Dopo l'approfondimento in due parti dedicato al film d'animazione giapponese La volpe con nove code (1968, trasmesso direttamente dalla Rai nel 1972), è giunto il momento di porre l'attenzione su di un altro lungometraggio nipponico poco noto, ma molto affascinante, che giunse nei cineclub italiani a partire dal marzo 1975 (l'anno del "Massacro del Circeo"), dopo aver partecipato al Festival del Cinema di Berlino nel 1973, suscitando reazioni contrastanti nella critica cinematografica italiana, divisa tra apprezzamenti e stroncature. Si tratta di Belladonna (titolo originale nipponico: "Kanashimi no Belladonna", titolo internazionale: "Belladonna of Sadness", 1973) di Eiichi Yamamoto, ambientato nella Francia medievale e liberamente ispirato al saggio storico romanzato La Strega (1862) di Jules Michelet (1798-1874), libro incentrato sulle atroci violenze e persecuzioni commesse per ragioni politiche-religiose in Europa nei confronti delle donne e degli appartenenti alle religioni pagane, trattando ad esempio gli eventi delle suore ossesse di Loudun e della conseguente condanna al rogo di Urbain Grandier (1590-1634), raccontati anche da Aldous Huxley nel suo saggio storico I diavoli di Loudun (1952) e dal regista Ken Russell nel film I Diavoli (1971), quest'ultimo preceduto dal film polacco Madre Giovanna Degli Angeli (1961) di Jerzy Kawalerowicz, pellicola distribuita anche in Giappone e nota a Hayao Miyazaki.