giovedì 29 agosto 2019

"Belladonna" (1973) di Eiichi Yamamoto: le origini del film, il legame col libro "La Strega" di Jules Michelet e la partecipazione al Festival di Berlino nel 1973



Dopo l'approfondimento in due parti dedicato al film d'animazione giapponese La volpe con nove code (1968, trasmesso direttamente dalla Rai nel 1972), è giunto il momento di porre l'attenzione su di un altro lungometraggio nipponico poco noto, ma molto affascinante, che giunse nei cineclub italiani a partire dal marzo 1975 (l'anno del "Massacro del Circeo"), dopo aver partecipato al Festival del Cinema di Berlino nel 1973, suscitando reazioni contrastanti nella critica cinematografica italiana, divisa tra apprezzamenti e stroncature. Si tratta di Belladonna (titolo originale nipponico: "Kanashimi no Belladonna", titolo internazionale: "Belladonna of Sadness", 1973) di Eiichi Yamamoto, ambientato nella Francia medievale e liberamente ispirato al saggio storico romanzato La Strega (1862) di Jules Michelet (1798-1874), libro incentrato sulle atroci violenze e persecuzioni commesse per ragioni politiche-religiose in Europa nei confronti delle donne e degli appartenenti alle religioni pagane, trattando ad esempio gli eventi delle suore ossesse di Loudun e della conseguente condanna al rogo di Urbain Grandier (1590-1634), raccontati anche da Aldous Huxley nel suo saggio storico I diavoli di Loudun (1952) e dal regista Ken Russell nel film I Diavoli (1971), quest'ultimo preceduto dal film polacco Madre Giovanna Degli Angeli (1961) di Jerzy Kawalerowicz, pellicola distribuita anche in Giappone e nota a Hayao Miyazaki.


(fonte)

Prima di tutto è necessario porre l'attenzione sul significato e sull'utilizzo del termine "Belladonna" nell'opera di Jules Michelet, per poi chiarire la connotazione diversa che quella parola può assumere in Giappone:

