domenica 10 luglio 2016

Ufo Robot Goldrake e il terrorismo giapponese: l'episodio 59





Tra i vari spunti di interesse offerti dalla serie tv giapponese
Ufo Robot Grendizer (1975-1977, da noi nota come "Atlas Ufo Robot", "Ufo Robot Goldrake", o più semplicemente "Goldrake") finora non del tutto approfonditi in Italia, c'è il caso di una delle sue puntate più apprezzate in madrepatria, la n. 59, incentrata sul tema del terrorismo e rimasta inedita nella prima edizione italiana della serie curata dalla Rai alla fine degli anni '70. Si tratta, inoltre, di un modo per trattare e approfondire la storia del terrorismo giapponese, a molti sconosciuta nel nostro paese, e per smentire alcune delle più immotivate accuse che vennero rivolte alla serie animata in Italia.


È Dario Fo, sulle pagine del quotidiano L'Unità, ad avanzare un accostamento tra Goldrake e i terroristi: "Se Goldrake è l'angelo sterminatore, il vendicatore che si "sacrifica" per il povero uomo della strada (in fondo c'è dentro la stessa idea dei terroristi), se Goldrake è un personaggio creato da un prestigiatore dello spettacolo, ci vuole un altro prestigiatore che sveli l'arcano, che demistifichi la macchina, che ne mostri il ridicolo" (cfr. l'articolo E io sono pronto ad andare in televisione per battere quel robot, L'Unità, 13/04/1980; consultabile a questo link e nel blog Imago Recensio).

In realtà, le cose stavano in modo nettamente diverso, come può testimoniare chiunque abbia seguito con attenzione la serie animata e in particolare l'episodio 59, intitolato "Commando da Vega" (aka "Il commando dei giovani veghiani", o "Il commando di ragazzini"), trasmesso in Giappone il 14/11/1976 e purtroppo rimasto inedito in Italia fino al momento della pubblicazione in dvd da parte della D/Visual, forse per via del clima difficile degli "anni di piombo".

Dall'ep. 59:
Dageer (al volante) e i cinque ragazzini del commando

In quella puntata si racconta di come, sulla luna, cinque ragazzini veghiani (incluso un bambino), figli delle Guardie Imperiali di Re Vega, vengano indottrinati da Dageer, un ufficiale dell'esercito veghiano, ad attaccare la Terra, per liberarne la popolazione dal malvagio influsso di Duke Fleed/Daisuke Umon (Goldrake/Actarus) e per consentire ai veghiani di trasferirsi su quel pianeta. I ragazzini, dopo aver riflettuto, accettano ed entrano in missione, compiendo un'azione terroristica che li consente di prendere possesso della torre di controllo di un aeroporto militare, trattenendo degli ostaggi e avviando una trattativa prima con i militari, poi direttamente con Duke Fleed accorso sul posto con il suo robot. I cinque giovani veghiani si dichiarano pronti anche a farsi esplodere con gli ostaggi per compiere la propria missione e, purtroppo, a poco valgono i tentativi di Duke Fleed di scuoterli e di farli riflettere su come stanno realmente le cose. Tutti e cinque, a causa di diverse circostanze e dell'imprudenza del loro addestratore, vengono colpiti mortalmente proprio da Dageer, a sua volta ucciso da Duke, il quale, al termine dell'episodio, si reca sul luogo in cui è precipitato il robot guidato dai ragazzini, inginocchiandosi e piangendo per la tragedia che si è consumata, rappresentata simbolicamente da un fiore spezzato sotto la pioggia.

Dal finale dell'ep. 59:
Duke Fleed e il fiore spezzato, simbolo di quella gioventù infranta

Le lacrime di Duke per quei ragazzi plagiati che hanno perso la vita

L'inquadratura finale dell'ep. 59

Per comprendere le ragioni che spinsero lo staff della Toei Animation (l'azienda produttrice della serie, creata insieme al fumettista Go Nagai e alla sua azienda Dynamic), a trattare il tema del terrorismo in quel modo (dopo aver già affrontato l'argomento dell'imposizione di una missione suicida nell'ep. 9, con la vicenda della comandante Mineo), è bene ricordare quanto già accennato nell'articolo dedicato al dossier del governo nipponico sull'animazione robotica prodotta nel paese del Sol Levante, dove si sottolineava come quel filone fantascientifico sia strettamente associato al contesto storico in cui vennero prodotte quelle opere animate, cioè ai cambiamenti sociali, industriali, tecnologici e mediatici della società nipponica, ai quali va aggiunta la mutazione della percezione dell'animazione da parte della popolazione, che gradualmente iniziò a comprendere come anche adolescenti e studenti universitari potessero appassionarsi a opere animate televisive e cinematografiche di genere fantascientifico. In proposito, si può leggere questa testimonianza di un'appassionata nipponica, pubblicata sul forum italiano Go Nagai.net, o le interviste a cinque membri del giapponese "Grendizer Fan Club", pubblicate sul Roman Album dedicato alla serie animata (edito nel dicembre 1978), e reperibili in versione italiana a questo link del sito web nagaifans.it.

