Pagine

venerdì 8 novembre 2019

"Belladonna" (1973) di Eiichi Yamamoto in Italia: l'uscita del film nel 1975, le reazioni della critica, la colonna sonora e il suo cammino nel nostro paese




Prosegue l'approfondimento sul film d'animazione giapponese Belladonna (1973, titolo originale: "Kanashimi no Belladonna", titolo internazionale: "Belladonna of Sadness") di Eiichi Yamamoto, rivolgendo l'attenzione all'accoglienza che la critica cinematografica italiana ha riservato al film dal momento del suo esordio nelle sale cinematografiche d'essai del nostro paese avvenuto nel marzo 1975 (l'anno del "Massacro del Circeo"), ai giorni nostri.


Dopo la sua partecipazione al Festival di Berlino nel 1973, Belladonna debutta nei cinema italiani due anni dopo, in un periodo cinematografico contrassegnato dalla presenza del film Profondo rosso di Dario Argento, lanciato con grande successo nelle sale dal 7 marzo 1975. L'anno precedente, il 1974, fu invece caratterizzato dall'arrivo in Italia, a partire da settembre, del film L'Esorcista (1973) di William Friedkin, che ebbe un impatto molto forte sul pubblico del nostro paese, dopo aver scosso profondamente anche il pubblico americano, come dimostrato da un breve video in lingua inglese disponibile a questo link.

Annuncio promozionale del film Profondo Rosso di Dario Argento
Da La Stampa del 07/03/1975

Annuncio dell'arrivo del film L'esorcista in Italia
Dal Corriere della Sera del 17/09/1974

Resoconto dell'anteprima milanese del film L'esorcista
Dal Corriere della Sera del 21/09/1974

Tornando a
Belladonna, esso approda in pochi cinema nel nostro paese, per via di una distribuzione cinematografica (a cura della D.A.E. - Distribuzione Art Essai) estremamente limitata nelle sale d'essai di città come Roma e Milano, tanto che il film farà il suo esordio a Torino solamente nel 1976. Inoltre, come sottolineato in alcune recensioni, il film viene proposto in lingua originale giapponese con i sottotitoli in italiano, presentandosi inoltre vietato ai minori di 18 anni, divieto confermato dalla documentazione ministeriale d'epoca reperibile sul sito web Italia Taglia.

Belladonna a Torino nel 1976, col divieto ai minori di 18 anni
Da La Stampa del 14/12/1976
La scheda di Belladonna sul sito web Italia Taglia
Documentazione ufficiale ministeriale su Belladonna
Dal sito web Italia Taglia
Documentazione ufficiale ministeriale sul divieto a Belladonna
Dal sito web Italia Taglia

Sul quotidiano L'Unità, Belladonna viene recensito tra le "prime visioni" cinematografiche l'1 marzo 1975, ottenendo il seguente riscontro:
Opera prima del regista nipponico Eiichi Yamamoto, Belladonna è un singolare adattamento in chiave di animazione del romanzo La sorcière ("La strega") scritto dallo storico e saggista francese Jules Michelet nel 1862. (...) [La recensione prosegue raccontando la trama del film, per poi proporre il seguente parere critico su di esso:] Con sorprendente varietà di soluzioni stilistiche (dal prologo naturalistico, essenzialmente illustrativo, nel corso del quale la macchina da presa volteggia, agitando e percuotendo i soggetti immobili, il film approda quindi progressivamente ai movimenti autonomi del disegno, in una dimensione sempre più metafisica, scossa da violenti squarci surreali) e cromatiche (dal pastello più convenzionale ad un acquerello fluido dai colori sempre incerti, destinato ad evocare immagini oniriche, spesso solo faticosamente decifrabili) Yamamoto impone le sue metafore audaci e spietate, il suo spregiudicato lirismo. 
Non una trasposizione dell'opera di Michelet - riprodotta in uno scenario estremamente fedele - bensì una vibrante interpretazione: l'impetuoso romanticismo dello scrittore francese viene calato, indenne, in una rigorosa rappresentazione reichiana, liberato anch'esso di ogni inibizione letteraria, "occidentale". 
Di particolare interesse, infine, il commento musicale realizzato da Mashaiko Sato [nome corretto Masahiko Satoh o Masahiko Sato]: come Stomu Yamashita [pseudonimo di Yamashita Tsutomu, musicista del quale sono stati utilizzati alcuni brani per le colonne sonore dei film L'uomo che cadde sulla Terra (con protagonista David Bowie), I Diavoli e Images], Sato elabora alcuni caratteristici temi melodici orientali in chiave rock.
(cfr. l'articolo Belladonna, di Anonimo, L'Unità, 1 marzo 1975)
Fronte del disco 33 giri italiano con la colonna sonora di Belladonna
(fonte)