Il solo medico del popolo, per mille anni, fu la Strega. Gli imperatori, i re, i papi, i baroni più ricchi avevano qualche dottore di Salerno, qualche Moro, qualche Ebreo, ma la gente di ogni condizione, e si può dire tutti, non consultava che la Saga o Saggia donna. Se non guariva, la insultavano, la dicevano strega. Ma in genere, per rispetto e per timore insieme, la chiamavano Buonadonna o Belladonna, dal nome che si dava alle fate.
Le accadde quanto ancora accade alla sua pianta prediletta, la Belladonna, e a benefici altri veleni che usava, antidoti dei grandi flagelli del medioevo. Il bagnino, il passante ignaro, maledice quest'erbe grigie senza conoscerle. I colori ambigui lo riempiono di terrore. Arretra, si scosta. Eppure non sono che Consolanti (Solanee), che somministrate con discrezione, hanno guarito spesso, placato tanti mali.
Le trovate nei luoghi più sinistri, isolati, infidi, tra macerie e rovine. Anche in questo somigliano a chi le usava. Dove avrebbe potuto vivere, se non tra le lande selvagge, l'infelice, così perseguitata, la maledetta, la proscritta, l'avvelenatrice che guariva, salvava? (...) 
Meritavano una ricompensa. L'ebbero. Le si pagò in torture, in roghi. Si scovarono tormenti apposta, si inventarono sofferenze. Venivano a giudizio in massa, e condannate per una parola. Mai si fu tanto prodighi di vite umane. (...) Si noti che in certe epoche, al solo nome di strega, l'odio uccide a capriccio. Le gelosie femminili, le bramosie maschili, fanno propria un'arma tanto comoda. È ricca? Strega. Ha grazia? Strega. (...) 
Le imputate, se possono, prevengono la tortura e si uccidono. 
(cfr. pag. 45-47, dall'introduzione di Michelet al suo volume; edizione Rizzoli del 2011)
Copertina dell'edizione Rizzoli 2011 del libro di Jules Michelet
Quarta di copertina del libro La strega di Jules Michelet
La Strega rischiava molto. Nessuno allora pensava che, applicati all'esterno, o presi a piccolissime dosi, i veleni sono dei farmaci. Le piante confuse in un fascio sotto il nome di erbe delle streghe passavano per ministri di morte. Gliele avessero trovate addosso, sarebbe passata per avvelenatrice, o artefice di filtri maledetti. Una massa cieca, tanto più crudele quanto più impaurita, poteva, un mattino, ammazzarla a sassate, farle subire la prova dell'acqua (l'affogamento). Oppure, molto peggio, poteva trascinarla, corda al collo, sul sagrato della chiesa, che ne avrebbe fatta una pia festa, avrebbe edificato il popolo gettandola nel rogo. (...)
Un altro di questi veleni, la belladonna, chiamata così, senza dubbio, per riconoscenza, era potente nel calmare gli spasmi che a volte prendono durante il parto, e aggiungono pericolo al pericolo, terrore al terrore di questo momento supremo. Ecco! una mano materna insinuava questo caro veleno, addormentava la madre e oliava la porta sacra. Il bambino, proprio come oggi che usiamo il cloroformio, operava da solo la sua libertà, si gettava nella vita. 
La belladonna guarisce dal ballo facendo ballare. Temeraria omeopatia, che all'inizio dovette terrorizzare; era la medicina a rovescio, contraria in genere a quella che i cristiani conoscevano, e credevano unica, degli arabi e degli ebrei.
(cfr. pag. 138-139 della sopracitata edizione del libro di Michelet; per ulteriori informazioni sull'utilizzo della belladonna in ambito medicale e sulle persecuzioni contro le donne durante il Medioevo, si segnala l'intervento di Rita Levi Montalcini disponibile a questo link di YouTube, proveniente da un talk show televisivo del 1974)
Edizione francese del libro di Michelet del 2014
(fonte)
Edizione americana del libro di Michelet
Il significato del titolo inglese è "Satanismo e stregoneria"
(fonte)

Riguardo al termine "belladonna" è importante tenere presente che in Giappone esso è strettamente legato all'arte pittorica Ukiyo-e, poiché alla parola nipponica "Bijin" ("bella donna") sono legati i "Bijin-ga", cioè i ritratti di varie tipologie di belle donne, ai quali si fa riferimento nel seguente testo, proveniente da un pannello espositivo presente all'interno della mostra intitolata "Il Giappone classico da Hiroshige a Utamaro, da Hokusai a Kuniyoshi", tenutasi a Bologna presso Palazzo Albergati dal 24 marzo al 9 settembre 2018:
Grazia e fragilità, opulenza e maestosità sono i tratti salienti con cui via via si presenta, attraverso le interpretazioni degli artisti e secondo il mutare delle mode e del tempo, la bijin, letteralmente "bella donna", sia essa, indifferentemente, la donna quotidiana, la nobildonna o l'eroina, la cortigiana o la prostituta.
Esempio di Bijin-ga dell'arte Ukiyo-e
(fonte)
Un altro esempio di Bijin-ga
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Anche le donne europee nel periodo del medioevo e in particolare durante e dopo la rivoluzione francese, ricoprirono diversi e variegati ruoli sociali, spesso lontani da quelli che sono i tradizionali stereotipi radicati nell'immaginario collettivo relativo a quel periodo storico, come raccontato dallo scrittore Franco Fortini in questo estratto dalla sua introduzione al saggio di Michelet:
Tutto l'Ottocento democratico è attraversato dalla figura della donna combattente, amazzone, dal libero seno, creatura delle barricate, le cui mani sono "impallidite, meravigliose... sul bronzo delle mitragliatrici / attraverso Parigi insorta", ossia di una donna che non è né madre né figlia né moglie ma sommamente desiderabile creatura di oltranza, dunque di eros e morte, che strappa i figli alle madri, vivandiera, Carmen; prostituta sublime, tricoteuse da ghigliottina, marsellaise da Arco di Trionfo, petroleuse comunarda. Non solo mito, dunque, ma profezia. Questa è la Strega che sta dietro La Strega di Michelet.
(cfr. Le streghe non ritornano, introduzione di Franco Fortini all'edizione pubblicata da Rizzoli nel 1977 del saggio di Michelet, pag. 18)
Copertina dell'edizione giapponese di un saggio di Jules Michelet dedicato a Giovanna D'Arco
(fonte)

