Digitando il nome di Francesca Alinovi (1948-1983) su un motore di ricerca, ci si imbatte principalmente in siti internet che ne trattano le circostanze della morte, risalente al giugno del 1983, quando venne uccisa con 47 coltellate. Dal giorno in cui venne ritrovato il suo corpo, la sua vita è stata, purtroppo, principalmente "ridotta" alle circostanze della sua scomparsa e ai successivi tre gradi di giudizio del processo penale che ne derivò. Tuttavia la sua attività professionale e i suoi scritti possiedono un valore che non sembra essere scalfito dallo scorrere del tempo, rivelandosi, al contrario, estremamente importanti per comprendere le metamorfosi e le innovative contaminazioni tra medium artistici (pittura, teatro, musica, fotografia, cinema, fumetti, graffiti da strada) avvenute a partire dalla fine degli anni '70.
La sua morte e il
processo attirarono l’interesse dei mass media e dell’opinione pubblica, che
trovarono in quella miscela di amore/morte/arte/droga/stranezze comportamentali
e relazionali, un interessante caso da seguire (su di esso, ad oggi, sono
già stati pubblicati ben 4 libri, a cui vanno aggiunte diverse trasmissioni
televisive), finendo per porre in secondo piano o del tutto in disparte,
l’effettivo valore culturale del lavoro svolto da Francesca
Alinovi. Essa era una delle ricercatrici e insegnanti più importanti
del DAMS (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo) di Bologna, l’innovativo corso
di laurea nato proprio in quella città nel 1970 e poi diffusosi in altre
università italiane, incentrato sullo studio di diverse forme artistiche e
delle correlazioni esistenti tra di esse.
Proprio a causa della sua morte e degli altri omicidi che colpirono persone legate al DAMS nei primi anni ’80, nacque la cattiva fama mediatica e i numerosi pregiudizi che purtroppo ancora oggi, a volte, riemergono a Bologna e in altre città d’Italia, nei confronti degli studenti e dei laureati del DAMS. Basti pensare che, nell'articolo Delitto Alinovi: diffida per Telefono Giallo, firmato P. Q. e pubblicato su La Stampa del 09/11/1989, il DAMS viene erroneamente definito come "il tempio riconosciuto delle più spregiudicate avanguardie culturali che spuntano in Italia".
A gettare in cattiva luce l'ambiente del DAMS, contribuì anche la diffusione di un cinico manifesto ispirato al film Psyco (1960) di Alfred Hitchcock, apparso nelle vie del centro di Bologna in seguito alla morte della Alinovi, sorta di antesignano dell'estremo cinismo e del nichilismo dei fotomontaggi, dei post e dei commenti che attualmente si diffondono attraverso il web e i social network, aventi per oggetto fatti di cronaca nera o la morte per cause violente (come il suicidio) di personaggi famosi.
Francesca Alinovi. Foto tratta dal libro "Il mistero di via del Riccio: il caso Alinovi", di Roberto Canditi (edito da Aniballi nel 1984) |
Proprio a causa della sua morte e degli altri omicidi che colpirono persone legate al DAMS nei primi anni ’80, nacque la cattiva fama mediatica e i numerosi pregiudizi che purtroppo ancora oggi, a volte, riemergono a Bologna e in altre città d’Italia, nei confronti degli studenti e dei laureati del DAMS. Basti pensare che, nell'articolo Delitto Alinovi: diffida per Telefono Giallo, firmato P. Q. e pubblicato su La Stampa del 09/11/1989, il DAMS viene erroneamente definito come "il tempio riconosciuto delle più spregiudicate avanguardie culturali che spuntano in Italia".
A gettare in cattiva luce l'ambiente del DAMS, contribuì anche la diffusione di un cinico manifesto ispirato al film Psyco (1960) di Alfred Hitchcock, apparso nelle vie del centro di Bologna in seguito alla morte della Alinovi, sorta di antesignano dell'estremo cinismo e del nichilismo dei fotomontaggi, dei post e dei commenti che attualmente si diffondono attraverso il web e i social network, aventi per oggetto fatti di cronaca nera o la morte per cause violente (come il suicidio) di personaggi famosi.
