In seguito all'esordio di Linus avvenuto nel 1965, nacquero nel nostro paese anche altre riviste dedicate al fumetto internazionale. Tra di esse merita di essere ricordata la meno nota e meno fortunata Sgt. Kirk - pubblicata con periodicità variabile tra il 1967 e il 1979 dal genovese Ivaldi Editore, per un totale di 61 numeri, a cui va aggiunto il commemorativo n. 62 edito nel 1996 -, rivista che al suo interno ospitò interessanti articoli e approfondimenti sul vasto mondo del fumetto (alcuni dei quali firmati da Sergio Trinchero, da molti ricordato per il suo sodalizio televisivo con Nicoletta Artom) e del cinema, trattato senza alcun snobismo, tanto che vi apparve perfino un positivo articolo sul film fanta-erotico Flesh Gordon (1974) di Howard Ziehm e Michael Benveniste, parodia del celebre fumetto Flash Gordon ideato da Alex Raymond. Tra i tanti pregi di Sgt. Kirk va ricordata la pubblicazione, nel n. 33 del 1973 (luglio/settembre), di un interessante articolo sul fumetto in Giappone, nel quale, oltre a riproporre parte di quanto già scritto sui manga nel volume I Primi Eroi (edito da Garzanti nel 1962 e nel 1965), vengono aggiunte nuove informazioni e profetiche considerazioni.
Prima di trattare quanto scritto sui manga in quel numero di Sgt. Kirk, è opportuno fare un paio di passi indietro, per meglio comprendere lo spirito di interesse, ricerca e curiosità verso il mondo del fumetto mondiale che animava i collaboratori di quella rivista, e per conoscere l'antefatto che precedette la pubblicazione di quell'articolo.
Per quello che riguarda l'attitudine ricercatrice e divulgatrice dei collaboratori di Sgt. Kirk, si riporta come esempio emblematico un breve estratto da un dossier sul fumetto cinese (intitolato "I fumetti di Mao"), firmato da Ugo Scotto e apparso nel n. 19 (gennaio 1969) della rivista:
Sappiamo come i cartoonists americani vedono i cinesi: comici come Connie [personaggio presente in Terry e i pirati (edito dal 1934 al 1946) di Milton Caniff], pericolosi e perfidi come le spie e i guerriglieri affrontati da Johnny Hazard e Steve Canyon [riferimento alle opere Johnny Hazard (edito dal 1944 al 1977) di Frank Robbins e Steve Canyon (1947-1988) di Caniff], ma non sappiamo come i comics cinesi vedono noi e loro stessi. È l'altra faccia della Luna. Eppure, in Cina i fumetti esistono. (cfr. pag. 18).
Vignetta di un fumetto cinese, da Sgt. Kirk n.19 (1969) |
Questo desiderio di conoscenza e di divulgazione, spinge i collaboratori della rivista Sgt. Kirk a creare gradualmente una rete di contatti in tutto il mondo, volta a offrire ai lettori della rivista, preziose e aggiornate informazioni sulle caratteristiche delle storie a fumetti provenienti da tutto il mondo. Non deve dunque sorprendere se, sul n. 32 del 1973, all'interno della rubrica "etcetera" curata da Tommaso (cognome assente), si parla della ricezione di materiale proveniente dalla casa editrice giapponese Shogakukan, offrendone una breve e sommaria analisi:
Ci arriva da Tokio un malloppo di 250 pagine a fumetti dello Shogaku-kan e, per un attimo, ci sentiamo dei venusiani figli di [Ray] Bradbury che abbiano ricevuto, con il ritardo di qualche mila anni luce, il famoso lessico galattico americano. La prima intuizione, quella di iniziare a guardare dalla fine, sarà anche l'ultima. Arrivati a quella che noi chiamavamo erroneamente "copertina", ci permettiamo avventate osservazioni di cui un giorno ci pentiremo dal precordio. Per alcune storie ambientate all'estero, a capitoli di molte pagine si alternano altri telegrafici, che sbrigano la faccenda rapidamente: si tratterà di avventure riprese dall'occidente e "tagliate"? Per quelle giapponesi (come le altre da leggersi "normalmente", dall'alto in basso), i temi si allontanano dalla violenza "metropolitana" per occuparsi di vicissitudini ambientate tra i campi e lamentosissime, almeno a giudicare dalle lacrime, pessimamente disegnate come tutto il resto, ma pur sempre identificabili e ostentate. Ciò che accomuna i vari generi, è il singolare stacco di qualità tra sfondi e figure. Mani diverse, probabilmente, curano i primi e tirano via come possono le seconde. Nel lettering, da un minimo di otto ad un massimo di centinaia di puntini di sospensione... La pubblicità arriva tra le avventure su carta pelosa in veste ricca e patinata, con un sottokitsch incredibile. Non si ha idea di che cosa si insegni col "do it yourself nipponico": dal posacenere costruito con forchetta e cucchiaio alla donnina popputa con il cuore spostato in basso e al centro di 50 cm... La tazza del closet, a minacciosi cigni, invece, si trova già fatta. (cfr. pag. 45).
