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domenica 24 aprile 2016

Go Nagai: Devilman, Shutendoji e il folklore giapponese



All'interno della vasta produzione fumettistica di Go Nagai (pseudonimo di Kiyoshi Nagai), sono ancora numerose le opere e i relativi aspetti poco o per nulla approfonditi nel nostro paese. Si coglie dunque l'occasione per focalizzare l'attenzione sulle opere horror e fantasy dell'autore nipponico, principalmente ricordato in Italia per le serie animate - in particolare robotiche - prodotte dalla Toei Animation negli anni '70. Tuttavia, come si avrà modo di vedere in questo articolo, anche tra quelle serie animate ci sono opere basate su personaggi di Nagai ancora semi-sconosciute e sottovalutate, come Dororon Enma-Kun (1973-1974, inedita), prodotta in 25 puntate e incentrata sugli Yokai, creature appartenenti al folklore nipponico, a lungo studiato e approfondito da Nagai.


Go Nagai, davanti a una mappa di Wajima, la sua città natale.
Sulla mappa sono raffigurati tre dei suoi personaggi più noti in Giappone.
A sinistra ci sono Mazinga Z e in basso Devilman, mentre a destra le due principali identità della protagonista di Cutie Honey.

Proprio l'argomento del folklore giapponese è oggetto da parte di Nagai di un confronto tra le origini di due sue opere fumettistiche: Devilman (1972-1973) e il meno noto Shutendoji (1976-1978). Entrambe pubblicate sulla rivista settimanale Weekly Shonen Magazine dell'editore Kodansha, esse hanno però un'origine diversa: Devilman nasce su richiesta di un produttore della Toei per una serie tv animata ispirata al manga nagaiano Mao Dante (1971, interrottosi bruscamente), concedendo al fumettista la possibilità di svilupparne una versione cartacea per Shonen Magazine che si discosta molto dalla sua controparte televisiva, poiché, tra la varie ragioni, i lettori della rivista (sulla quale, tra il 1968 e il 1973, viene pubblicato anche Ashita no Joe/Rocky Joe) sono di età più adulta - molti studenti universitari e lettori del quotidiano orientato a sinistra, Asahi Shimbun - rispetto al target della serie; la prima incarnazione di Shutendoji, invece, consiste in un'unica storia (poco più di 50 pagine) apparsa sulla rivista per ragazze adolescenti Princess (edita da Akita Shoten) nel febbraio 1975, dalla quale Nagai, dopo aver vinto le resistenze dei redattori di Shonen Magazine, fa derivare il manga vero e proprio, incentrato sugli Oni, mostruose creature del folklore nipponico (si tratta di una tipologia di Yokai), note in Italia per la loro presenza nella serie animata Lamù (la protagonista è appunto ispirata agli Oni), basata su un manga (edito tra il 1978 e il 1987) di Rumiko Takahashi, autrice anche di Maison Ikkoku, Ranma 1/2 e Inuyasha.

Shutendoji, primo volume dell'edizione giapponese del manga

Come accennato sopra, è lo stesso Go Nagai a mettere a confronto Devilman e Shutendoji, rivelandone i diversi spunti iniziali, attraverso queste sue parole tratte da un'intervista (il cui autore è anonimo) apparsa sul n. 9 del manga di Shutendoji, edito da D/Visual nel 2005:
In Devilman lo spunto dell'opera è stato la domanda "Cosa succederebbe se il Demonio esistesse veramente?". Nel caso di Shutendoji invece l'ispirazione iniziale è stata soprattutto grafica: l'immagine di un Oni con un bimbo tra le fauci che mi apparve improvvisamente di fronte agli occhi mentre fissavo il vuoto durante una piccola pausa di lavoro. Fu una visione di grande impatto, che volli subito riprodurre su carta, ed attorno alla quale decisi di sviluppare una storia. All'inizio pensai di farne una serie d'azione, in cui Shutendoji era una specie di supereroe che combatteva contro gli Oni in una dimensione parallela, ma finiva casualmente nel nostro mondo, coinvolgendo gli esseri umani nella sua lotta. Però, man mano che mi documentavo sugli Oni, cominciai a chiedermi quali fossero le reali origini di queste misteriose figure. Fu così che giunsi alla conclusione che fossero un prodotto della fantasia dei nostri antenati, un modo per materializzare (e quindi "catalogare" logicamente e perciò "esorcizzare") tutto ciò che c'era di male e di funesto nella loro società e nel loro tempo. (...)
L'origine di Shutendoji, raccontata da Nagai
(da Shutendoji n. 9)