Riguardo alla colonna sonora del film, è importante segnalare che essa fu pubblicata in Italia nel 1975 su un disco LP 33 giri dalla Cinevox Record (etichetta discografica italiana celebre per la pubblicazione di colonne sonore cinematografiche, creata nel 1960 da Cesare Andrea Bixio), con tanto di indicazioni in italiano sul disco e sul retro della confezione. L'Italia fu l'unico paese al mondo in cui la colonna sonora del film venne pubblicata su disco 33 giri, risultando assente perfino in Giappone, dove nel 1973 fu pubblicato unicamente un 45 giri dalla Canyon Records, contenente la canzone portante del film (nota come "Belladonna" o "Kanashimi no Belladonna") sul Lato A del disco, e il brano "Jeanne no Namida" sul Lato B, ambedue con la voce di Mayumi Tachibana. Una recensione del disco in inglese è disponibile a questo link, dove viene spiegato che negli anni '70 il compositore Masahiko Satoh visse per un periodo in Italia, il che probabilmente può aver contribuito alla pubblicazione del disco nel nostro paese.


Retro del disco italiano di Belladonna
(fonte)
Fronte del disco 45 giri pubblicato in Giappone nel 1973 con due canzoni di Belladonna
(fonte)

Dall'edizione italiana - che, come facilmente immaginabile, vendette pochissime copie nel nostro paese - derivarono poi altre successive edizioni in altri formati come il compact disc, o come una riedizione inglese in vinile nel 2015 curata dalla Finding Keepers Records, al cui interno sono mantenuti i credits dell'edizione italiana Cinevox, ai quali si aggiunge un testo in inglese con molte informazioni sul film, sul musicista Masahiko Satoh e sulla casa discografica Cinevox, responsabile della pubblicazione su disco di diverse colonne sonore negli anni '70, come quelle curate dai Goblin per celebri film diretti o co-prodotti da Dario Argento (regista molto popolare in Giappone, cfr. questo articolo del blog), come Profondo Rosso, Suspiria e Zombi - Dawn of the Dead (regia di George A. Romero). Curiosamente nel testo inglese è erroneamente indicato che Belladonna non è mai stato distribuito nei cinema italiani, dimostrazione di quanto sia praticamente sconosciuta a livello internazionale e nazionale la circolazione di Belladonna in Italia negli anni '70.

Il retro della riedizione inglese del 2015 del disco italiano di Belladonna
(fonte)
Copertina del disco 33 giri Cinevox con la colonna sonora di Suspiria di Dario Argento
Fu pubblicato in Italia nel 1977 e anche in Giappone nello stesso anno, con l'aggiunta di alcuni brani
(fonte)
Disco 33 giri italiano della Cinevox prodotto nel 1978
L'edizione italiana del film di Romero curata da Dario Argento fu distribuita in Giappone
L'edizione nipponica su disco delle musiche dei Goblin fu pubblicata nel 1979
(fonte)