Dal libro "Il mistero di via del Riccio" |
Passando all’importanza e all’innovazione delle ricerche dell’Alinovi, per comprenderle efficacemente bisogna risalire al
1977, periodo di forte fermento culturale in Italia, soprattutto a Bologna –
l’anno prima, in città, era nata “Radio Alice”, una delle prime e più importanti
radio libere italiane, "chiusa" in seguito all'irruzione delle forze dell'ordine nei suoi studi, avvenuta il 12/03/1977 –, quando il DAMS era soprannominato “DADAMS”, per via
della volontà, di parte dei suoi frequentanti, di rifarsi al dadaismo. Fu
proprio il rinnovato interesse per quella avanguardia artistica, a far sì che la Alinovi scrisse un
importante libro sul dadaismo, Dada anti-arte
e post-arte (edito da D’Anna nel 1980 e oggi reperibile solo in alcune
biblioteche), in cui ne approfondiva l’origine, l’evoluzione e gli effetti: tramite
il dadaismo l’arte rompeva i propri “confini”, manifestandosi in qualsiasi
forma e in qualsiasi luogo, incarnandosi in qualsiasi cosa, anche in oggetti
della normale quotidianità, provocando la contaminazione e la mutazione delle
forme artistiche tradizionali note fino a quel momento. Questo tipo di
interessi e di ricerche spinsero la
Alinovi a prestare molta attenzione ai
graffitisti statunitensi - esiste una sua foto, in bianco e nero, che la
ritrae accanto a Jean-Michel Basquiat, il quale, tra le sue fonti di ispirazione artistiche, aveva anche i cartoni animati e i fumetti -, studiandone i lavori, andandone a
conoscere di persona alcuni a New York - Keith Haring, anch'esso influenzato dai cartoni visti in tv e dai fumetti, affermò di aver rilasciato
la sua migliore intervista proprio alla Alinovi - e ai quali volle dedicare l’allestimento
di un’innovativa mostra d’arte, dal titolo Arte
di Frontiera, tenutasi purtroppo in seguito alla sua morte.
Proprio per via di quella mostra in preparazione e dei sopracitati legami esistenti tra alcuni dei più noti graffitisti statunitensi e il mondo dei fumetti, Luigi Bernardi (all'epoca direttore della casa editrice bolognese L'Isola Trovata e, in seguito, della più nota Granata Press) voleva provare a contattare la ricercatrice, come da lui ricordato nel suo libro Macchie di Rosso. Bologna avanti e oltre il delitto Alinovi (2002, edito da Zona; uno dei 4 libri dedicati alla morte della Alinovi, evento che scosse molto Bernardi), nel quale offre la seguente descrizione della reale importanza della creazione del DAMS per Bologna, associato al ricordo delle circostanze che lo portarono a voler conoscere l'Alinovi:
Copertina del libro sul dadaismo di Francesca Alinovi |
Corriere della Sera, 18/04/1984 |
Proprio per via di quella mostra in preparazione e dei sopracitati legami esistenti tra alcuni dei più noti graffitisti statunitensi e il mondo dei fumetti, Luigi Bernardi (all'epoca direttore della casa editrice bolognese L'Isola Trovata e, in seguito, della più nota Granata Press) voleva provare a contattare la ricercatrice, come da lui ricordato nel suo libro Macchie di Rosso. Bologna avanti e oltre il delitto Alinovi (2002, edito da Zona; uno dei 4 libri dedicati alla morte della Alinovi, evento che scosse molto Bernardi), nel quale offre la seguente descrizione della reale importanza della creazione del DAMS per Bologna, associato al ricordo delle circostanze che lo portarono a voler conoscere l'Alinovi:
Il DAMS è la facoltà che ha nutrito i megafoni del movimento del '77, e che ora si fa cassa di risonanza del postmoderno, di un rinnovato e giocoso spirito artistico. Il DAMS è anche la facoltà che, grazie alla fenomenale capacità di attrarre giovani da tutta Italia - giovani cui non pare vero poter studiare l'arte, la musica o lo spettacolo, e dopo camparci anche - sta mettendo seri problemi all'Università di Bologna. Non è un paradosso: tanti studenti hanno bisogno di spazio, per studiare, per vivere. L'Università comincia a sentirsi stretta, inizia da allora il lento processo che la porterà ad espandersi a macchia d'olio per tutta la città, a impadronirsi dei locali più prestigiosi, delle strutture più capienti. Bologna spalanca le porte all'ampliamento dell'Università. Dà il via a una trasformazione che in poco più di un decennio porterà all'espulsione di decine di migliaia di cittadini, per liberare lo spazio ai nuovi studenti, che cittadini non sono. (cfr. pag. 18).
