Sebbene La Storia Infinita (1984) di Wolfgang Petersen sia uno dei film più popolari e amati degli anni '80, esso possiede tanti aspetti ancora poco noti e approfonditi in Italia, come l'esistenza di due edizioni di quella pellicola e il burrascoso legame che la lega all'autore del romanzo su cui è basata.
Michael Ende (fonte) |
Michael Ende, l'autore del romanzo originale edito in Germania Ovest nel 1979 e in Italia nel 1981 da Longanesi con la traduzione di Amina Pandolfi (questa l'edizione usata per quest'articolo), ripudiò quel film. Nonostante esso vantasse la presenza del produttore tedesco Bernd Eichinger (Christiane F - Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino, Il Nome della Rosa, La Banda Baader Meinhof), che ne fece il film più costoso realizzato fino a quel momento in Germania, l'ira di Ende per quel lungometraggio fu tale da spingerlo a indire una conferenza stampa nell'aprile del 1984 a Stoccarda, in cui condannò quel "film rivoltante", spiegando che "i produttori del film semplicemente non hanno capito niente del libro. (...) Loro volevano solo fare soldi".
Poster inglese del film |
Inizialmente, Ende non si oppose alla produzione del film e si fidò di Petersen e dei produttori, collaborando con il regista alla sceneggiatura, ma successivamente lo scrittore scoprì che Petersen aveva segretamente rielaborato la sceneggiatura, rimanendone sconvolto: "Ho visto la sceneggiatura definitiva solo cinque giorni prima della premiére del film e solo come risultato di una sentenza giudiziaria a Monaco [Ende fece causa alla produzione, ottenendo la rimozione del suo nome dai titoli di testa e di coda del film]. (...) Ero sconvolto. Loro hanno cambiato l'intero senso della storia. Fantàsia rinasce senza la forza creativa di Bastian ["Bastiano" nell'edizione italiana del libro]. Per me quella era l'essenza del libro". In pratica, la vicenda narrata dal film (fortemente semplificata e in certi passaggi addirittura stravolta rispetto al testo originale) si interrompe al tredicesimo capitolo del romanzo, tralasciandone circa 230 pagine e rimuovendo il lungo, faticoso e doloroso cammino di crescita interiore, di attività creativa (positiva e negativa, dato che la creatività umana può dare origine a qualsiasi cosa, nel bene e nel male) e di accettazione della propria identità psicofisica (nel libro, Bastian è un timido ragazzino grasso, con la carnagione pallida e le gambe arcuate), necessari a Bastian per far rinascere Fantàsia, maturare come essere umano e capire come "fa' ciò che vuoi" (la frase, assente nel film, scritta sul retro dell'Auryn, il medaglione indossato da Atréju ["Atreyu" nell'edizione inglese di libro e film, e "Atreiu" nell'edizione italiana del libro]), significhi raggiungere, comprendere, rispettare e seguire la volontà più profonda del proprio animo interiore.
Atréju e le Sfingi |
Anche nel documentario tedesco dedicato alla lavorazione del film, 60 Millionen für Phantásien (1984) di Wilhelm Bittorf e Ulli Pfau, Ende si espresse con toni molto duri, stroncandolo:
Sicuramente, la cosa più importante in quel film sarebbe stata creare una Fantàsia che rappresentasse il mondo dell'immaginazione. Ma quello che il film contiene dell'immaginazione, fatica a superare lo standard medio di un night club. All''interno della Torre d'Avorio, mancano solo una sfera luminosa a specchi e un gruppo di ragazze per trasportare il pubblico in un night club. Tutto quello che dovrebbe essere misterioso e magico è completamente piatto e banale. La stessa Torre d'Avorio è rappresentata come una sorta di torre televisiva con tre antenne direzionali. Non so perchè le due Sfingi siano divenute uno degli elementi più imbarazzanti del film. Esse sono, in pratica, delle spogliarelliste che siedono nel deserto. Il perfetto tripudio del kitsch si celebra poi nell'ultima parte del film. Nella sua stanza, l'Infanta Imperatrice [Imperatrice Bambina nell'edizione italiana del film] siede su di un letto dallo stile hollywoodiano, collocato all'interno del guscio di una cozza. È indescrivible: è divenuta una storia indescrivibile.