Spiegazione del nome "Shutendoji"
(da Shutendoji n. 9)
Se in Devilman mi fossi posto veramente il dubbio di cosa fossero i demoni ed avessi passato mesi a documentarmi come ho fatto con Shutendoji, probabilmente la storia di Akira & Co. avrebbe avuto sviluppi del tutto diversi. Il motivo per cui l'ho fatto è molto semplice: tutto il materiale storiografico su Shutendoji e sugli Oni è in giapponese e di facile accesso, perciò ho potuto documentarmi a sufficienza. Riguardo ai demoni invece, se avessi voluto cercare di fornirne un'interpretazione convincente avrei dovuto consultare una marea di materiale proveniente da numerosi paesi e culture occidentali e non disponibile nella mia lingua. Non mi prenderei mai la libertà di giudicare una figura tanto diffusa ed importante per la cultura dell'occidente come il Diavolo senza delle basi critiche e storiografiche sufficienti, perciò in Devilman scelsi di usare il Demonio come nemico simbolico dell'umanità, senza perseguire un approfondimento culturale [vedasi, ad esempio, la mancata presa in considerazione, nel corso di Devilman, della possibilità di praticare un esorcismo per liberare le persone dalla possessione demoniaca, pratica rappresentata nel cinema italiano anche prima dell'uscita del film L'esorcista (1973) di William Friedkin, come testimoniato da Il Demonio (1963) di Brunello Rondi].
Nagai parla del primo testo in cui sono citati gli Oni
(da Shutendoji n.9)
L'elmo con le corna visto da Nagai in tv e che forse è legato anche all'ideazione delle corna del robot Goldrake
(da Shutendoji n. 9)
Nagai e l'importanza delle corna degli Oni
(da Shutendoji n. 9)

Malgrado le difficoltà nel reperire materiale in giapponese sui demoni, Devilman ha comunque, tra le sue fonti di ispirazione, la Divina Commedia illustrata da Gustave Doré (1832-1883), artista francese molto influente anche sullo staff di animatori di Walt Disney, fin dai tempi della Silly Simphony Fiori e alberi (1932) e soprattutto del film Biancaneve e i sette nani (1937), come dimostrato dalla celebre scena della fuga nel bosco della protagonista, dove gli alberi assumono spaventose sembianze umane, proprio come in alcune illustrazioni realizzate per il tredicesimo canto dell'inferno dantesco da Doré, attivo anche come illustratore delle fiabe di Perrault e La Fontaine.

Gli "alberi umani" di Gustave Doré
(fonte)

Nagai omaggia Doré nel suo manga ispirato alla Divina Commedia

Illustrazione di Gustaf Tenggren per la preparazione della scena del bosco in Biancaneve
(fonte e info)

Oltre al rifarsi a Doré, Nagai e la produzione animata disneyana - molto influente sui fumettisti nipponici, come qui dichiarato dallo stesso Nagai - sono accomunati anche dall'episodio Una notte su Monte Calvo ("Night on Bald Mountain") del film animato Fantasia (1940), dove appaiono delle arpie dal seno nudo (come accade nel manga e, in modo più edulcorato, nella serie tv di Devilman, per via della presenza del personaggio di Silen/Siren) e dove è presente Chernabog, gigantesca creatura demoniaca ispirata al folklore europeo e dotata di ali simili a quelle di un pipistrello, il cui nome in slavo significa "dio nero", divinità pagana delle ombre e della notte (cfr. il commento audio a Fantasia inserito nell'edizione dvd del 2010). Nelle ultime pagine del manga di Mao Dante, si trovano alcune analogie con quell'episodio di Fantasia - fonte di proteste da parte dei genitori statunitensi, quando il film uscì per la prima volta nei cinema nel 1940 e anche in altre occasioni, come la ridistribuzione in sala nel 1991 -, come si evince dal seguente confronto grafico, e come già individuato in questa discussione di un forum italiano.