Tornando alle recensioni italiane sul film di Yamamoto, sulle pagine del Corriere della Sera, Leonardo Autera, dopo averne parlato al Festival di Berlino (cfr. questo articolo del blog), torna a occuparsene scrivendo la seguente e più articolata recensione, non del tutto negativa:

Questo singolare disegno animato giapponese, impastato di sensualità e di una cultura occidentale confusamente assimilata, suscitò qualche curiosità e divergenti giudizi al festival di Berlino del '73. Il regista Eiichi Yamamoto e i suoi collaboratori (Yoshiyuki Fukuda per la sceneggiatura e Kumi Fukai per l'impostazione grafica degli sfondi e dei personaggi) si sono rifatti ad un libro molto controverso ("La sorcière") dello storico e romanziere francese del secolo scorso Jules Michelet, il quale sosteneva che le streghe del Medioevo cristiano - anime abbandonate da Dio e vittime dell'interdizione della Chiesa - furono le prime donne che si batterono per la libertà umana contro la fatalità e la soperchieria.
La vicenda riguarda una giovane plebea che, sposata ad un servo della gleba, deve sottostare al jus primae noctis [noto anche come Ius primae noctis] del conte del villaggio. Disperata, e convinta che il suo triste destino è volontà di Dio, la donna, Jeanne, vende anima e corpo al diavolo. Così si libera dalla schiavitù e arriva a dirigere l'economia della contea finché, sospettata di stregoneria, non è costretta a rifugiarsi in una vallata dove fiorisce la velenosa belladonna. Ricavato dalla pianta un medicamento prodigioso contro la peste che sta dilagando, Jeanne si circonda di gente che, avuto il suo aiuto, si abbandona ad orge sfrenate. La strega finirà sul rogo; non prima però di aver aperto a tanti diseredati come lei il cammino del riscatto dalla miseria e dall'ignoranza imposte dalla Chiesa.
Ciò che colpisce in Belladonna ("Knashimino Belladonna" [riferimento storpiato al titolo originale giapponese "Kanashimi no Belladonna"]) non è tanto il significato dell'allegoria, quanto la profusione di contorti emblemi sessuali, espressi in uno stile grafico che sposa l'acquerello e la pittura a rullo dell'antico Giappone a più marcati richiami all'art nouveau, talora stemperati in puro astrattismo cromatico. L'effetto, a tratti suggestivo, diventa spesso stucchevole. Tenuto anche conto della scarsa animazione delle immagini, sembra di sfogliare ora un album pornografico di lusso ora le pagine della vecchia Vie parisienne. Bizzarro, come tutto il resto, il commento musicale di Masakiko Sato [Masahiko Satoh], composto da un jazz lamentoso. L'edizione italiana del film è aggravata da rozze, e non sempre fedeli, didascalie esplicative.
(cfr. l'articolo Delon spavaldo Zorro e disegni erotici, di Leonardo Autera, Corriere della Sera, 07/03/1975)
Immagine promozionale del film Belladonna
(fonte)

