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domenica 29 maggio 2016

History of Robot Anime (2013) - Il dossier governativo nipponico sull'animazione robotica



Come descritto in questo articolo inglese del quotidiano nipponico Japan Times, nel 2013 il Governo giapponese attraverso la Japan's Agency for Cultural Affairs e la Mori Building ha pubblicato un approfondito dossier di 90 pagine, intitolato "Japanese Animation Guide: The History of Robot Anime", sulle opere animate dedicate ai robot (in particolare quelli "giganti"), in quanto ritenute un simbolo del fascino culturale che il paese del Sol Levante esercita sulle popolazioni di altri paesi, un importante elemento del proprio settore economico (solo per quello che riguarda il merchandising della saga di Gundam, nel 2014, si è stimato un giro d'affari di decine di milioni di dollari), e un filone fantascientifico caratteristico della cultura giapponese.


Le ricerche per il dossier, aggiornate all'anno 2012 con l'aggiunta di una nota introduttiva datata 25 luglio 2013 dove si menziona il film Pacific Rim di Guillermo del Toro, vengono svolte dallo studioso Ryusuke Hikawa (fondò uno dei primi fan club della Corazzata Spaziale Yamato/Star Blazers negli anni '70) in collaborazione con Koichi Inoue della Sunrise (Inoue ha partecipato alla produzione di Gundam 0083) e con lo scrittore Daisuke Sawaki, per poi essere tradotte in inglese da Matthew Alt, vice-presidente dell'AltJapan. Dall'edizione in lingua inglese di 59 pagine, pubblicata in formato pdf nel 2014 (reperibile qui), è però stato escluso il terzo capitolo della versione originale giapponese.


Per meglio comprendere la metodologia adottata da Hikawa nella stesura del dossier, dove ampio spazio è dedicato al contesto storico giapponese, va tenuto conto del fatto che le ricerche universitarie sull'animazione nel paese del Sol Levante vengono solitamente condotte incrociando aspetti artistici, antropologia culturale e psicologia, come teorizzato e sostenuto da Hiroshi Ikeda (classe 1934), il quale, accanto alla sua attività di regista di pellicole e serie tv animate per la Toei e di manager della Nintendo, si è a lungo impegnato per la creazione di ricerche universitarie e di saggi sull'animazione, consapevole dell'importanza culturale e sociale di quel genere di produzioni, al punto da scontrarsi, nel corso degli anni, con pregiudizi, disinteresse e pressapochismo presenti nell'ambiente accademico ed editoriale. L'approccio didattico di Ikeda nello studio della "percezione dell'animazione" ha contribuito alla nascita, nel 1998 a Tokyo, della Japan Society for Animation Studies (JSAS), specializzata nello studio accademico dell'animazione (cfr. il saggio di Hikeda More on the History of the Japan Society for Animation Studies, pubblicato nel libro Japanese Animation - East Asian Perspectives, a cura di Masao Yokota e Tze-yue G. Hu, edito da University Press of Mississippi nel 2013).


Tra gli obiettivi del dossier, come spiegato da Ryusuke Hikawa, c'è quello di colmare la distanza esistente tra le persone più adulte che hanno seguito personalmente gli anime per decenni - alcune delle quali (appartenenti alla "First Gundam Generation") divenendo scienziati, ingegneri, studiosi di tecnologie spaziali o robotiche, proprio per via dei cartoni visti da giovani e del relativo merchandising -, e i più giovani che invece basano le proprie conoscenze affidandosi, in larga parte, al materiale che riescono a reperire attraverso internet. Inoltre, visto che a partire dalla metà degli anni '90, i giapponesi hanno registrato un aumento consistente dell'attenzione e dell'apprezzamento del pubblico dei paesi esteri per gli anime, il dossier si è posto anche lo scopo di colmare il gap esistente tra il punto di vista giapponese e quello dei paesi esteri, dove spesso i fan, sprovvisti di informazioni attendibili e precise, hanno formulato delle proprie analisi, interpretazioni e conclusioni, molto diverse da quelle volute realmente dagli autori giapponesi.