[A questo link è disponibile l'estratto del documentario con le dichiarazioni in tedesco di Michael Ende, sottotitolate in inglese]
Per comprendere le accuse di Ende alla pellicola e lo sdegno con cui ne parlò, si può prendere ad esempio una delle sequenze più famose e citate del film, quella dello scontro tra Atréju e Gmork ("Mork" nell'edizione italiana del libro), in cui viene rivelato cos'è il Nulla ("The Nothing" in inglese, "Das Nichts" in tedesco).
Nel film, Gmork rivela ad Atréju che Fantàsia sta morendo perché "la gente ha rinunciato a sperare e dimentica i propri sogni", e che il Nulla è "il vuoto che ci circonda, è la disperazione che distrugge il mondo". Gmork aggiunge che sta aiutando il Nulla "perchè è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il Potere" - leggermente diversa la frase nella versione inglese del film: "Because people who have no hopes are easy to control. And whoever has the control, has the power!", lett. "perchè le persone che non hanno speranze sono facili da controllare. E chiunque possieda il controllo, possiede anche il potere!" -, e perchè lui è "il servo del Potere che si nasconde dietro il Nulla", che ha ricevuto l'incarico di uccidere l'unica persona in grado di fermare il Nulla, cioè Atréju. Il dialogo termina con lo scontro violento tra i due, in cui Atréju, determinato a combattere fino alla fine ("Se tanto dobbiamo morire, preferisco morire lottando. Attaccami Gmork, io sono Atréju!"), uccide il mostro soddisfando così il bisogno di catarsi da parte del pubblico. La separazione tra bene e male è fin troppo netta in questa sequenza del film, col confronto simbolico tra un bel ragazzino e un mostro orribile, privo di umanità.
Gmork (dall'edizione tedesca del film) |
Nel film, Gmork rivela ad Atréju che Fantàsia sta morendo perché "la gente ha rinunciato a sperare e dimentica i propri sogni", e che il Nulla è "il vuoto che ci circonda, è la disperazione che distrugge il mondo". Gmork aggiunge che sta aiutando il Nulla "perchè è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il Potere" - leggermente diversa la frase nella versione inglese del film: "Because people who have no hopes are easy to control. And whoever has the control, has the power!", lett. "perchè le persone che non hanno speranze sono facili da controllare. E chiunque possieda il controllo, possiede anche il potere!" -, e perchè lui è "il servo del Potere che si nasconde dietro il Nulla", che ha ricevuto l'incarico di uccidere l'unica persona in grado di fermare il Nulla, cioè Atréju. Il dialogo termina con lo scontro violento tra i due, in cui Atréju, determinato a combattere fino alla fine ("Se tanto dobbiamo morire, preferisco morire lottando. Attaccami Gmork, io sono Atréju!"), uccide il mostro soddisfando così il bisogno di catarsi da parte del pubblico. La separazione tra bene e male è fin troppo netta in questa sequenza del film, col confronto simbolico tra un bel ragazzino e un mostro orribile, privo di umanità.
Il disegno di un indiano e di un bufalo, sulla cartella di Bastian |
Nel libro le cose vanno in modo molto diverso. In esso, Atréju (il cui nome significa "figlio di tutti", indicando la sua condizione di orfano allevato dagli uomini e dalle donne del suo accampamento), riceve il compito di salvare Fantàsia poiché non ha mai ucciso nessun essere vivente - ottiene l'incarico da un emissario dell'Imperatrice, che gli impedisce di portare a termine la sua prima caccia al Grande Bufalo, consentendendogli così di mantenere la sua purezza e innocenza infantile -, e, per volontà dell'Imperatrice che gli ha fatto dono dell'Auryn, per compiere con successo la sua missione non dovrà uccidere nessuno, viaggiando senza armi e senza mai attaccare, senza mai sentenziare un proprio giudizio nei confronti degli altri, limitandosi unicamente ad effettuare la sua ricerca del salvatore di Fantàsia e a porre delle domande. Il suo incontro con Gmork non termina con uno scontro fisico tra i due, ma con il mostro, in punto di morte a causa della fame e della stanchezza, che ride vittorioso per aver trovato Atréju, trattenendolo con le sue parole in una città completamente circondata dal Nulla.