Oltre a essere schedato e recensito 
(come consultabile a questo linkdalle pubblicazioni semestrali delle "Segnalazioni Cinematografiche" curate del Centro cattolico cinematografico, Belladonna viene proiettato anche a Lucca nel 1975, all'interno dell'undicesima edizione del "Salone Internazionale dei Comics e del film d'animazione" (la presentazione della manifestazione scritta da Rinaldo Traini e ulteriori informazioni sull'edizione del 1975 sono reperibili a questo link), come risulta dal seguente articolo di Omar Calabrese pubblicato su L'Unità, nel quale si effettua anche un bilancio del panorama del cinema d'animazione dell'epoca:
Si è chiuso ieri a Lucca il tradizionale Salone internazionale dei comics e dell'animazione inauguratosi il 26 ottobre per la parte dedicata ai fumetti, e il 29 per quella dedicata al cinema.
Nonostante le grosse contraddizioni entro le quali la manifestazione da anni si muove (siamo alla undicesima edizione), Lucca rappresenta tuttavia pur sempre una delle rarissime occasioni che in Italia siano date per assistere alla proiezione di opere che poi fatalmente scompariranno dalla circolazione, per rimanere chiuse nel cassetto degli autori, in qualche cineteca, quando va bene e definitivamente rimandate oltre frontiera per la quasi totalità del materiale straniero.
Al di là dei giudizi di valore il Salone lucchese consente dunque di svolgere una prima immediata analisi dell'attuale situazione del cinema di animazione in Italia. Il panorama è desolante: non esiste circolazione di pellicole che non siano quelle commercialmente collaudate dai giganti industriali americani; non esiste una produzione e una distribuzione italiana nel vero senso della parola (la giustificazione è che non c'è un mercato, ma il circolo è vizioso perché non può esserci mercato se manca qualsiasi attività promozionale e qualsiasi tentativo di diffusione diversa): infine, a livello di istituzioni, non esiste alcun serio tentativo di adoperare l'animazione come mezzo didattico nelle scuole, e neppure di mettere a disposizione dei giovani i mezzi di produzione in maniera sociale (dato il loro costo, troppo elevato per il singolo). L'unico canale disponibile rimane la pubblicità, con tutte le conseguenze che ne derivano: l'animatore realizza "caroselli" per l'autofinanziamento di opere originali, ma d'altra parte deve produrre opere con caratteristiche determinate per ottenere contratti pubblicitari, e il cerchio è irrimediabilmente chiuso. (...)
Collage di immagini tratte da Belladonna
(fonte)
Continua un po' stancamente la moda della porno-animazione (discreto, però, il giapponese Belladonna proiettato alle ore 24), mentre assistiamo in generale al più totale disimpegno civile e politico, a sottolineare la tradizione commerciale che vuole il disegno animato un genere di puro intrattenimento, eventualmente da privilegiare in tempi natalizi e pasquali. (...)
Questa di Lucca è stata un'edizione dimessa, conseguenza di una crisi che investe anche il settore dell'animazione e in modo abbastanza serio. Crisi economica, crisi di strutture ma, quel che è più preoccupante, anche crisi di idee (almeno da un punto di vista artistico). Basti pensare che il vero grande protagonista di Lucca è stato in fondo Pat Sullivan, del cui Felix the cat [inizialmente chiamato "Mio Mao" in Italia] si è ammirata una irresistibile retrospettiva di sei film degli anni 1928-1929. 
(cfr. l'articolo Il cinema d'animazione in tono dimesso a Lucca, di Omar Calabrese, L'Unità, 4/11/1975)
Pat Sullivan e il suo gatto Felix