Mobile Suit Gundam (1979-1980)

Tornando all'edizione inglese del dossier governativo, Hikawa spiega, fin dalla prefazione, come l'animazione televisiva robotica debutti con la serie Astro Boy (1963-1966, inedita), prodotta in bianco e nero dalla Mushi di Osamu Tezuka (autore del manga a cui è ispirata), in seguito a un telefilm (trasmesso tra il 1959 e il 1960) incentrato sullo stesso personaggio. Astro Boy è la serie che meglio si presta a rappresentare il periodo del rapido e (apparentemente) incessante boom economico che attraversa il Giappone nel corso degli anni '60, decennio in cui si assiste all'ascesa del ceto medio, all'espansione industriale, alla diffusione massiccia degli apparecchi televisivi presso le famiglie nipponiche, alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 che determinano un rapido e massiccio investimento nelle infrastrutture (autostrade, trasporto ferroviario, ecc...) che contribuiscono a mutare rapidamente la struttura urbana della città, dove sorgono nuovi giganteschi edifici che ne modificano lo skyline, trasformandola in una metropoli, lasciandosi così alle spalle la devastazione provocata dai bombardamenti statunitensi (effettuati ricorrendo anche al Napalm) durante la seconda guerra mondiale.

Tokyo, dopo i bombardamenti statunitensi nel 1945
(fonte)

Un'altra immagine di Tokyo,
da The World at War ep. 24

Nel corso degli anni '60 lo sviluppo tecnologico e scientifico è ritenuto, da una larga parte dell'opinione pubblica nipponica, una fonte affidabile e illimitata di prosperità economica e di felicità, in grado di migliorare le condizioni di vita di ogni singolo individuo. L'apice di questa visione positivista è raggiunto con l'Esposizione Universale (Expo) di Osaka, svoltasi nel 1970 proponendo la tematica "progresso e armonia per l'umanità".

Illustrazione promozionale realizzata per la trasmissione negli USA, iniziata nel settembre 1963
(fonte)

Simboli di quell'apparente benessere derivante dallo sviluppo tecnologico e scientifico, divengono i robot umanoidi (non semplici macchine, ma veri e propri personaggi ben caratterizzati), figure di un moderno folklore avviato da Astro Boy. Tra le opere che fanno seguito al personaggio di Tezuka, si ricordano la serie animata Tetsujin 28 (1964-1966, inedita, anch'essa realizzata dopo una serie-live) e il telefilm Giant Robot (1967-1968, inedito), entrambi incentrati su robot giganti dagli occhi umani (con tanto di pupille) ispirati a dei manga di Mitsuteru Yokoyama, e il meno noto cartone 8 Man (1963-1964, inedito).

8 Man sulla copertina della rivista Shonen Jump nel 1964
(fonte)

Basato su un fumetto di Kazumasa Hirai e Jiro Kuwata, 8 Man (o "8th Man" come ribattezzato nell'edizione statunitense del 1965) racconta la storia di un detective ucciso da alcuni criminali - investito con un'auto nella serie animata, mentre nel manga la sua morte avviene in una sparatoria all'interno di un magazzino -, che viene trasformato in cyborg da uno scienziato, il quale, in precedenza, aveva già tentato altre 7 volte di compiere un'operazione simile, ma senza riuscirci. Tornato in vita, il detective acquista dei poteri speciali grazie al suo nuovo corpo cibernetico, che lo aiuteranno a combattere il crimine e, innanzitutto, a confrontarsi con i responsabili della propria morte. Si tratta di una dinamica narrativa simile a quella poi proposta dal film RoboCop (1987), mentre il dettaglio dei 7 tentativi falliti che precedono la creazione di 8 Man, ricorda quanto accade in Alien 4 - La clonazione (1997), dove Sigourney Weaver interpreta l'ottavo tentativo di clonazione di Ellen Ripley, che, nel corso del film, dovrà confrontarsi con i mostruosi risultati dei 7 tentativi che l'hanno preceduta.