Da Fantasia, Chernabog invoca gli spiriti maligni per un sabba notturno sul Monte Calvo

Chernabog in cima a Monte Calvo

Dal finale di Mao Dante (1971)

Dalla cima di un monte, Il Re Demone Dante (Demon Lord Dante) chiama a raccolta il suo popolo,
come Chernabog in Fantasia

Riguardo ai legami tra Nagai e gli USA, va inoltre ricordato come l'autore nipponico venga ospitato sul n. 18 (giugno 1983) della rivista Epic Illustrated, edita dalla Marvel Comics e rivolta a un pubblico adulto. In questo albo, accanto a un dossier dedicato a Nagai e alle sue opere dove si parla del successo da esse ottenute nel mondo escludendo però l'Italia, viene pubblicata una breve storia (10 pagine), realizzata appositamente da Nagai per Epic e intitolata Oni. In essa, oltre a notare come il fumettista colga l'occasione per mostrare un nudo maschile frontale irrealizzabile in Giappone per via della censura che colpisce la rappresentazione dei genitali maschili e femminili, Nagai ripropone la figura degli Oni, collocandola nel medioevo giapponese e considerandola come una "reazione" alle forti violenze subite dal protagonista e dal popolo a cui appartiene, risvolto narrativo che ricorda quanto accade in Mao Dante.

Il dossier su Nagai, tratto da Epic Illustrated n. 18 (1983)
(fonte)

Dal testo emerge l'esclusione dell'Italia
"Space Atlas", illustrazione di Nagai realizzata per Epic, quindi senza apparente legame con il titolo "Atlas Ufo Robot" usato dalla Rai per la prima edizione di Goldrake

Info sul dossier nagaiano, sulla storia Oni e sull'illustrazione Space Atlas
(fonte)

Sulla storia Oni, Nagai ha dichiarato che in essa "l'approccio è più simile a Devilman: ho scelto gli Oni solo come figure simboliche che ispirano paura e soggezione e che simboleggiano l'avversione all'uomo. Ho giocato solo su questi elementi evocativi, senza soffermarmi sul tipo di analisi sviluppate in Shutendoji" (cfr. Shutendoji n. 9).

Dalla storia Oni
(fonte)

Dopo questo debutto americano, Nagai tenta di esportare il manga di Devilman nel mercato statunitense, auto-producendone con la sua azienda Dynamic un'edizione in lingua inglese nel 1986, composta da un unico albo di circa 200 pagine chiamato "The Devil's Incarnation", che si conclude con la strage nella discoteca commessa dal protagonista Akira Fudo dopo la sua fusione col demone Amon, che comporta la nascita di Devilman: un essere umano che ha imposto la sua volontà sul demone che ha tentato di possederne il corpo. Tuttavia questa operazione editoriale fallisce e l'edizione americana di Devilman rimane incompiuta, come raccontato in questo articolo inglese, così come rimarrà un progetto isolato l'albo a colori Mazinger (aka "Mazinger U.S.A. Version", composto da 58 pagine), edito nel 1988 dalla First Comics e qui approfondito da Andrea Pachetti.