Esempio di pubblicità nipponica, da Sgt. Kirk n. 32 |
Come già accennato, nel numero seguente (il 33) di Sgt. Kirk (all'epoca trimestrale), viene pubblicato un maggiore e più approfondito articolo dedicato al fumetto giapponese (cfr. pag. 36/38), trattandone le origini, l'evoluzione e offrendo una breve panoramica sulle tipologie di storie in esso più ricorrenti e interessanti. Questa analisi, intitolata I "manga" nipponici, è firmata da Pietro Favari (in seguito docente al DAMS di Bologna) e ha inizio con la seguente spiegazione del termine "manga": "è il nome con cui in Giappone vengono definiti sia i fumetti sia le caricature e le vignette umoristiche".
Ad essa fa seguito un breve excursus sulla carriera di Katsushika Hokusai, considerato da Favari il pioniere dei manga, saltando dunque il periodo dei rotoli disegnati, citato in I Primi Eroi (cfr. qui) e a lungo oggetto di studio da parte dal regista Isao Takahata (cfr. qui):
I primi "manga" vengono fatti risalire al grande maestro della scuola Ukiyo-e, Katsushika Hokusai, vissuto dal 1760 al 1849, autore di circa 15 volumi di schizzi (chiamati appunto "manga"), eseguiti come modelli per essere copiati dagli allievi. Tra le innovazioni stilistiche e formali introdotte da Hokusai, e in qualche modo accostabili alla struttura narrativa propria dei fumetti, sono anche da annoverare la vena narrativa e il gusto per la notazione di costume. (...)
Alcuni dei suoi successori accentuarono le anticipazioni stilistiche nei confronti dei fumetti; ad esempio, Utagawa Kuniyoshi, vissuto dal 1798 al 1861, che per i suoi racconti di guerra utilizzò sovente la ripartizione in scene successive, la ricerca di dinamicità, l'impaginazione congegnata secondo esigenze di simultaneità della narrazione. Risalgono comunque agli inizi del nostro secolo i primi esempi di narrativa grafica modellati sul prototipo dei fumetti occidentali.L'articolo di Favari prosegue parlando di Jiji Manga (supplemento domenicale del quotidiano nipponico Jiji Shimpo), da lui paragonato all'italiano Corriere dei piccoli, del quale si citano le opere Tonda Haneko di Rakuten Kitazawa (1876-1955) e Doncia di Batten Nagasaki, entrambe già trattate in precedenza dal volume I Primi Eroi, senza aggiungere nessuna ulteriore informazione a quelle già reperibili all'interno del libro edito da Garzanti.
Dopo un breve accenno all'esistenza di opere di satira politica firmate da Rakuten Kitazawa e Okamoto Ippei (1886-1948), Favari prosegue parlando del senso di lettura da adottare per leggere i fumetti giapponesi, per poi iniziare a trattare il panorama delle pubblicazioni nipponiche più recenti:
Malgrado gli evidenti influssi del fumetto occidentale, le strisce giapponesi conservano tuttora il senso di lettura in verticale, dall'alto in basso e da destra a sinistra, contraddicendo le teorie gestaltiche sul senso di lettura, in orizzontale e da sinistra a destra [riferimento alla "psicologia della Gestalt"].
Attualmente i fumetti in Giappone godono di una grande diffusione e a tutti i livelli. Oltre alle traduzioni dei più famosi personaggi del momento (Valentina o i Peanuts) esiste una vastissima produzione autoctona.
A tale interesse, tuttavia, non corrispondono ancora equivalenti studi critici o storici. La produzione contemporanea, come si è detto, è molto vasta e comprende storie d'avventura e strips comiche. Le prime sono quasi sempre strutturate su modelli narrativi elementari e costanti, non dissimili da quelli proposti dai films di Hong Kong: un giovane buono e ingenuo viene raggirato e malmenato da una banda di prepotenti, successivamente si vendica sgominandoli tutti con l'aiuto del karaté o di altre arti marziali. Naturalmente, non mancano le imprese dei samurai, ambientate in un medioevo minuziosamente ricostruito.
Da Sgt. Kirk n. 33: Tavola dal manga Kage Gari ("Shadow Hunters", 1969), di Takao Saito Si ringrazia Andrea Accardi per l'identificazione del manga. |
L'articolo di Favari prosegue poi con la descrizione di quello che ritiene essere l'elemento di spicco di molte storie a fumetti nipponiche, affiancando alle sue parole una tavola intera di un manga horror di cui nel suo articolo non è indicato né titolo, né autore, ma che, in seguito alla sua prima edizione italiana ad opera della Granata Press negli anni '90 e alle successive riedizioni, è divenuto una delle opere nipponiche più note e apprezzate in Italia: Devilman (1972-1973) di Go Nagai.