Atréju e Gmork |
Come nel film, anche nel libro l'incontro tra Atréju e Gmork avviene dopo che il ragazzo ha perso l'Auryn e si ritrova da solo, in una condizione psicologica di forte sfiducia e smarrimento (Capitolo IX del romanzo). Il luogo dell'incontro, nel libro, è la Città dei Fantasmi nel Paese della Mala Genìa, la terra in cui vivono tutte le creature dei racconti dell'orrore, come vampiri, scheletri e demoni. E anche Gmork è una di quelle creature, essendo egli un Lupo Mannaro. Attingendo all'immaginario orrorifico, Ende ha effettuato con Gmork una geniale variazione della figura del licantropo, che qui è rappresentato come una creatura in perenne bilico tra il Regno degli Uomini (dove ha l'aspetto di un essere umano, ma senza esserlo completamente) e quello di Fantàsia (dove assume l'aspetto di una creatura fantastica, il licantropo, ma senza essere una figura di pura fantasia), e che proprio per questa sua ambiguità identitaria, non è che un emarginato afflitto dalla solitudine, che non appartiene a nessuno di quei due mondi. A causa della mancanza di un mondo proprio, egli non ha una casa ed invidia gli abitanti di Fantàsia ("Voi avete un mondo vostro e io no", afferma Gmork in risposta alla domanda di Atréju sul perché esso sia così malvagio), non avendo mai ricevuto affetto e attenzioni da nessuno. L'unica occasione in cui gli ha ricevuti a Fantàsia, ha finito per divenire preda di un inganno della Principessa delle Tenebre, la quale, dopo essersi fatta rivelare gli scopi del mostro, lo ha incatenato in quella città per punirlo e per salvare Fantàsia, alla quale anch'essa apparteneva essendo un personaggio fantastico. La caratterizzazione di Gmork è dunque più ricca di sfumature.
Atréju e Fuchur (Falkor) |
Rispetto al film, è soprattutto la concezione del Nulla che si ricava dalle parole di Gmork, ad essere molto diversa. Nel libro, la mancanza di speranza finisce per indebolire non le persone del mondo reale, ma le creature di Fantàsia: "Il non avere speranza rende molto più deboli le creature come voi. Il Nulla ha una terribile forza di attrazione e nessuno di voi riuscirà ancora per molto a opporgli resistenza". Quando il Nulla inghiotte una creatura di Fantàsia, essa abbandona per sempre quel mondo per entrare nel Regno degli Uomini, assumendo un aspetto negativo, quello della menzogna, usata per manipolare le persone: "Nulla dà maggior potere sugli uomini che la menzogna. Perchè gli uomini, figliolo, vivono di idee. E quelle si possono guidare come si vuole. Questo potere è l'unico che conti veramente", sono le parole di Gmork che, pensando alla trasformazione di Atréju in menzogna nel Regno degli Uomini, aggiunge: "Chi lo sa a che cosa potrai servire. Forse servirà il tuo aiuto per indurre gli uomini a comperare cose di cui non hanno bisogno, o a odiare cose che non conoscono, o a credere cose che li rendono ubbidienti, o a dubitare di cose che li potrebbero salvare. Con voi, creature di Fantàsia, nel mondo degli uomini si fanno i più grossi affari, si scatenano guerre, si fondano imperi...". Per comprendere in che tipo di menzogna potrebbe trasformarsi Atréju, basti pensare a tutti quei film, fumetti, libri, canzoni, spettacoli teatrali e altre opere in cui per decenni dei personaggi rappresentanti gli indiani d'america (a cui il personaggio di Atréju allude) sono stati rappresentati in modo estremamente negativo e violento, fornendo all'opinione pubblica di tutto il mondo una visione distorta che manipolava la realtà storica del feroce massacro subito dagli indiani negli USA.