Dall'edizione americana di Devilman
(fonte)

A rendere ostico Devilman per il pubblico americano contribuisce l'alto tasso di esplicita violenza grafica, unito agli orripilanti aspetti di molte creature demoniache e al pessimismo nei confronti del genere umano, che raggiunge il culmine nel finale dell'opera, del quale Nagai ha parlato in questo modo:
In Devilman la componente di disprezzo per la società umana indubbiamente c'è, e non posso negarlo. Però non ne sarei tanto sicuro per quanto riguarda Shutendoji. La sensibilità di un'artista, che è anche il motore del suo ingegno, è la capacità di trarre spunto da piccoli elementi della vita quotidiana e quindi di dilatarli, abbellirli, svilupparli sino a produrre delle storie che trascendono dal quotidiano. Perciò mi capita spesso che, ad esempio, quando m'imbatto per la strada in una persona  scortese o antipatica, quell'incontro confluisca sul mio umore e dunque sui racconti che scrivo. Si tratta però di cose passeggere, non certo derivanti da un totale pessimismo verso i miei consimili. (...)
Nessuna mia storia nasce mai con un finale prestabilito, ma si sviluppa sempre nel corso della narrazione, per le cause più disparate: a volte può essere il suggerimento del redattore della rivista o una lettera ricevuta da un ammiratore o, più solitamente, la mia fantasia che pedala liberamente senza farsi incatenare da un plot prefissato.
Copertina di un'edizione nipponica del manga di Devilman

Nel corso di quell'intervista, Nagai coglie inoltre l'occasione per spiegare di non essere un credente, esprimendo le sue opinioni sulla religione e sull'occulto:
Non sono un credente, e non apprezzo le religioni come culto organizzato, con dei ministri della fede che si arrogano il diritto di parlare e decidere a nome di questo o di quel dio. Credo però che tutti gli esseri umani abbiano la tendenza, o forse la necessità, di credere in qualcosa di sovrannaturale, che ordina le cose del mondo secondo un disegno logico e definisce ciò che è bene e ciò che è male. Io quel qualcosa lo rinvengo dentro di me, non in un culto organizzato o in un libro sacro. D'altro lato, sono molto attratto, come artista, dall'immaginario delle varie religioni del mondo, così come dai miti antichi. I testi sacri ed i racconti mitologici sono tra i riferimenti più importanti per le mie storie. (...) Tengo comunque a precisare che il mio disinteresse per la fede non significa affatto che io disprezzi le divinità o le religioni, anzi... Quando mi trovo di fronte alla rappresentazione di una divinità non mi dimentico mai di onorarla, che sia shintoista, buddhista o indù. Non si sa mai: potrei essere destinato a ritrovarmela di fronte nell'aldilà!!
Apparizioni di Oni negli incubi di Nagai, durante la lavorazione di Shutendoji
(da Shutendoji n. 9)

La reazione di Nagai agli Oni che appaiono nei suoi incubi
(da Shutendoji n.9)
Credo che il mio interesse per il sovrannaturale derivi anche da varie esperienze personali... (...) Persi mio padre quand'ero all'ultimo anno delle elementari. Mia madre, che aveva cinque figli da tirare su [tra i significati nipponici di "Go", il soprannome scelto da Nagai, c'è infatti il numero 5] ed aveva vissuto degli anni terribili durante la guerra, rimase psicologicamente molto provata dalla morte di mio padre, e finì per cercare supporto in una delle tante "nuove religioni" che al tempo dilagavano per il Giappone. Noi figli la guardavamo stupefatti ed un po' spaventati mentre passava le giornate a recitare preghiere, cosa che non aveva mai fatto. Ogni tentativo di spiegarle che quello che faceva dal nostro punto di vista era insensato e non avrebbe certo aiutato la nostra famiglia a superare le difficoltà, non sortiva alcun effetto.
Un giorno arrivò in casa un monaco che non avevamo mai visto prima: raccontò di essere venuto per volontà di mio padre, che l'aveva contattato dopo morto chiedendogli di andare da mia madre per dissuaderla ad abbandonare le sue credenze religiose. Non solo: quel monaco cominciò a raccontare episodi che solo mia madre e mio padre conoscevano, proprio come se fosse mio padre a parlare attraverso la sua bocca. Mia madre ne rimase tanto impressionata che abbandonò subito la religione a cui s'era legata. Da quel giorno quell'uomo venne spesso a visitarci: era un monaco piuttosto importante nella gerarchia della sua setta, ma non gestiva un tempio come gli altri monaci, perché diceva che farlo gli avrebbe imposto troppi legami col mondo materiale. Perciò aveva affittato una stanzina al primo piano di una tabaccheria e viveva lì. Ogni volta che veniva a casa nostra mi raccontava delle storie incredibili (...) Per un bambino come me erano dei racconti appassionanti: mi parlava per ore dell'universo, di Dio, di avventure straordinarie... (...) Per me i suoi discorsi erano interessanti e divertenti, ma solo come intrattenimento, non come parabole religiose. (...) Un giorno disse "Ho svolto il mio compito, ora non ho più ragione di restare qui", e se ne andò via. Non ritornò più. Venni a sapere che morì proprio il giorno in cui aveva predetto che sarebbe morto.
L'amico-monaco di Nagai, che continua a difenderlo in sogno dagli incubi
(da Shutendoji n. 9)