Cofanetto dvd statunitense di Ultra Q

Accanto alle serie animate, come già accennato, si sviluppano i telefilm di fantascienza, dando origine al filone chiamato "tokusatsu" (lett. "effetti speciali"), al cui interno merita particolare attenzione la saga "Ultra Series", iniziata nel 1966 con il telefilm in bianco e nero Ultra Q (1966, inedito), prima produzione televisiva curata dall'azienda di Eiji Tsuburaya, maestro nipponico degli effetti speciali, celebre in tutto il mondo per il suo contributo al film Godzilla (1954). Concepita inizialmente ispirandosi a Ai confini della realtà (1959-1964), Ultra Q, poi divenuta più simile alla serie The Outer Limits (1963-1965, inedita), è composta da episodi dedicati a delle indagini giornalistiche su misteriose vicende legate ad alieni, mostri giganti e altre strane creature, seguendo un canovaccio simile a quello poi utilizzato da X-Files (lanciato nel 1993). Con Ultra Q per la prima volta in Giappone dei mostri giganti ("kaiju") simili a quelli delle pellicole cinematografiche appaiono in una produzione televisiva, contando su degli effetti speciali convincenti e sorprendenti per lo spettatore, nonché su alcune sceneggiature firmate da Shozo Uehara, in seguito collaboratore di altre opere delle "Ultra Series", nonché di anime come Ufo Robot Goldrake (1975-1977) e Capitan Harlock (1978-1979).

Cofanetto dvd statunitense di Ultraman

La postura di Takeru, protagonista della serie robotica Gackeen (1976-1977), allude a quella di Ultraman
(fonte)

Per via del successo di Ultra Q, una settimana dopo la sua conclusione, nel luglio 1966, debutta il telefilm a colori Ultraman (1966-1967), dove il protagonista - un alieno che ha preso possesso del corpo di un umano da lui accidentalmente ucciso - può trasformarsi in un gigante che, in ogni episodio, combatte contro enormi creature mostruose, ricorrendo a mosse speciali (come il "Raggio Specium") per eliminare l'avversario. Questa struttura narrativa viene ripetuta in ogni episodio e diviene uno standard per moltissime serie animate nipponiche e telefilm successivi (come Winspector). Il costume del protagonista, unendo i colori rosso e argento a degli occhi senza pupille (simbolo della sua natura aliena), è una rappresentazione grafica della sua umanità interiore (rosso come il sangue) e dell'avanzata conoscenza scientifica (grigio come un robot metallico) che gli permettono di combattere in difesa della Terra.

Ultraman omaggiato da Yoshikazu "Yas" Yasuhiko, character designer di Gundam
(fonte)

Per via di queste sue caratteristiche, Ultraman diviene uno dei principali punti di riferimento per la creazione dei robot giganti degli anni '70 e per le coreografie dei loro combattimenti. Ad accomunare Ultraman a molte delle serie robotiche di quel decennio vi è anche la presenza dello sceneggiatore Keisuke Fujikawa (pseudonimo di Hideo Ito), che dopo quel telefilm lavora a serie animate come Mazinga Z (1972-1974), Il Grande Mazinga (1974-1975), Goldrake e Jeeg Robot d'Acciaio (1975-1976).


Sempre nel 1966, sulla NHK - equivalente nipponico della Rai -, debutta il britannico telefilm fantascientifico Thunderbirds (1964-1966, in Italia arriva solo dal 16 aprile 1974, trasmesso da Rete 2/Raidue con varie scene tagliate e in modo incompleto), prodotto da Gerry Anderson e realizzato muovendo i personaggi/marionette elettroniche attraverso dei fili molto sottili, utilizzando una tecnica chiamata Supermarionation. In questa serie il gruppo dei protagonisti può contare su dei veicoli iper-tecnologici, numerati da 1 a 5, dotati di dispositivi di comunicazione reciproca. Nello specifico, Thunderbird 1 è un mezzo da ricognizione e un centro di comando mobile per le operazioni di salvataggio, il 2 è il veicolo per trasportare altri mezzi da combattimento, il 3 è l'astronave con cui effettuare le missioni nello spazio, il 4 è il veicolo adatto ai combattimenti sottomarini e il 5 è una stazione spaziale in orbita attorno alla Terra. Accanto ai 5 veicoli principali, se ne aggiungono poi altri come la Jet Mogura ("Mole"), una gigantesca trivella per gli spostamenti sotterranei, la quale riscuote un forte gradimento presso i bambini giapponesi, che comprano in massa il modellino che la rappresenta, eclissando i giocattoli di guerra (aerei militari, soldatini, carri armati, ecc...) fino ad allora molto in voga in Giappone.