Bastian e Fuchur (Falkor), nel finale del film |
Va inoltre aggiunto che, visto che nel libro i personaggi di Fantàsia possono entrare nel Regno degli Uomini solo trasformandosi in menzogne, suona particolarmente "estranea" al testo la scena finale del film, in cui Bastian si serve del Drago della Fortuna (o "Fortunadrago") per tornare nel nostro mondo e vendicarsi dei ragazzi che l'avevano maltrattato. L'uso di un personaggio della fantasia per ottenere una vendetta personale è del tutto estraneo e opposto al messaggio che Ende voleva trasmettere ai suoi lettori.
Atréju uccide Gmork |
Tornando alla concezione del Nulla descritta nel libro, visto il pericolo rappresentato dalle menzogne nel mondo degli uomini, molti di essi si convincono e tentano di convincere altri individui che il mondo della fantasia non esiste, che non serve a nulla se non a creare inganni o illusioni, e che è qualcosa a cui non si deve pensare: "Per questo gli uomini odiano e temono Fantàsia e tutto ciò che [proviene da essa]. E non sanno che in tal modo non fanno che accrescere il flusso di menzogne che si rovescia incessantemente nel mondo degli uomini. (...) Solo se credono che Fantàsia non esiste, non viene loro l'idea di venirvi a cercare. E tutto dipende da questo, perché solo se non vi conoscono per quello che siete veramente, si può fare di loro quello che si vuole". Per avere un esempio concreto e reale di manipolazioni di personaggi di fantasia atte a stravolgerne la loro natura agli occhi dell'opinione pubblica, privandoli di ogni valore positivo, relegandoli a sciocchezze per bambini a cui da adulti non si deve più pensare, e caricandoli di valori negativi, basti pensare alla sorte subita da molte opere animate nipponiche in Italia, accusate di essere "orge della violenza annientatrice", simboli del fascismo, creature paragonabili ai terroristi o alla droga, diffusori di razzismo, di violenza gratuita e di omosessualità nella popolazione più giovane. In questo modo, opere realizzate con scopi ben precisi (sensibilizzare sui drammi provocati dalla guerra, sulla sofferenza patita dai più poveri, sui pericoli correlati al nucleare, sull'importanza di rispettare la natura, sul fatto che anche chi è ritenuto un "nemico" o un "diverso" possiede in realtà sentimenti ed emozioni), sono state prima stravolte da molti adulti, per poi essere accantonate e dimenticate col passare del tempo, poiché ritenute prive di effettivo interesse culturale e sociale, mentre la nostra società veniva sommersa da nuove tipologie di forme di intrattenimento, che hanno contribuito a creare la situazione sociale e l'arretratezza culturale in cui viviamo attualmente.
Edizione giapponese del libro di Ende |
I riferimenti ad opere giapponesi in un articolo dedicato a Michael Ende non devono apparire stranianti, poiché esso è stato molto attratto e interessato alla cultura nipponica fin da bambino (per lui, il mondo della cultura era realmente privo di confini), sposando in seconde nozze la traduttrice e sua collaboratrice Mariko Sato (la conobbe nel 1976, a un'edizione della Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna), e battendosi vanamente con essa per la creazione di un'edizione tedesca di alcune fiabe dello scrittore Kenji Miyazawa.
