per l’intera nazione a cui apparteniamo ed evitando quegli egoismi e individualismi che conducono inevitabilmente alla sconfitta e alla rovina.


N. B. Prima pubblicazione: 17/3/2011 sul sito www.ilcapoluogo.it

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Aggiornamento (17/12/2017): Un'opinione simile a quella espressa e sostenuta in questo articolo, venne formulata anche da Teresa Buongiorno (autrice, nell'aprile 1978, di un importante dossier sull'animazione giapponese), sulle pagine della rivista settimanale Radiocorriere TV, al termine del suo articolo "È sbarcato un Ufo Robot carico di ragazzi" (cfr. il n. 42 edito nell'Ottobre 1978), dedicato al gruppo di vincitori del "concorso Ufo Robot" lanciato dalla rivista in occasione della messa in onda del primo ciclo di puntate di Goldrake nell'aprile del 1978. I ragazzi, provenienti da varie zone d'Italia, ottennero come premio la possibilità di visitare il Centro di Telecomunicazioni di Telespazio del Fucino, il Centro Nucleare del CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare, poi divenuto ENEA) di Frascati, il Museo Storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle (provincia di Roma), e infine gli studi televisivi della Rai in via Teulada a Roma.

Dal Radiocorriere TV n. 42, Ottobre 1978.

Si riportano le parole della Buongiorno:
Sono arrivati da ogni parte d'Italia, Nord e Sud, Sicilia e Sardegna (...). Eppure parlavano tutti lo stesso italiano. Ci è sembrato improvvisamente di toccare con mano l'unità linguistica dell'Italia realizzata da questa TV che è tanto spesso accusata di essere diseducativa. A giudicare dall'incontro con questi giovani patiti del video (tutti fedeli all'appuntamento con cartoni animati e telefilm) le nuove generazioni sono ben diverse da quanto appare dalla cronaca dei quotidiani. Solo che i migliori non fanno notizia, per scoprirli bisogna magari fare un concorso. E allora ci si accorge che l'irrequietezza sfrenata dei Gian Burrasca non esiste più. Questi bambini sono educati e composti, attenti e pieni di mille curiosità, anche per la cultura. Parlano con i grandi senza timidezza e senza sfrontatezza, con tranquilla disinvoltura. Ed hanno orizzonti molto vasti, la TV li ha abituati a spaziare per tutti i continenti. 
"Cosa vorreste vincere, al prossimo concorso?", ho domandato salutandoli. "Un altro viaggio", su questo sono tutti d'accordo. "Magari all'estero".
Goldrake

Oltre all'Italia, è interessante notare come la trasmissione televisiva di Goldrake abbia esercitato un'influenza unificatrice anche tra i giovani del Libano che seguirono la serie - doppiata in arabo classico e trasmessa col titolo "Grendizer" (il nome originale giapponese del robot) sulla tv statale Télé Liban - nel periodo in cui il loro paese era devastato dalla guerra civile (1975-1990), traendo dal cartone la speranza nel futuro, nella conclusione della guerra e nella vittoria del bene sul male, come indicato in questa pagina web. Anche per i libanesi Goldrake, nel corso del tempo, è poi divenuto uno dei pochi fattori positivi di unificazione sociale e generazionale, come raccontato in questo articolo in lingua inglese e nel corso di questa intervista (realizzata appositamente per il blog) al gruppo libanese ASHEKMAN. In Libano, nel 2014 e nel 2016, si sono inoltre svolti due importanti eventi in discoteca dedicati a Goldrake e agli anni '80, come testimoniato dai due album fotografici presenti nella pagina facebook dell'emittente radiofonica Mix FM Lebanon, reperibili qui e qui.

Locandina dell'evento dedicato a Goldrake e agli anni '80, svoltosi a Beirut (Libano) nel 2014.
(fonte)

Locandina dell'evento tenutosi a Beirut nel 2016
(fonte)

4 commenti:

  1. http://animemangagogo.blogspot.it/ ciaoooooo mi piace un sacco quello che scrivi !!! :D se ti va puoi passare sul mio blog,recensisco anime e manga :D e se hai qualche parere da esprimere non esitare a commentare :) xoxo A

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    1. Ciao Zelda!! :)
      Grazie mille per i complimenti! ^^
      Ok, terrò d'occhio il tuo blog. E' sempre bello sentirsi e seguirsi tra appassionati di anime e manga.
      Ci sentiamo, ciao! :))

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  2. molto interessante certe cose non le sapevo e sono di quegli anni io grazie

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