Elemento dominante è la violenza, resa efficacemente con artifici grafici, con tagli insoliti nelle inquadrature e nella impaginazione, che danno all'immagine un ritmo notevolmente incalzante.
Devilman, da Sgt. Kirk n. 33 |
L'eleganza, quando è manifesta, ottenuta con un sapiente uso del bianco e nero e della composizione, conferma che non è andata dispersa la grande tradizione figurativa autoctona. Tra le serie d'avventura sono da ricordare i raffinati virtuosismi grafici di Golgo Thirteen [aka Golgo 13] di Takao Saito, una storia per adulti di azione e di spionaggio, e di The case book of Sabu and Ishi di Shotaro Ishimori [aka Sabu and Ichi's Detective Tales, di Shotaro Ishinomori, l'autore della saga dei Cyborg 009], avente a protagonisti due giovani investigatori dell'epoca medievale, di cui uno, pur essendo cieco, è maestro nell'arte di usare la spada [si tratta di Ichi, il cui nome allude a Zatoichi, personaggio creato dallo scrittore Kan Shimozawa e molto popolare in Giappone].
Sabu and Ichi, di Shotaro Ishinomori (fonte) |
Dopo essersi limitato a citare Osamu Tezuka come autore del fantascientifico "Blue Triton" (cioè Toriton), Favari tratta il filone sportivo e umoristico delle storie a fumetti nipponiche:
Ambientate nel mondo della boxe, del karaté e dello judo, sono rispettivamente Joe aming at tomorrow di Tetsya Chiba [si tratta di Ashita no Joe/Rocky Joe, di Asao Takamori e Tetsuya Chiba], Karaté Baca Icidai di Ghensaku e Kagimara Ikki [Karate Baca Ichidai di Ikki Kajiwara, Jiro Tsunoda e Joya Kagemaru], Jukio-Den di Barron Yoshimoto [Juukyouden di Baron Yoshimoto]. Queste storie di ambiente sportivo sono quasi sempre caratterizzate da meccanismi melodrammatici, da romanzo d'appendice, tradotti visivamente con l'uso di facili effettismi, spesso grossolani e granguignoleschi.
Numerose sono anche le strips comiche, pubblicate soprattutto sui quotidiani; leggendole si ha l'impressione che la comicità per i giapponesi coincida prevalentemente con il grottesco, spesso di gusto decisamente macabro. È il caso di Black Salesman di Fujo Fujiko [The Black Salesman, del duo Fujiko Fujio, autore di Doraemon e Carletto il principe dei mostri], e di Genius Bakabon di Fujo Akatsuba [Genius Bakabon/Tensai Bakabon di Fujio Akatsuka].
Da Sgt. Kirk n. 33, manga non identificato |
Nel complesso la produzione giapponese si qualifica interessante e di buon livello, tale quindi da non sfigurare se confrontata con la locale produzione cinematografica ed artistica.Tuttavia il vero e proprio boom del fumetto giapponese in Italia, inizierà solo negli anni '90 con l'attività della già citata Granata Press e soprattutto solo in seguito alla massiccia diffusione delle serie animate nipponiche sulle reti televisive italiane. A parte tutto ciò, l'articolo dedicato al fumetto giapponese apparso su Sgt. Kirk, permette di ricordare una delle più interessanti riviste italiane dedicate al mondo del fumetto, andata purtroppo semi-dimenticata in questi ultimi decenni, ma che ha pubblicato molti articoli capaci di sorprendere ancora oggi e di offrire numerosi spunti di interesse anche alle nuove generazioni, come dimostrato da quest'ulteriore e ultimo esempio: la recensione del film Guerre Stellari (1977) di George Lucas, ad opera di Claudio Bertieri, pubblicata su Sgt. Kirk n. 56 (1978):
Pertanto, giacché da tempo l'industria giapponese ha decisamente puntato sull'Europa in cerca di spazio vitale per radioline, moto, macchine fotografiche, l'invasione delle storie a quadretti non è previsione azzardata.
Sui fumetti cinesi, mi pare interessante notare che quell'articolo di Scotto pubblicato nel 1969 su Sgt. Kirk anticipa di due o tre anni l'omonimo libro “I fumetti di Mao” a cura di Umberto Eco, Gino Nebiolo e Jean Chesneaux (Laterza 1971), che recuperai da un rigattiere tanti anni fa.
RispondiEliminaRicordo benissimo l'articolo di Favari. Su quelle poche tavole pubblicate sul Sgt.Kirk, soprattutto su quella di Devilman (che io avevo battezzato per l'appunto "Blue Triton") ho fondato parte del mio immaginario. Se può interessarti, la prima tavola, quella con i samurai, è tratta dal manga di Takao Saito "Kagegari" (影狩り).
RispondiEliminaGrazie, i tuoi articoli sono interessantissimi.
Ciao Andrea, ti ringrazio per l'apprezzamento e per le informazioni sul manga a cui appartiene la prima tavola inserita nell'articolo di Favari. Provvedo a inserire questa informazione nell'articolo.
EliminaA presto, ciao!