Nel dicembre 1975 nei cinema italiani viene ridistribuita la Cenerentola disneyana (prodotta nel 1950), offrendo così al pubblico e alla critica cinematografica italiana vari spunti di riflessione sul cinema d'animazione, come risulta da questo estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa nel gennaio 1976:
La disneiana Cenerentola riempie in questo periodo i cinema di mezza Italia: folle di bambini, ingorghi di traffico, genitori rassegnati. Sull'onda dello scontato successo, si rispolverano i classici del mago americano, da Lilli e il vagabondo a La spada nella roccia ai vari Pippo Pluto e Paperino. La tradizione trionfa, con i suoi eroi al caramello e la sua morale ottimista a tutti i costi.
Ma esiste un nuovo filone di disegno animato? Naturalmente sì, con una produzione molto attiva, idee e metodi spesso geniali, considerata tuttavia troppo poco popolare per gli schermi italiani (basti pensare ai cartoon dell'Est europeo, alle opere francesi, americane, giapponesi, ai nostri, bravissimi e misconosciuti, [Emanuele] Luzzati, [Bruno] Bozzetto, [Pino] Zac). Un'eccezione è stata fatta per Il pianeta selvaggio [1973] di [René] Laloux e [Roland] Topor, proiettato in circuito d'essai [Un breve video di presentazione del film è disponibile a questo link di YouTube]. (...)
Locandina cinematografica italiana del film Il pianeta selvaggio
(fonte)
Sta per arrivare nelle sale d'essai anche Belladonna del giapponese Eiichi Yamamoto, riduzione in disegni animati del romanzo La strega di Michelet. A differenza della "normale" produzione nipponica il "cartoon" non fa riferimento alla problematica attuale e politicizzata, ma è un prodotto di consumo, destinato ai mercati europei e americani più che a quello interno. Belladonna, che pure è uno dei risultati più celebrati, non sfugge a questa classificazione: del film, comunque, i critici hanno apprezzato "il realismo magico che promana un erotismo grafico e cromatico crudelmente tragico", "il pregio di uno stile grafico che sposa l'acquarello e la pittura a rullo dell'antico Giappone a più marcati richiami all'Art Nouveau" e ancora "sembra di sfogliare ora un album pornografico di lusso, ora le pagine della vecchia Vie Parisienne". 
(cfr. l'articolo Il cartoon perde l'innocenza, di Donatella Giacotto, La Stampa, 08/01/1976)
Un'immagine di Belladonna inserita all'interno dell'articolo de La Stampa

A Torino
Belladonna viene programmato per la prima volta in un cinema d'essai solamente a partire dal marzo 1976, ottenendo la seguente recensione sul quotidiano torinese La Stampa:
Disegno parzialmente animato, cioè girato con tecnica che alterna al tradizionale movimento delle immagini lo scorrimento delle medesime, in stato d'immobilità, davanti all'obiettivo. Il risultato alterna eccellenti tratti di dinamismo figurativo ad altri in cui l'illusione del movimento è ottenuto con altri mezzi, come le panoramiche sui disegni, i quali sono in genere molti belli: il loro autore, Kuni Funtai [cioè Kuni Fukai], ha uno stile squisito concretato in giochi cromatici eleganti che il direttore degli "animators", Gisaburo Sugii, ha saputo tradurre, quando è il suo momento, in effetti altrettanto raffinati. L'ultima parte è particolarmente suggestiva. Un romanzo di Jules Michelet ("La Sorcière", 1862) è all'origine della vicenda, nella quale i dialoghi originali giapponesi sono riassunti da sottotitoli. Va citato anche l'autore della colonna sonora: Mashaiko Sato [Masahiko Satoh]. 
(cfr. l'articolo Strega (?) erotica cartoon giapponese, di A. Vald., La Stampa, 11/03/1976)
Locandina statunitense del film
(fonte)

Un paio di giorni dopo, sempre su La Stampa, viene pubblicata una seconda recensione del film, dalla quale si riporta il seguente estratto:

Testo, ambientazione storica e taglio dagli occhi, il giapponese Yamamoto li ha presi a prestito della tradizione occidentale. Se avesse trovato il coraggio di rompere la consuetudine commerciale del cinema di animazione nipponico, in prevalenza condizionato dai modelli statunitensi, il regista avrebbe potuto guadagnarsi una collocazione più originale e autonoma tra gli autori di questo genere così poco popolare tra il pubblico adulto.
Il segno è raffinato fino a rappresentare la stucchevolezza, il gioco cromatico degli acquarelli con gusto delicato, la tecnica narrativa efficace e ricca di invenzioni. Il movimento è stato ridotto all'essenziale: le figure sono per lo più fisse, le labbra chiuse anche durante i dialoghi. La funzione narrativa è affidata interamente alla macchina che scorre sui personaggi singoli, sui gruppi o sugli sfondi ambientali sfruttando con effetti originali il "piano sequenza" nel cinema a disegni. Gli apporti culturali nella tecnica figurativa sono molteplici e affastellati un po' confusamente, ma la storia della giovane contadina che vende l'anima al diavolo per conquistare felicità, potere, ricchezza e finisce sul rogo, riesce nel complesso suggestiva e gradevole.
Per seguire la moda il film è stato presentato come "cartoon erotico": i fans del cinema "sexy" non si lascino ingannare. 
(cfr. l'articolo Streghe e diavoli a disegni, di S. C., La Stampa, 13/03/1976)
La crocifissione e la morte sul rogo della protagonista nel finale del film