Modellino della Jet Mogura, con illustrazione di Shigeru Komatsuzaki
(fonte)

Da Goldrake, la "Trivella Spaziale" (Drill Spacer) probabilmente ispirata alla Jet Mogura

Costruiti da un ricco filantropo, Jeff Tracy, in collaborazione con l'ingegnere orfano Brains allo scopo di offrire soccorso alle persone in pericolo, i veicoli dei Thunderbirds sono affidati ai 5 figli di Tracy, i quali possono contare su di un quartier generale costruito in un'isola segreta. Nella serie sono presenti spettacolari scene della partenza dei veicoli dalla loro base, in cui li si vede attraversare lunghe piste di decollo con alberi ai lati, oppure spuntare da sotto una piscina, seguendo una dinamica simile a quella dell'apparizione di Mazinga Z nella sua serie animata. La presenza ricorrente di queste scene (derivante dal riutilizzo delle stesse immagini) nelle puntate, verrà ripresa da molte serie robotiche degli anni '70/primi anni '80, dove il momento dell'entrata in scena del robot protagonista è spesso accompagnato da spettacolari sequenze in cui i piloti umani raggiungono i loro automi e li attivano per entrare in azione.

Articolo dedicato a Thunderbirds,
dal Radiocorriere TV n. 28, 1975

Tra gli estimatori di Thunderbirds vi è anche Go Nagai, che la omaggia partecipando al telefilm X-Bomber (1980-1981), dove è nuovamente coinvolto lo sceneggiatore Keisuke Fujikawa, il quale contribuisce a creare un'opera che, oltre a Thunderbirds, presenta evidenti riferimenti a Guerre Stellari (1977) e alla saga del Getter Robot (ideata da Nagai e Ken Ishikawa), dato che anche in X-Bomber c'è un robot composto dall'agganciamento di tre veicoli, chiamato Dai-X.

Cofanetto dvd britannico (edito nel 2009) di X-Bomber

Giunta anche in Gran Bretagna nell'ottobre 1982 col titolo "Star Fleet", X-Bomber ottiene l'apprezzamento di Gerry Anderson (da lui espresso in questo video), che in quel periodo sta lavorando a una sua nuova opera, Terrahawks (1983-1986, inedita). Tra gli ammiratori del telefilm nagaiano c'è anche il figlio primogenito di Brian May (membro dei Queen), il quale decide di omaggiarlo creando una cover della sigla inglese. A quell'incisione, inserita nell'EP Star Fleet Project (pubbblicato nell'ottobre 1983) e della quale esiste anche un videoclip, contribuiscono anche Roger Taylor (batterista dei Queen che si occupa dei cori della cover) e Eddie Van Halen che, in quel periodo, aveva da poco preso parte al brano Beat It di Michael Jackson, incluso nell'album Thriller (1982) ed edito come singolo nel febbraio 1983.

Copertina dell'EP Star Fleet Project, col robot Dai-X di X-Bomber
(fonte)

Tornando al successo riscosso da Thunderbirds nel Giappone degli anni '60, i suoi effetti si palesano già a partire dal 1967, dato che in Ultraseven (1967-1968), la serie-sequel di Ultraman, il nuovo protagonista - un alieno che ha assunto sembianze umane, dopo aver soccorso un giovane scalatore in difficoltà - può contare sul supporto di una base segreta dove sono alloggiati 3 veicoli (Ultra Hawk 1, 2, 3), che possono affiancarlo durante i combattimenti contro i suoi giganteschi nemici. Il successo di Ultraseven contribuisce a creare quella triade "eroe/kaiju/veicolo" che rappresenta il nuovo fulcro dell'interesse dei bambini, sottraendo pubblico e sponsor alle serie animate, costrette ad affrontare una crisi che viene ulteriormente aggravata dall'avvento del telefilm Kamen Rider (1971-1973, aka "Masked Rider") prodotto dalla Toei e ispirato a un manga di Shotaro Ishinomori (presso il quale Go Nagai lavorò come assistente), autore che nei suoi manga e nei relativi adattamenti ad essi ispirati (tra cui i primi due film e la prima serie tv animata dei Cyborg 009), propone una visione diversa della scienza e della tecnologia, più ambigua e più in linea con una nuova concezione dello sviluppo industriale diffusasi in Giappone in seguito ad alcuni scandali mediatici legati all'inquinamento (come nel caso, Niigata Minamata disease, del pesce contaminato dal mercurio nel 1965), alla corruzione politica-economica (Black Mist Scandal nel 1966-1967) e agli "scontri di Narita" (1967/1978) consistenti nella protesta di massa contro la costruzione dell'aeroporto internazionale di Narita, accusando le autorità di stravolgere l'ambiente naturale e di espropriare le terre agli agricoltori (in particolare quelle dell'area di Sanrizuka), come ben raccontato nel documentario francese Kashima Paradise (1973, inedito) di Yann Le Masson e Bénie Deswarte, di cui qui è possibile visionare un breve estratto.