Esistono, inoltre, alcune interpretazioni critiche del romanzo di Ende che vedono nel Drago della Fortuna un riferimento alla cultura orientale cinese e giapponese. Oltre a quel Drago, anche il nome scelto da Bastian per l'Imperatrice dagli occhi a mandorla (caratteristica fisica indicata nel libro, quando avviene il primo incontro tra lei e Atréju) sembra alludere alla cultura nipponica: il nome è Mondenkind, tradotto come Moonchild (lett. "figlia della luna") nell'edizione inglese del libro e del film, adattato come Fiordiluna nell'edizione italiana del libro, e purtroppo cancellato dall'edizione italiana del film, dove Bastian, quando deve dare all'Imperatrice un nuovo nome, urla: "Mamma, si chiamava... Eva!". All'interno della cultura giapponese esiste un antico e celebre racconto (monogatari), Storia di un tagliabambù, incentrato proprio su di una ragazza figlia del regno della luna, la principessa Kaguya, il cui nome le viene dato da dei terrestri.
Sempre in Giappone, i libri di Ende ottennero un grande successo e sulle sue opere sono stati pubblicati anche alcuni saggi critici (A Journey through the inner Landscapes of Michael Ende, e The White Rim of a Story), curati da Toshio Tamura, e realizzati documentari come Ende's Last Message, trasmesso nel 1999 dalla tv pubblica NHK.
Locandina giapponese del film (fonte) |
Dal press-book giapponese del film (fonte) |
In merito al nome Moonchild, si segnala come esso corrisponda anche al titolo di una canzone della band britannica King Crimson, appartenente al loro primo album, intitolato In the Court of the Crimson King ("Alla corte del Re Cremisi"), edito nel 1969 dalla Island Records, la casa discografica che negli anni '90 pubblicherà i primi album dei Cranberries (la band di Dolores O'Riordan) e si interesserà all'animazione giapponese per via del successo del film Akira (1988) di Katsuhiro Otomo in Gran Bretagna (cfr. questo articolo del blog).
La canzone Moonchild (durata originale dell'edizione 1969: 12 minuti circa) è stata definita all'estero come un esempio di "space jam", cioè di canzone che evoca ambienti spaziali o suoni provenienti da un'altra dimensione, caratteristica sottolineata anche dalla distorsione della voce del cantante Greg Lake, in modo da fornire all'ascoltatore la sensazione che essa provenga da un luogo lontano nello spazio o appunto da un'altra dimensione. L'intero disco In the Court of the Crimson King è stato inoltre accostato alla fantascienza e in particolare al romanzo Dune (1965) di Frank Herbert, opera emblematica della fantascienza medievale. Il disco, infatti, si conclude con la canzone The Court of the Crimson King, in cui si descrive l'arrivo alla corte del Re Cremisi, dando la sensazione (leggendo il testo) di essere arrivati in un altro mondo o nello scenario di un'opera fantasy, in modo non molto diverso da quanto accade a Bastian nel libro di Ende e nel film di Petersen, quando lascia il nostro mondo per recarsi a Fantàsia, il luogo che comprende tutta la fantasia umana e che pertanto include anche la musica.
L'esoterico e spaziale interno del disco In the Court of the Crimson King |
Le prime parole della canzone Moonchild ("Call her Moonchild", "Chiamala Moonchild") e il fatto che sulla copertina (disegnata da Barry Godber) del disco dei King Crimson ci sia il volto di un uomo che urla, sono due ulteriori elementi in comune con La Storia Infinita, in particolare col finale del film, dove Bastian urla il nome "Moonchild" per salvare l'Imperatrice.