So della morte di Francesca Alinovi leggendo il giornale. Lei non la conosco personalmente, qualcuno però me ne ha parlato, mi ha dato il suo numero di telefono. Ho pensato di chiamarla, sto per pubblicare il primo album delle opere complete di Vaughn Bodé [amico di Ralph Bakshi, sul quale ha probabilmente esercitato un'influenza per i film d'animazione Wizards e Il Signore degli Anelli], un fumettista americano il cui lavoro mi pare alle origini di alcuni dei graffitisti che ho visto su una rivista. Le voglio chiedere un parere, la speranza di una recensione. (cfr. pag. 21).
LP degli Area |
Tornando all'Alinovi, il suo interesse per le nuove forme di espressione artistica, per l’arte in tutte le sue incarnazioni (numerosi e importanti i suoi studi sulla fotografia internazionale, inclusa quella asiatica e nipponica, testimoniati dalla prima parte del saggio La fotografia: illusione o rivelazione?, curato nel 1981 insieme a Claudio Marra ed edito da Il Mulino), per il visionario cinema fantastico di fine anni ‘70/inizio anni ’80 (spesso, nei suoi scritti, sono menzionati film come Alien e Guerre Stellari), per la musica (sottolinea più volte il talento vocale di Demetrio Stratos, cantante degli Area scomparso prematuramente), per il fumetto (tratta la rivista Linus e i lavori di Andrea Pazienza) e per il post-moderno (un suo importante contributo è inserito nel volume Una generazione post-moderna: i nuovi-nuovi, la postarchitettura, la performance vestita, edito da Mazzotta nel 1983), portando avanti una serie di studi e di ricerche dal carattere fortemente innovativo - il pionierismo della Alinovi è tale per cui, nei suoi scritti, quando parla di “videocassette” ricorre al termine “videotape”, poiché si trattava di un qualcosa ancora poco noto e diffuso nell’Italia di quel periodo -, culminanti nella raccolta, postuma, di scritti dal titolo L’arte mia (edita da Il Mulino nel 1984, con un disegno di Haring in copertina; oggi è reperibile solo in alcune biblioteche), la quale termina con il manifesto dell’Enfatismo, una corrente di avanguardia artistica teorizzata e sostenuta dalla Alinovi, il cui nome trae ispirazione (come spiegato in quest'intervista a Gino Gianuizzi, che di lei fu un grande amico) dall’Enfaticalismo citato nell’edizione italiana (nella versione originale il termine è “Empaticalismo”) del film Cenerentola a Parigi (1957) di Stanley Donen, con Fred Astaire e Audrey Hepburn.
Cenerentola a parigi |
Le ricerche e le pubblicazioni
della Alinovi, seppur attualmente di difficile reperibilità, rappresentano tuttora dei
testi essenziali per comprendere i forti mutamenti artistici avvenuti tra la
fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, le cui conseguenze e la cui non
ancora completa e corretta comprensione, fanno parte della nostra
contemporaneità. Proprio da queste considerazioni si può intuire quanto il soprannome di "musa" sia adatto a descrivere la personalità e il lavoro dell'Alinovi, la quale, ancora oggi, con i suoi scritti è in grado di stimolare l'attività di studio e di ricerca sul collegamento tra medium artistici, sugli effetti avuti su di essi dal dadaismo, e sulle relazioni che intercorrono tra l'arte e la società in cui viviamo, dove sempre più, come da lei profetizzato, ognuno di noi, oltre a sviluppare una propria idea di cosa sia arte e di cosa non lo sia, è anche teoricamente in grado di produrre e diffondere delle opere artistiche, utilizzando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
P. S. Sulla vita e sull'attività professionale di Francesca Alinovi è stato prodotto il documentario I Am Not Alone Anyway (2017) di Veronica Santi, presentato in anteprima al Biografilm Festival di Bologna nel 2017.