L'interesse e le ricerche svolte da Nagai su miti, leggende e folklore giapponese, si ripercuotono anche in molte altre sue produzioni, incluse le serie animate robotiche, come nel caso del Getter Robot G (1975-1976, seconda serie della saga del Getter Robot, nota in Italia anche come "Jet Robot") dove i protagonisti devono combattere contro l'Impero dei Cento Oni ("Impero dei Demoni" nell'edizione italiana della serie tv), o come in quello di Jeeg Robot d'Acciaio (aka "Jeeg Robot Uomo d'Acciaio", anch'esso prodotto tra il 1975 e il 1976; "Jeeg" potrebbe derivare dalla parola inglese "jig", traducibile in Italia con "dima"), serie nata su commissione dell'azienda di giocattoli Takara (oggi Takara-Tomy, legata al merchandising dei Transformers), come raccontato in questo video dallo stesso Nagai, durante un incontro all'Università La Sapienza di Roma, svoltosi nel 2007.

Malgrado l'origine su commissione che comporta prima la nascita di un manga (realizzato da Nagai in collaborazione con l'esordiente Tatsuya Yasuda) e poi della serie animata prodotta dalla Toei, Nagai coglie l'occasione per differenziare Jeeg dalle sue precedenti creazioni (Mazinga Z, Il Grande Mazinga, i Getter, ecc...) e da Ufo Robot Goldrake (trasmesso in Giappone a partire dallo stesso giorno dell'esordio di Jeeg, cioè il 5 ottobre 1975), attingendo al folklore e alla storia dell'antico Giappone, dando alla famiglia del protagonista lo stesso cognome dei genitori adottivi del protagonista di Shutendoji: in Jeeg troviamo così Hiroshi Shiba figlio del padre Senjirou e della madre Kikue, mentre in Shutendoji Jiro Shutendo è il figlio adottivo di Ryuichiro e Kyoko Shiba.

Il padre adottivo di Jiro Shutendo
(da Shutendoji n. 9)

Oltre ad avere elementi in comune con Shutendoji, la serie di Jeeg possiede anche analogie con altre produzioni nagaiane come Dororon Enma-Kun: nato originalmente come manga, anch'esso è stato poi trasposto dalla Toei in una serie tv, alla quale ha lavorato lo sceneggiatore Masaki Tsuji, attivo all'interno della Toei fin dagli anni '60, svolgendo ad esempio il ruolo di capo-sceneggiatore per la prima serie tv dei Cyborg 009, realizzata in bianco e nero nel 1968, lo stesso anno in cui nel paese del Sol Levante divampa il cosiddetto "Yokai-boom" per via del successo di alcune produzioni cinematografiche della Toei e della prima serie animata (sempre ad opera della Toei) tratta dal manga GeGeGe no Kitaro (pubblicato, per alcuni anni, sulla sopracitata rivista Weekly Shonen Magazine, mentre in Italia ne sono apparsi tre volumi, intitolati "Kitaro dei cimiteri", ad opera della D/Visual) di Shigeru Mizuki, autore che si è poi personalmente occupato di realizzare delle vere e proprie enciclopedie dedicate alle creature del folklore nipponico, come gli Yokai o gli spiriti. Da questa ondata di interesse verso gli Yokai derivò anche la produzione, sempre nel 1968, della serie animata Yokai Ningen Bem, da noi nota come "Bem il mostro umano".