Nel luglio 1976, Belladonna viene proiettato in un cinema d'essai di Milano, venendo per l'occasione consigliato dai critici cinematografici del Corriere della Sera, come risulta dai seguenti estratti del quotidiano:

Il Montesacro presenta domani un cartoon (disegno animato) erotico-giapponese di Yamamoto e cioè Belladonna. Il film, del 1973, sarà replicato anche mercoledì. In un momento di piena crisi del cinema d'animazione italiano, che con scarso successo ha tentato anche il filone pseudo-erotico (Il nano e la strega [1973, di Gioacchino Libratti e Gibba]), accusato di costar troppo può rappresentare una lezione il vedere come i giapponesi, con poca spesa, sappiano realizzare in questo trascurato genere cinematografico ottimi prodotti di largo consumo.
(cfr. il paragrafo "Sadismo e droga" all'interno dell'articolo Otto esempi di cinema messicano, di Anonimo, Corriere della Sera, 05/07/1976)
Belladonna consigliato dai critici cinematografici del Corriere della Sera
Questo riquadro fu pubblicato il 6/07/1976

A dicembre del 1976 di Belladonna si parla nuovamente sulla stampa italiana per via dell'iniziativa di due cinema d'essai di Roma consistente in una rassegna di film d'animazione europei o d'autore che, come Belladonna, hanno avuto difficoltà distributive in Italia:
Con felice intuizione, due cineclubs romani dedicano la settimana ad alcuni film d'animazione, vere cenerentole, purtroppo, della cinematografia cui la legge per il cinema, la cinema 1213 [nota come "Legge Cinema"], fa un timido, sempre trascurato accenno.
L'occasione natalizia offerta dal Tevere e dal Sadoul potrebbe essere un modo per sensibilizzare il pubblico ai problemi, diventati quasi tutti ormai di sopravvivenza, di tutti i rari autori di questo modo di fare cinema. Non a caso, Bozzetto (l'autore di West & Soda [1965]) e Gibba (pseudonimo di Francesco Guido, apprezzato autore di film a disegni animati per il cinema e la televisione) dicono: "L'animazione, in Italia, è trattata da sottosviluppata. Ogni autore deve cercare il proprio successo con il lanternino e con la gente che fa le pernacchie, quando passiamo. Perché, ci si chiede, l'animazione non riesce a trovare spazio e sostegno, e, soprattutto, una valorizzazione come espressione culturale, partitistica, scientifica e didattica per mezzo dell'intervento pubblico, il solo in grado di investire per produrre film che, come quelli di animazione, non debbono esclusivamente sottostare alle leggi e ai criteri di profitto, che caratterizzano l'industria privata?".
Gibba rincara la dose aggiungendo: "Puntualmente, ogni anno, sotto il periodo delle feste natalizie si riaffacciano sugli schermi nuove edizioni dei vecchi film della ditta Disney. I nostri "nemici" distributori sostengono che, in Italia, il cartone animato, se non è di Walt Disney, "non va, punto e basta" e citano che anche i prodotti della Hanna e Barbera, dell'Est (La regina delle nevi [1957, di Lev Atamanov, film molto amato da Isao Takahata e Hayao Miyazaki, come spiegato in questo articolo]), dei cartoni giapponesi, di Asterix (produzione franco-belga) non sono graditi al nostro pubblico. Disney sì e gli altri no, perché? Perché film come BelladonnaYellow Submarine [1968, di George Dunning, con protagonisti i Beatles] vengono avviati per una sera o due in prima visione e poi prendono velocemente la strada delle salette parrocchiali e degli essai?" (...) [ai film qui citati si può aggiungere l'esempio di La fattoria degli animali (1954) di John Halas e Joy Batchelor, del quale si è parlato in questo articolo del blog]
Locandina italiana del film Yellow Submarine di George Dunning
(fonte)
È importante notare, al proposito, che, contrariamente a quanto avviene per il cinema dal vero, il denaro per il cinema d'animazione deve sopportare un immobilizzo per un paio d'anni prima di diventare remunerativo. Ma, se è vero che il film a disegno animato ha bisogno di non meno di un anno di lavorazione, è anche vero che, per la mancanza di attori e la quasi totale assenza di divismo, esso costa due terzi meno dei film dal vero. Inoltre, il film dal vero è un prodotto facilmente deperibile, soggetto alle mode, alle usure del tempo. Invece, il film a disegno animato ha vita e sfruttamento illimitati. Perché, ci si chiede, i produttori ed i finanziatori non tengono conto di questi fattori nei loro interventi? 
(cfr. l'articolo Quasi un festival dei film d'animazione, di G. Gs., Corriere della Sera, 21/12/1976)
Locandina francese risalente al 1975 del film di Eiichi Yamamoto
In essa è riportata, in basso a sinistra, l'indicazione del divieto ai minori di 13 anni
(fonte)