N.B. La prima edizione di quest'articolo è stata pubblicata sul n. 11 della rivista on-line FuoriAsse (reperibile qui), ad aprile 2014.
Un approfondimento sul rapporto tra Francesca Alinovi e Keith Haring è disponibile a questo link.
==============================================
N.B. (Aggiornamento del 06/02/2016): Grazie alla digitalizzazione completa dell'archivio storico del Corriere della Sera, sono ri-emersi alcuni articoli che vennero dedicati alla Alinovi e alle sue iniziative, come un pezzo intitolato Un'arte di frontiera (di R. A., pubblicato il 18/04/1984), dedicato alla mostra sui graffiti da lei ideata. In questo breve contributo viene fatta chiarezza sul titolo scelto dall'Alinovi per la sua mostra, spiegando come esso derivasse "dal fatto che la zona d'azione degli artisti era delimitata geograficamente ai margini della lussuosa Manhattan. I graffitisti, che rappresentano il gruppo più consistente della rassegna, agiscono estemporaneamente dipingendo con la vernice spray".
Si riporta, inoltre, il "manifesto dell'Enfatismo", che venne scritto da Francesca Alinovi e che è reperibile nel libro L'arte mia. La prima pubblicazione del manifesto avvenne sul numero 115 della rivista Flash Art nel 1983, edito in seguito alla morte della Alinovi.
Dal libro "Il mistero di via del Riccio" |
P. S. Sulla vita e sull'attività professionale di Francesca Alinovi è stato prodotto il documentario I Am Not Alone Anyway (2017) di Veronica Santi, presentato in anteprima al Biografilm Festival di Bologna nel 2017.
N.B. La prima edizione di quest'articolo è stata pubblicata sul n. 11 della rivista on-line FuoriAsse (reperibile qui), ad aprile 2014.
Un approfondimento sul rapporto tra Francesca Alinovi e Keith Haring è disponibile a questo link.
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N.B. (Aggiornamento del 06/02/2016): Grazie alla digitalizzazione completa dell'archivio storico del Corriere della Sera, sono ri-emersi alcuni articoli che vennero dedicati alla Alinovi e alle sue iniziative, come un pezzo intitolato Un'arte di frontiera (di R. A., pubblicato il 18/04/1984), dedicato alla mostra sui graffiti da lei ideata. In questo breve contributo viene fatta chiarezza sul titolo scelto dall'Alinovi per la sua mostra, spiegando come esso derivasse "dal fatto che la zona d'azione degli artisti era delimitata geograficamente ai margini della lussuosa Manhattan. I graffitisti, che rappresentano il gruppo più consistente della rassegna, agiscono estemporaneamente dipingendo con la vernice spray".
Si riporta, inoltre, il "manifesto dell'Enfatismo", che venne scritto da Francesca Alinovi e che è reperibile nel libro L'arte mia. La prima pubblicazione del manifesto avvenne sul numero 115 della rivista Flash Art nel 1983, edito in seguito alla morte della Alinovi.
L'Enfatismo |
Gli artisti dell'Enfatismo |
Bell'articolo, come sempre!
RispondiEliminaCurioso che quasi tutti gli artisti citati siano scomparsi prematuramente come la Alinovi: Basquiat, Haring, Pazienza, Bodè. Di quest'ultimo autore sono un fan e nel mio blog gli ho dedicato ben 13 post. E' vero sia che Bodè ha influenzato Bashki per Wizards, sia che c'è sempre lui, Bodè, all'origine dell'arte dei graffiti.
Ciao Ivano,
Eliminati ringrazio sia per l'apprezzamento, sia soprattutto per le conferme su Bodè e i suoi legami con Bashki e con i graffitisti.
ciao!mi chiamo nikki!avrei domande!lascio la mia email non conoscendo la vostra!ciao ciao logosluna@gmail.com ciao ciao nikki
RispondiEliminaCiao Nikki, l'indirizzo mail del blog a cui scrivere (montosi.blog@gmail.com) è presente nella pagina "info e contatti", cliccabile in alto a destra, sotto al nome del blog.
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