(fonte)

Il protagonista di Kamen Rider sottoposto a un'operazione scientifica contro la sua volontà
Dal manga di Shotaro Ishinomori, edito da D/Visual nel 2007 col titolo "Masked Rider"

Nelle sue opere Ishinomori spesso inserisce - su probabile influenza della saga di James Bond - una malvagia, misteriosa e potente organizzazione segreta capace di condizionare la politica nipponica e internazionale per i propri scopi, sottoponendo forzatamente alcuni giovani individui ad esperimenti atti a trasformarne il corpo in creature cibernetiche, come accade ai protagonisti di Cyborg 009 e di Kamen Rider, ma essi, in seguito, riescono a fuggire e a ribellarsi contro chi li ha trasformati, ingaggiando una dura lotta dove i confini tra bene e male si fanno più ambigui, come ben testimoniato dal lungometraggio animato Flying Phantom Ship (lett. "La nave fantasma volante", 1969, inedito), prodotto dalla Toei Animation e diretto da Hiroshi Ikeda, a cui lavora anche Hayao Miyazaki come animatore, occupandosi di una sequenza in cui appare un misterioso robot gigante. Seguendo l'esempio del regista Isao Takahata che col suo film Hols - il principe del sole (1968, aka "La grande avventura del piccolo principe Valiant") volle realizzare un lungometraggio d'animazione contenente riferimenti al contesto storico-politico della propria epoca rivolgendosi non più ai bambini ma ad adolescenti, ventenni e studenti universitari, Hiroshi Ikeda si distacca volontariamente dal manga originale di Ishinomori per creare con Flying Phantom Ship un'opera indirizzata a un pubblico di giovani adulti, in grado di comprendere i temi sociali, politici ed economici da essa trattati. Purtroppo, come nel caso di Hols, il film di Ikeda non ottiene il successo sperato, venendo anche criticato per le differenze rispetto al manga da cui è tratto. Per l'affermarsi di un cinema d'animazione fantascientifico contenente temi sociali, bisognerà attendere il successo del primo film della saga della Corazzata Spaziale Yamato, distribuito nel 1977 (cfr. il saggio di Ikeda The Background of the Making of Flying Phantom Ship, nel sopracitato volume Japanese Animation).

Locandina di Flying Phantom Ship (1969)

Oltre a questi avvenimenti, per comprendere i mutamenti di quell'epoca in Giappone è importante tenere conto del clima di tensione derivante dall'acuirsi della guerra fredda tra USA e URSS, e dallo scoppio della guerra in Vietnam, nella quale il Giappone si ritrova coinvolto suo malgrado in quanto l'esercito statunitense durante quel conflitto ricorre alle proprie basi militari collocate nell'arcipelago nipponico. Nel 1972, inoltre, viene pubblicato, suscitando una vasta eco internazionale, lo studio scientifico I limiti dello sviluppo ("The Limits to Growth"; aka "Rapporto sui limiti dello sviluppo"), commissionato al MIT dal Club di Roma, dove si sostiene la "limitatezza" delle risorse disponibili sul nostro pianeta, rapportandola in particolare a 5 fattori: l'aumento della popolazione, la produzione alimentare, lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, lo sviluppo industriale e l'inquinamento.