Dalla serie Toei Dororon Enma-Kun, la Yokai Patrol: da sinistra Kapperu, Enma col cappello Chapeauji e Yukiko

Su probabile influenza dell'opera di Mizuki, Nagai colloca gli Yokai - presenti anche nella serie animata di Devilman, dove l'avversario del protagonista nella prima puntata è un mutaforma chiamato "Yokai Henge", tradotto come "Henge the Apparition" nell'edizione dvd statunitense della Discotek Media e come "Apparizione" nell'edizione italiana della serie - al centro di Dororon Enma-Kun (anche il manga, come la serie tv, venne realizzato nel 1973/1974), narrante le avventure di Enma, nipote del re/giudice degli inferi, dal quale riceve il compito di recarsi nel mondo degli uomini, in Giappone, a caccia degli Yokai fuggiti dagli inferi, per riportarli nel loro mondo d'origine o, in alternativa, per ucciderli. Ad affiancare il giovane Enma nelle sue avventure e a farlo riflettere prima di agire d'impulso con la violenza, troviamo gli altri membri della "Yokai Patrol": il cappello Chapeauji (sorta di coscienza del protagonista), lo spirito dell'acqua Kapperu e Yukiko, una giovane Yuki-onna, misteriosa "donna delle nevi" che compare in varie forme all'interno del folklore nipponico, apparendo anche nel secondo episodio del film Kwaidan (1964) di Masaki Kobayashi, in Sogni (1990) di Akira Kurosawa, e in molteplici manga e anime, come nel caso del Galaxy Express 999 ideato da Leiji Matsumoto (cfr. il vol. 10 del manga e gli episodi 90/91 della serie tv). In tempi più recenti, alla figura della Yuki-onna ha probabilmente attinto anche la Disney per la creazione dell'edizione giapponese di Frozen (2013, intitolata "Anna to Yuki no Jou", "Anna and the Snow Queen"), in modo da avvicinare quel personaggio del folklore a quello di Elsa, strategia seguita anche per la creazione, nel 2015, di un musical teatrale organizzato dalla AJET (Association for Japan Exchange and Teaching) di Tokushima, dove in scena compaiono sia Elsa, sia la Yuki-onna.

La Yuki-onna nel film Kwaidan, di Masaki Kobayashi

La Yuki-onna nel manga Galaxy Express 999 di Leiji Matsumoto

Elsa, nella locandina nipponica di Frozen

Una donna delle nevi, seppur in forma diversa, appare anche nella serie di Jeeg, nel corso dell'episodio 10 "La principessa delle nevi" (titolo originale: "Ehon kara kie ta Yuki-onna!!", titolo secondo i sottotitoli fedeli dell'edizione dvd RCS/Yamato Video: "La fata della neve scomparsa dal libro illustrato!!"), dove emerge in modo evidente il distacco tra edizione italiana e nipponica della serie, in cui il protagonista vanta la voce più giovanile di Toru Furuya (superstar del doppiaggio nipponico, noto per i ruoli di Amuro Ray nella saga di Gundam e per quello di Seiya/Pegasus nei Cavalieri dello Zodiaco), mentre Nana Yamaguchi doppia sia la madre di Hiroshi, sia il Generale Flora, creando così un'affinità tra i due personaggi andata perduta nel doppiaggio italiano, dove hanno voci di due persone diverse.

Nel corso dell'ep. 10, la sorellina di Hiroshi, Mayumi (frequentante la scuola materna), desidera conoscere una Yuki-onna, protagonista di un racconto illustrato che legge e che ha ispirato un suo sogno. In un giorno di neve, nonostante l'incredulità delle sue compagne di scuola, Mayumi incontra realmente la Yuki-onna - tradotta come "principessa delle nevi" nel doppiaggio italiano e adattata in "fata della neve" nei sottotitoli del dvd quando viene usato il termine "Yuki-onna" -, che l'attira a sé grazie al suono di un flauto traverso, comportandosi in modo simile a una sirena, figura in precedenza rielaborata (con risvolti strazianti) nel dodicesimo episodio della serie nagaiana Cutie Honey (1973-1974, inedita), impreziosito dalle animazioni di Shingo Araki.