Il volto di un uomo che urla. Copertina del disco In the Court of the Crimson King |
Bastian urla il nome dell'Imperatrice, nel finale del film |
Vanno infine precisate alcune informazioni sulle due edizioni del film di Petersen (entrambe disponibili in un cofanetto dvd tedesco edito dalla Universum Film nel 2003, e di cui si trova un confronto dettagliato qui):
1. La versione internazionale inglese, da cui deriva l'edizione italiana: ha una durata di circa 90 minuti e presenta alcuni personaggi con un nome diverso rispetto al romanzo (ad esempio il drago "Fuchur" ["Fùcur", nell'edizione italiana del libro] diviene "Falkor"); la colonna sonora è firmata da Klaus Doldinger (membro del gruppo jazz tedesco Passport e, in precedenza, autore delle musiche di un altro film di Petersen, U-Boot 96 del 1981) e da Giorgio Moroder (Fuga di mezzanotte, American Gigolò, Flashdance, Scarface, Top Gun), il quale ha aggiunto in questa edizione alcuni brani strumentali di sua creazione che vanno a sostituire alcuni pezzi originalmente composti da Doldinger, come il brano presente nella sequenza della morte di Artax; Moroder, per questa edizione, ha inoltre composto, insieme a Keith Forsey, la celebre canzone pop Neverending Story, interpretata dal britannico Limahl e assente nell'edizione tedesca del film.
Locandina tedesca del film |
2. La versione tedesca (inedita in Italia): ha una durata di circa 96 minuti e la colonna sonora composta interamente da Doldinger; il montaggio è diverso in numerosi punti del film, come l'inizio: nell'edizione internazionale i titoli di testa scorrono sulle immagini del Nulla che avanza e sono accompagnate dalla canzone di Limahl (creando un contrasto opinabile tra la leggerezza del sound del brano e ciò che rappresentano le immagini), per poi essere interrotte dall'apparizione di Bastian che si ridesta da un incubo e mette via un libro che stava leggendo prima di addormentarsi (in questo caso, si potrebbe dedurne che Bastian abbia fatto un sogno premonitore, immaginando l'avanzare del Nulla); nell'edizione tedesca, invece, i titoli di testa scorrono sullo schermo completamente nero, accompagnati da un brano strumentale di Doldinger che mescola toni cupi e misteriosi, e che prosegue anche quando la regia mostra Bastian ridestarsi da un incubo e mettere via un libro che stava leggendo, e, diversamente dall'edizione internazionale, spegnere la luce di una lampada per poi mettersi a sedere sul letto, mentre l'inquadratura si allarga e si vedono i numerosi libri presenti nella sua stanza (in questo caso, lo schermo nero, unito al successivo dialogo fra Bastian e il padre, allude al dolore derivante dalla morte della madre del bambino, che lo tormenta anche durante il sonno). Il titolo del libro rubato e letto in soffitta da Bastian non è in inglese (The Neverending Story), ma in tedesco (Die Unendliche Geschichte). Sono inoltre presenti alcune scene aggiuntive (ad es. una scena in cui Bastian rischia di essere scoperto da un uomo nella soffitta della scuola) e la sequenza della morte di Artax presenta alcune differenze (ad es. cambia il brano strumentale ad essa collegato), concludendosi in modo più "duro", mostrando delle bollicine d'aria nel punto in cui è sprofondato il cavallo. Anche la sequenza dell'incontro tra Atréju e Gmork presenta diverse inquadrature in più e anche parti di dialogo aggiuntive (ad es. Gmork dice, inizialmente, di voler restare da solo e Atréju gli offre il suo aiuto).
Il cd della colonna sonora tedesca del film |
Esistono ancora molti altri aspetti da approfondire del film (come il modo in cui in esso è stato rappresentato visivamente il Nulla) e soprattutto del romanzo (esso divenne un simbolo per gli attivisti tedeschi contrari al nucleare), ma, per dirla con le parole che concludono il libro di Ende, si tratta di altre storie che dovranno essere raccontate in un'altra occasione.
N. B. Per conoscere l'origine del romanzo di Michael Ende, vedasi questo articolo del blog, mentre per un approfondimento sul film di Petersen si può cliccare qui. A quest'altro link è invece possibile leggere l'interpretazione della Storia Infinita fornita da Ende, unitamente all'importanza da lui riposta nella ricerca di nuovi valori e nella creazione di una nuova cultura senza confini nazionali. A questo link è inoltre disponibile un chiarimento di Ende sulla frase "fa' ciò che vuoi", scritta sul retro dell'Auryn. Per celebrare i 40 anni del romanzo di Ende, nel 2019 ho pubblicato questo articolo contenente varie dichiarazioni dello scrittore tedesco sul suo pubblico internazionale, sui problemi della traduzione in italiano del suo libro La Storia Infinita, e sul rapporto col proprio padre.