Poster giapponese di Belladonna
(fonte)

Tornando al film Belladonna di Yamamoto, va ricordato come la sua produzione fu molto travagliata, ricevendo poi un riscontro disastroso al botteghino nipponico e internazionale, provocando il fallimento della sua casa di produzione, la Mushi:
Nel giugno 1973, dopo una travagliata gestazione iniziata nel 1970, esce Kanashimi no Belladonna (La belladonna della tristezza), terzo film per la Herald  [si tratta della società di distribuzione Nippon Herald Eiga, attiva dal 1956 al 2005] e primo della gestione [della Mushi da parte di Eiichi] Kawabata. Denominato (...) "anime romanesque" [termine citato nel trailer nipponico del film, visionabile a questo link], Belladonna è un adattamento de La strega di Michelet, realizzato quasi interamente con disegni fissi firmati dall'illustratore Fukai Kuni. Cupo e lisergico, accompagnato dalle splendide musiche di Sato Mitsushiko e doppiato da attori teatrali, Belladonna è un capolavoro, e allo stesso tempo un'autentica catastrofe commerciale, che trascina la Mushi dentro il baratro sul bordo del quale stava ormai da tempo barcollando. [fallisce nel luglio 1973] (...)
I costi di produzione sono smisurati perché la prima versione, ultimata nel 1972, fu respinta dalla Herald, che la giudicò incomprensibile, e un buon terzo del film venne quindi rifatto. La scena dello stupro di Jeanne [la protagonista] (nella quale il suo corpo si apre letteralmente in due in un lago di sangue) e quella dell'orgia degli abitanti del villaggio suscitano l'attenzione del Comitato di Autocensura Cinematografico (Eirin), ma di fatto nessun taglio viene effettuato.
(cfr. pag. 47-48)
Materiale promozionale nipponico del film
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Sempre nel 1973, Belladonna viene presentato in concorso al Festival del Cinema di Berlino, kermesse cinematografica molto importante per l'animazione giapponese, poiché sempre all'interno di essa saranno successivamente proposti Akira (1988) di Katsuhiro Otomo nel 1989 (all'interno della sezione "Forum" del Festival), e La città incantata (titolo internazionale "Spirited Away", 2001) di Hayao Miyazaki, quest'ultimo presentato in concorso e co-vincitore, insieme al film britannico Bloody Sunday, dell'Orso d'oro nel 2002.

Manifesto promozionale del Festival di Berlino del 1973
(fonte)

Nel 1973, la presenza di Belladonna all'interno del Festival viene così indicata nel seguente estratto da un articolo del Corriere della Sera:
Con tono discreto, senza particolari cerimonie, senza sfoggio di mondanità e senza presenze divistiche di riguardo, il XXIII Filmfestspiele ha aperto ieri sera i battenti nella consueta sede dello Zoo-palast, nel pieno centro della prosperosa Berlino Ovest [lo Zoo-palast si trova nei pressi della stazione ferroviaria del Bahnhof Zoo, resa celebre dal libro e dal film Christiane F. - Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino].
Edizione tedesca del libro Christiane F. - Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino
Con un film ciascuno figureranno la Spagna (Don Ramiro di Manuel Gutierrez), Israele (Peeping Toms di Uri Zohar), il Giappone (Belladonna di Eiichi Yamamoto), il Brasile (Ogni nudità sarà punita di Arnaldo Jabor), la Svezia (Georgia, Georgia, di Stig Bjoerkman) (...)
Le voci sulla soppressione, per quest'anno, della mostra di Venezia hanno certamente favorito, almeno in parte, la manifestazione berlinese, la quale ha visto convogliati su di sé alcuni film che, in normali circostanze, produttori e autori avrebbero preferito riservare per il Lido. 
(cfr. l'articolo In lotta per l'"Orso" di Berlino anche il film dell'avvocato-regista, di Leonardo Autera, Corriere della Sera, 24/06/1973)
Manifestazione femminista al Festival di Berlino nel 1973
(fonte)