La Yuki-onna nell'illustrazione del racconto letto da Mayumi

L'incontro tra Chirara e Mayumi nella realtà

In sintonia con l'amibigua e spesso pericolosa figura del folklore nipponico, nel corso della puntata presto emerge come quella donna misteriosa, il cui vero nome è Chirara (assente nel doppiaggio italiano), sia in realtà legata alla Regina Himika e, nonostante la sua bontà d'animo, sia costretta con la violenza ad obbedire al piano di Himika e del suo sottoposto Mimashi: sfruttare Mayumi per tendere una trappola a Hiroshi. Tuttavia, a causa 
dell'affetto che prova nei confronti di Mayumi e dei bambini in generale, per ben due volte Chirara non riesce ad ubbidire fino in fondo agli ordini di Mimashi.

L'affetto di Chirara per i bambini che la sognano

Chirara ha anche il potere di congelare le acque su cui cammina

Anche Elsa, in Frozen, congela le acque su cui cammina, caratteristica che contribuisce ad avvicinarla alla Yuki-onna

Per via della sua disubbidienza, Chirara viene costretta da Himika a trasformarsi in un mostro Haniwa, per poi saltare in alto lasciandosi volontariamente uccidere da Hiroshi trasformato in Jeeg (la dinamica è chiara solo seguendo l'episodio in versione originale), scatenando la reazione emotiva di Mayumi, in uno scambio di battute tra la bambina e Hiroshi/Jeeg che risulta essere molto diverso nel confronto tra edizione originale e italiana:

Versione italiana:

Hiroshi/Jeeg: "È stata una regina cattiva a trasformare la principessa delle nevi in una creatura del male".

Mayumi: "Ma allora scusa perché non mandi via la regina cattiva e così la principessa delle nevi potrebbe tornare".


Versione originale:

Hiroshi/Jeeg: "Mayumi, quello era uno spettro Haniwa. Per te era buona, ma non sappiamo cosa avrebbe fatto con gli altri".

Mayumi: "Ti odio, ti odio. Odio Jeeg d'Acciaio!".

La rabbia di Mayumi per l'uccisione di Chirara

Nella versione italiana risultano poi omesse le seguenti battute finali, legate al pensiero di Hiroshi dopo quanto accaduto, dalle quali emerge la condanna dello sfruttamento di una figura cara a Mayumi: "Maledetta Himika. Violare e distruggere persino i sogni di una bambina. Non ti perdonerò mai!".

Il pensiero di Hiroshi a fine puntata, omesso nel doppiaggio italiano.
Rispetto ai sottotitoli, nel testo dell'articolo si è preferito usare il verbo "violare" in quanto ritenuto più attinente

La conclusione del pensiero di Hiroshi, che esprime la sua condanna contro Himika

Sulla falsariga di Chirara, all'interno della serie viene poi introdotta la già citata Flora, ragazza divisa tra il dover obbedire allo spietato Signore del Drago e ai sentimenti che gradualmente prova per Hiroshi, la cui caratterizzazione e il cui passato (la strage nel villaggio in cui abitava) ricordano in alcuni aspetti il film Toei Hols il principe del sole (1968, aka "La grande avventura del piccolo principe Valiant") diretto da Isao Takahata, dove è presente Hilda, misteriosa ragazza legata alla musica e al malvagio stregone dei ghiacci Grunwald, afflitta dalla solitudine e da un opprimente conflitto interiore che la tiene sospesa tra bene e male, i cui vestiti (in particolare la fascia che porta in testa) rimandano al popolo Ainu.

Hilda: un demonio...