Nel corso degli anni '80 Belladonna ottiene almeno un passaggio televisivo di cui si è trovata testimonianza, avvenuto il primo dicembre 1980, alle 19:00 sulla tv locale Tv Flash - Canale 39. Al momento non è però possibile capire se il film è stato trasmesso in versione originale sottotitolata, o se invece sia stato doppiato in lingua italiana per il suo approdo in televisione, dove non è da escludere che il film abbia dovuto subire censure o tagli, a causa dei suoi contenuti troppo "forti" per il pubblico televisivo. Da quanto indicato nel palinsesto, l'edizione televisiva trasmessa da Tv Flash avrebbe avuto una durata di circa 75 minuti, dalle 19:00 alle 20:15, inferiore alla durata di circa 93 minuti con cui il film è attualmente conosciuto.


Belladonna trasmesso in televisione
Da La Stampa, 01/12/1980

Nel luglio 1984, invece, Belladonna viene inserito all'interno di una rassegna cinematografica romana dedicata alla cultura giapponese, del quale la proiezione del film di Yamamoto rappresenta l'evento inaugurale della prima serata della rassegna, iniziata il 29 luglio 1984:

Inizia sullo schermo Festival alle ore 21 la rassegna Sushi, Geishe e Samurai curata da Daniela Bezzi. Si vedrà Belladonna diretto nel 1974 da E[i]ichi Yamamoto, tratto liberamente da La sorcière di Jules Michelet. Sottotitoli italiani, che spiegano questi 102 minuti a colori dove Jeanne, la protagonista, viene sedotta dal demonio e semina ribellione, anarchia, malato desiderio. Morirà come una strega, ma i suoi filtri malefici continueranno i loro inebrianti effetti. 
(cfr. l'articolo Grandi performances, di G. Gs., Corriere della Sera, 29/07/1984)
Immagine promozionale di Belladonna
(fonte)

Si noti come la durata del film indicata nell'articolo sia superiore a quella con cui il film è attualmente noto, la quale, come già scritto, corrisponde a circa 93 minuti, poiché derivante dalla riedizione del lungometraggio realizzata in Giappone nel 1979, quando la pellicola subì alcuni tagli e modifiche (fu aggiunta, ad esempio, l'immagine del celebre quadro francese "La libertà che guida il popolo" [1830] di Eugène Delacroix, alla fine del film) nel tentativo di rimediare all'insuccesso commerciale nipponico avuto nel 1973, ridistribuendola in sala rivolgendosi a un pubblico di giovani donne, dato che il film stava divenendo un cult tra le studentesse universitarie giapponesi, come indicato in questo approfondito articolo inglese di Sam Gurry.