Segnalo, inoltre, che sempre in occasione dei 40 anni dalla pubblicazione del romanzo di Michael Ende, sono stato intervistato il 20 novembre 2019 in diretta telefonica da Marco Pagani nel programma radiofonico "Diderot" di RSI - Rete Due Svizzera. Il podcast della trasmissione è disponibile a questo link.
Al termine dell'articolo "La Storia Infinita" di Michael Ende: parole, fantasie e menzogne di Laura Cesco Frare pubblicato il 17 gennaio 2020 all'interno del magazine on-line "Il Chiasmo" sul sito web Treccani, è segnalato come lettura consigliata per approfondire il legame tra il romanzo di Ende e il film di Petersen, questo mio articolo del blog.
interessantissimo!
RispondiEliminaMagnifico,grazie
RispondiEliminamolto interessante questa disanima ma penso anche che se il regista fosse stato fedele al romanzo non avrebbe avuto il successo riscontrato. Una cosa è il fine del romanziere e altro quello di un regista che per forza di cose deve coniugarle per avere il successo sperato. Rare sono le volte che abbiamo visto fedeltà fra il romanzo e la pellicola.
RispondiEliminaè molto interessante e mi è stato di grande aiuto
RispondiEliminaNon ho ancora capito il nome della mamma di Bastian scusate.....��
RispondiEliminaInteressante...... Ma nn ho ancora capito il nome della mamma scusate.....😅
RispondiEliminaNella versione italiana del film, il nome della madre di Bastian è "Eva". Per sentirlo bisogna alzare il volume dell'audio, perché purtroppo è pronunciato con un tono di voce più basso rispetto all'urlo "Mamma, si chiamava..." (la frase completa, citata nel testo dell'articolo, è "Mamma, si chiamava... Eva!").
EliminaNella versione inglese del film, invece, Bastian urla solo "Moonchild", senza prima dire "Mamma, si chiamava...", lasciando comunque intendere che il nome di sua madre fosse "Moonchild".
La scena in inglese la trovi qui:
https://www.youtube.com/watch?v=QqSmg24oXgU
Si, il nome è Eva...vero, bisogna alzare il volume per sentirlo ma poi si capisce! Eva, un nome bellissimo che non mi dispiace che abbiano scelto per la versione italiana in quanto appartiene anche ad una bellissima ragazza di una famiglia mia amica deceduta nel 1989 a soli 13 anni!
EliminaGrazie a voi ho capito il nome urlato da Bastian - inoltre la critica di Ende deluso dalla trasposizione cinematografica mi risulta utile - Quando rivedo Falkor penso al mio cane che tanto gli somiglia nella dolcezza degli occhi -
EliminaBello sentire, buono a sapersi , Grazie, buona notte .
RispondiEliminaPrego Angela, grazie a te per il commento. A presto!
EliminaWow wow ..sono estasiata.. Cmq il libro sembra essere molto più significativo rispetto al film che già di suo mi commuove tutt'ora a 39 anni!Nell'articolo. Grazie!
RispondiEliminaPrego, grazie a te per l'apprezzamento e per l'entusiasmo! Sì, il libro offre maggiori spunti di interesse, che lo rendono un testo davvero molto importante.
EliminaGrazie mille
RispondiEliminaUn articolo molto interessante, sto leggendo solo ora (a 37 anni) il romanzo, e mi riservo di rileggere per bene il tuo pezzo quando avrò concluso il libro. Tra l'altro la questione delle due edizioni del film mi era ignota
RispondiEliminaIo amo solo il primo film. Gli altri due non mi piacciono molto. Il primo lho visto cosí tante volte...
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