... o un essere umano?
(dal trailer di Hols il principe del sole)

L'idea di Nagai e della Toei di ricorrere al folklore e al passato nipponico per distinguere Jeeg da Goldrake (incentrato sull'invasione aliena), diventerà negli anni successivi uno stratagemma utilizzato da altre produzioni animate per fare concorrenza, come nel caso de I Cinque Samurai ("Yoroiden Samurai Troopers", 1988-1989, prodotta da Sunrise) che attinge al passato del Giappone per contrapporsi a I Cavalieri dello Zodiaco (1986/1989), serie Toei incentrata sulla mitologia occidentale e basata sul manga di Masami Kurumada.

I Cinque Samurai
(fonte)

Forse non casualmente, in I Cinque Samurai sono presenti vari elementi che sembrano rimandare alle opere nagaiane:
  • la presenza di un personaggio chiamato Shuten Doji ("Demon" in Italia), in bilico tra bene e male, il cui volto, inizialmente, è coperto da un elmo simile a quella di Slum King nel manga nagaiano Violence Jack (1973/1990, oggetto di ulteriori ampliamenti fino al 2010);
  • l'importanza del merchandising e la presenza, nella storia narrata, di un evidente conflitto tra l'antico e il nuovo Giappone, entrambe peculiarità in comune con Jeeg;
  • l'ambivalenza delle armature usate dai protagonisti, potenzialmente utilizzabili sia per fare del bene, sia per fare del male, proprio come accadeva ai robot di Nagai, le cui azioni positive o negative ("essere un dio o un demonio") dipendevano dalla volontà dei propri piloti;
  • la tigre bianca, figura presente anche nel manga Densoujin Barubar (1977, aka "Denso-jin Baruber") di Nagai, a cui, come qui notato, ha poi attinto lo staff produttivo di Shin Jeeg (2007);
  • il personaggio di Kayura, anch'essa come Flora subentrante solo a serie inoltrata, caratterizzata dall'oscillazione tra bene e male.
Shuten Doji ("Demon") in Samurai Troopers/I Cinque Samurai
Kayura

Oltre a I Cinque Samurai, l'eredità della serie animata di Jeeg in Giappone, risulterebbe essere stata efficacemente raccolta e rielaborata dal regista Shinya Tsukamoto, il quale, in Tetsuo 3 - The Bullet Man (2009), racconta una vicenda con molti punti in comune con la serie degli anni '70, dove ritroviamo nuovamente un protagonista costretto a fare improvvisamente i conti con la propria identità e con un segreto a lui celato dal proprio padre. Ulteriore dimostrazione di come sia essenziale per il pubblico italiano rivolgere un'attenzione più profonda ai legami di Nagai con la cultura giapponese (folklore, storia, cinema, manga, anime), per comprenderne maggiormente il valore e l'eterogeneità, senza limitarsi alle solite cose che vengono dette o scritte su di lui e sui suoi personaggi.


N. B. Per quello che riguarda il significato del termine "Yokai", cosa esso comprende e come ragionare sulla traduzione dal giapponese, si consiglia la lettura di questo articolo in inglese.

Per ulteriori informazioni sull'origine di Devilman, si segnala questo approfondimento disponibile sul blog, dove è direttamente Go Nagai a raccontare, attraverso delle tavole a fumetti, le circostanze della creazione del manga e della serie tv del 1972.

Per quello che riguarda le origini di Devilman, si consiglia, inoltre, la lettura del manga autobiografico Gekiman! Come ho creato Devilman di Go Nagai, pubblicato in Italia nel 2021 da J-Pop.

2 commenti:

  1. Interessantissimo approfondimento sul folklore giapponese, anche in rapporto al sovrannaturale occidentale, complimenti. Fai bene in particolare a segnalare l'ottimo Shutendoji di Nagai, per me davvero uno dei suoi migliori fumetti, che rischia di essere dimenticato poiché l'edizione d/visual ormai ha diversi anni sulle spalle e da allora non è mai stato ristampato. Un saluto.

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    1. Andrea, ti ringrazio per il commento e per i complimenti. Ci tenevo a rivolgere l'attenzione a Shutendoji, proprio per cercare di evitare che vada dimenticato nel nostro paese.
      Grazie ancora, a presto, ciao!

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