Il film di Yamamoto al Festival fu oggetto di un fraintendimento da parte del pubblico, che si aspettava di vedere un'opera dallo stile disneyano, in quanto anche
Belladonna è un film d'animazione. Durante la proiezione del film, diversi spettatori lasciarono la sala con i loro figli, come riportato in questa pagina inglese del sito ufficiale della Berlinale e nella pagina wikipedia italiana dedicata a questa edizione del festival.


Copertina della brochure in lingua inglese e francese di Belladonna

Un riscontro d'epoca alla proiezione di
Belladonna a Berlino è offerto dal Corriere della Sera:

Il lungometraggio giapponese di disegni animati, Belladonna, di Eiichi Yamamoto, è poi un esempio sconcertante di quanto possa essere male interpretata dagli orientali una cultura totalmente diversa come quella europea. Rifacendosi al libro La strega dello storico francese del secolo scorso Jules Michelet, e narrando la storia di una giovane donna del popolo che in epoca medioevale non esitò a vendere l'anima e il corpo al diavolo per riscattare se stessa e i diseredati come lei dalla miseria e dall'ignoranza imposte dalla Chiesa, il film si riduce a una serie di contorti emblemi sessuali illustrati con stucchevole gusto grafico, per lo più ispirato al "liberty". Tenuto anche conto della scarsa animazione delle immagini, sembra di sfogliare ora un album pornografico di lusso, ora le pagine della Vie parisienne [rivista francese illustrata, pubblicata dal 1863 al 1970] 
(cfr. l'articolo Berlino invasa da film mediocri, di Leonardo Autera, Corriere della Sera, 30/06/1973)
Numero della rivista francese risalente al marzo 1918
Dal numero del maggio 1925 della rivista francese

Di Belladonna si torna a parlare sui quotidiani italiani a partire dal marzo 1975, quando inizia la sua distribuzione nelle sale cinematografiche italiane d'essai, proponendo il film in versione originale giapponese con i sottotitoli in italiano e con un divieto d'ingresso in sala ai minori di 18 anni...


Belladonna programmato in un cinema a Roma, col divieto ai minori di 18 anni
Da L'Unità del 5/03/1975
Nel 1976 Belladonna viene programmato a Torino, sempre vietato ai minori di 18 anni
Da La Stampa del 9/03/1976

Aggiornamento 20/09/2023: Riguardo alla circolazione di Belladonna nei festival cinematografici europei, si segnala che, nel 1975, il film di Eiichi Yamamoto partecipò in concorso alla terza edizione del Festival Internazionale del Film Fantastico di Avoriaz, in Francia (si tenne dal 24 al 26 gennaio 1975), senza purtroppo ottenere alcun riconoscimento, come risulta dall'elenco dei film partecipanti e premiati pubblicato in questa pagina del sito IMDb. La giuria dell'edizione 1975 del Festival di Avoriaz era presieduta da Roman Polanski, mentre tra i giurati va segnalata la presenza di Roger Vadim, Claude Chabrol, Serge Gainsbourg e Costa-Gavras.

Una foto della giuria del Festival di Avoriaz nel 1975
Al centro della foto c'è Roman Polanski, presidente della giuria
(fonte)

P. S. Per approfondire ulteriormente la conoscenza del film Belladonna si consiglia la lettura del testo di presentazione del film scritto da Eiichi Yamamoto per la brochure in lingua inglese e francese del film. Quel testo è reperibile all'interno di questo articolo del blog.

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