La libertà che guida il popolo (1830) di Eugène Delacroix
La donna al centro del quadro è la Marianne, simbolo allegorico della Repubblica francese

Malgrado le intenzioni dei distributori, anche nel 1979 il film fu un insuccesso di pubblico in Giappone. A causa dei tagli e delle modifiche apportate al film, inoltre, per curarne l'edizione restaurata in 4K che attualmente circola in home video a livello internazionale dal 2016, la statunitense Cinelicious ha dovuto attingere a una copia in pellicola 35mm proveniente dalla Cineteca Reale del Belgio (Belgian Cinematek, o più correttamente "Royal Belgian Film Archive", il cui sito ufficiale si trova a questo link), per poter contare su di una copia dell'edizione originale del film risalente al 1973, visto che negli archivi nipponici della Mushi Production era presente una versione del film in pellicola negativa purtroppo tagliata di circa 8 minuti, come raccontato in questo articolo inglese dedicato al restauro del film. Al momento non è però possibile stabilire l'esistenza di eventuali differenze tra la pellicola in possesso della Cineteca Belga e un'eventuale copia in 35mm dell'edizione italiana di Belladonna risalente al 1975.


Copertina dell'edizione statunitense in blu-ray di Belladonna curata da Cinelicious
Il trailer di questa edizione è disponibile a questo link

Tornando al percorso di Belladonna nelle sale cinematografiche italiane, bisogna attendere il luglio 1991 per sentirne parlare nuovamente sulla stampa, quando esso viene inserito all'interno di una rassegna di una sala cinematografica milanese d'essai, all'interno della quale è presente anche il film d'animazione Il Signore degli Anelli (1979) di Ralph Bakshi:


Dal Corriere della Sera del 08/07/1991

Successivamente del film si perdono le tracce per molti anni nel nostro paese, riemergendo a livello internazionale solo in tempi più recenti, in particolare grazie a internet. Durante la prima edizione del festival veneziano Anymation nel 2012 - all'interno di un workshop sul regista Gisaburo Sugii da me curato in collaborazione con Maria Roberta Novielli, e per il quale scrissi l'approfondimento consultabile in questa pagina del blog -, ne parlai mostrando la sequenza iniziale del film, con lo stupro della protagonista e il suo conseguente ritorno a casa, ferita e umiliata. Le immagini del film colpirono diversi spettatori presenti in sala.


Lo stupro della protagonista, all'inizio del film

Del film se ne parlò negli anni seguenti su testate giornalistiche come Il Manifesto, che nel 2016 gli dedicò questo articolo firmato da Matteo Boscarol, mentre nel 2017 è stato riproposto all'interno della seconda edizione del Fish and Chips, il Festival Internazionale del Cinema Erotico di Torino. Anche a livello internazionale, il film negli ultimi anni ha ottenuto proiezioni in vari festival cinematografici, consentendo così a quest'affascinante e insolita opera animata giapponese di riemergere gradualmente dall'oblio, venendo rivalutata dalla critica e da quella fetta di pubblico interessata a film d'animazione adulti, originali e sperimentali.


Poster promozionale della proiezione di Belladonna a Brooklyn nel dicembre 2013
(fonte)

1 commento:

  1. Ciao, davvero ottimamente argomentato, e splendido lavoro di documentazione e di contesto. Aggiungo solo che l'attribuzione di Felix a Pat Sullivan è oggi abbastanza dibattuta e si tende a indicare come autore l'animatore Otto Messmer.

    RispondiElimina

Per informazioni sulla gestione della privacy degli utenti che decidono di postare un commento su questo blog, si rimanda a questa pagina del blog:
https://alemontosi.blogspot.it/p/cookie-privacy-e-policy.html