Sempre nel 1972, infine, uno degli eventi mediatici di maggiore impatto in Giappone è "l'assedio del monte Asama" ("Asama Sanso Incident", ha luogo dal 19 al 28 febbraio), seguito dalla NHK. L'apice della copertura in diretta televisiva dell'evento la si raggiunge l'ultimo giorno, trasmettendo ininterrottamente dalle 9:40 alle 20:20 l'operazione di salvataggio delle forze di polizia, ottenendo picchi d'ascolto del 66,5% (89,7% sommando i dati delle tv private che seguirono anch'esse l'evento in diretta). Si tratta del caso di una donna presa in ostaggio nel suo albergo da cinque giovani terroristi (incluso un sedicenne) di un gruppo di estrema sinistra (Rengo Sekigun), circondati all'esterno da un vasto numero di poliziotti. I massicci dati d'ascolto suscitano però un dibattito sul ruolo della tv, che offrendo così tanta visibilità mediatica (interrompendo tutti gli altri programmi per seguire l'assedio) ai terroristi, finì per favorirne la volontà di dare risalto alle proprie azioni, e, politicamente, contribuì a far decadere la popolarità dei movimenti di sinistra in Giappone.

L'assedio del  monte Asama
(fonte)

Inquadratura dall'elicottero dell'albergo assediato
(fonte)

Un ulteriore dibattito (stavolta internazionale) sul ruolo delle televisioni nel seguire un evento simile in diretta, avviene in quello stesso anno in seguito alle Olimpiadi di Monaco, durante le quali un commando di terroristi legato a Settembre Nero, prende in ostaggio alcuni atleti israeliani all'interno del villaggio olimpico. Le telecamere delle tv che seguono l'evento in diretta mostrano alcuni agenti armati vestiti da atleti che si appostano sui tetti per compiere un'operazione contro i terroristi, ma essi, per via della tv accesa nell'appartamento dove si sono arroccati, ne vengono a conoscenza comunicandolo poi all'esterno, provocando così l'annullamento dell'operazione di salvataggio e contribuendo al tragico esito (la morte di tutti gli ostaggi israeliani) che avranno in seguito quelle circostanze.

I terroristi guardano la tv, come ricostruito nel film Munich (2005) di Steven Spielberg

Un terrorista che si affaccia da un balcone, immagine simbolo della diretta tv di Monaco
(fonte)

Temi come il terrorismo giovanile, l'ambiguità della tecnologia, della scienza e dei mass media, vengono tutti trattati da Go Nagai e dai suoi assistenti Gosaku Ota e Ken Ishikawa in molti dei suoi manga, inclusi quelli dedicati ai robot giganti, il primo dei quali è Mazinga Z. Nato come idea di Nagai per una serie animata da proporre alla Toei, Mazinga Z diviene il personaggio che contribuisce al rilancio dell'animazione televisiva, all'adozione della strategia commerciale denominata Media Mix (uno stesso personaggio utilizzato per varie forme di merchandising e di prodotti collaterali alla serie tv, come i manga), all'espansione degli sponsor (ora divenuti più di uno per una serie animata) e dei giocattoli, dando così il via a un nuovo tipo di produzioni dove è soprattutto la serie animata a ricoprire un ruolo strategico per le aziende dei giocattoli (le committenti principali di molte serie con protagonisti robot giganti), che la ritengono, per i loro interessi, molto più importante e più utile dei manga.

Mazinga Z

Nonostante questi presupposti puramente commerciali, grazie al lavoro degli sceneggiatori, dei registi, degli animatori e di alcuni produttori, all'interno di quelle serie (realizzate dalla Toei, dalla Sunrise e da altre aziende) vengono gradualmente inserite, nel corso degli anni, riflessioni su tematiche come la crudeltà della guerra (Goldrake), il terrorismo (ep. 59 di Goldrake e il secondo film di Patlabor, realizzato nel 1993), il razzismo (Zambot 3, 1977-1978), l'alienazione di un giovane travolto dagli eventi e senza una famiglia unita a sostenerlo (Gundam e Z Gundam, 1985-1986), il colonialismo (Gundam), la pena di morte e il suicidio (Daltanious, 1979-1980), la mancanza di comunicazione e di comprensione tra le persone (evidente nei due film di Ideon, prodotti nel 1982, inediti), l'importanza della cultura umanistica per il genere umano (Macross, 1982-1983), e tante altre, che hanno contribuito ad ampliare l'età del pubblico del filone robotico nipponico, facendolo diventare una branca della fantascienza con estimatori in tutto il mondo, la cui importanza inizia a essere riconosciuta anche a livello istituzionale grazie al dossier commissionato dal governo giapponese.

N.B. Si consiglia la lettura di questo approfondimento dedicato all'episodio 59 di Goldrake e al terrorismo giapponese.

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