Al centro, da sinistra:
il produttore Toei Toshio Katsuta, Go Nagai e due membri del Grendizer Fan Club.
Foto tratta dal Roman Album dedicato a Goldrake

Tre membri del Grendizer Fan Club.
Foto tratta dal Roman Album dedicato a Goldrake

Il terrorismo in Giappone ottenne molta risonanza mediatica negli anni '70, per via della trasmissione in diretta tv della conclusione del cosiddetto "assedio del monte Asama" (Asama Sanso Incident), causato da cinque appartenenti (tra cui un sedicenne) al gruppo terroristico di estrema sinistra Rengo Sekigun (noto anche come "Japanese Red Army" o "United Red Army", mentre in Italia, sui quotidiani di quel periodo e anche in articoli più recenti, è spesso chiamato "Esercito Rosso" o "Esercito della Stella Rossa") nel febbraio del 1972, evento ricordato perfino dal regista Nagisa Oshima nel suo documentario Il cinema giapponese ha 100 anni (100 Years of Japanese Cinema, 1995).

Come se non bastasse, si venne a conoscenza del fatto che un gruppo del Rengo Sekigun, sempre nel febbraio del 1972, aveva ucciso, durante un periodo di estrema radicalizzazione politica, 14 dei propri membri, ritenuti inadeguati a continuare a farne parte e pertanto da punire con la tortura e con la morte. Sia le circostanze del "periodo della radicalizzazione", sia quelle dell'assedio, sono raccontate nel film United Red Army (2007) di Koji Wakamatsu - regista che aveva conosciuto personalmente alcuni membri del Rengo Sekigun, firmando nel 1971, insieme a Masao Adachi, il loro film di propaganda Armata Rossa - PFLP: Dichiarazione della guerra mondiale (Red Army/PFLP: Declaration of World War, o "Sekigun-PFLP World Revolutionary Manifesto" secondo la traduzione di Patricia Steinhoff) -, nel cui epilogo viene fornito il seguente bilancio dell'assedio del monte Asama: "mobilitati 1.635 poliziotti antisommossa, uccisi 2 poliziotti e un civile, 27 feriti; armi utilizzate dalla polizia: 3.126 lacrimogeni, 326 fumogeni, 96 proiettili di gomma, 83 razzi, 15.85 tonnellate di acqua" [sparate con gli idranti].

Locandina del film di Koji Wakamatsu

Oltre ad azioni interne al Giappone, una sezione autonoma del Rengo Sekigun (per un periodo chiamata "Arab Red Army") colpisce anche all'estero, compiendo il "massacro dell'aeroporto di Lod" a Tel Aviv (Israele) il 30 maggio 1972, effettuato da tre uomini che, improvvisamente e senza una ragione apparente, sparano e lanciano granate sulle persone presenti all'interno dell'aeroporto - oggi noto col nome di "Ben Gurion" -, uccidendone 26 (tra cui 17 pellegrini cristiani di Porto Rico) e ferendone 79 (80 secondo questo bilancio). Due dei terroristi muoiono, mentre il terzo, Kozo Okamoto - ventiquattrenne studente universitario di agraria a Kagoshima -, sopravvive e viene processato, rivelandosi il fratello minore di Takeshi Okamoto, anch'esso appartenente al Rengo Sekigun e ad un gruppo composto da studenti universitari che, il 31 marzo 1970, aveva dirottato un aereo civile giapponese per potersi dirigere in Corea del Nord, rivendicando l'azione con un testo (si presume ad opera del dirottatore Tamiya Takamaro, secondo questa e altre fonti), la cui conclusione conteneva la frase "Noi siamo Ashita no Joe", facendo riferimento al manga e anime noto in Italia come "Rocky Joe", all'epoca molto popolare in Giappone presso gli studenti universitari e i giovani di sinistra (in proposito si veda la tesi Dreams from Below: Yumeno Kyusaku and Subculture Literature in Japan, di Nathan Clerici, 2013, University of British Columbia, reperibile in formato pdf nel web).

Il massacro all'aeroporto di Tel Aviv, compiuto dai terroristi giapponesi
Dal quotidiano L'Unità del 01/06/1972

La città di Tokyo e Joe Yabuki, il protagonista di Ashita no Joe (Rocky Joe)

Cartellone con Joe Yabuki.
Apparso in un corteo politico di sinistra durante il primo maggio a Tokyo (anno 1970 o 1971).
Dal documentario francese Kashima Paradise (1973)

Descrizione biografica di Kozo Okamoto,
dal Corriere della Sera del 02/06/1972

Il conseguente e immediato processo israeliano a Okamoto ottiene una vasta risonanza mediatica in tutto il mondo, spesso effettuando un parallelo tra il terrorista giapponese e il nazista Adolf Eichmann, anch'esso processato in Israele nel 1961:

Al processo contro lo studente giapponese Kozo Okamoto (...) le autorità israeliane hanno dato, scrivono gli inviati della stampa internazionale, un rilievo spettacolare, secondo soltanto a quello conferito a suo tempo al processo contro Eichmann, che si concluse con la condanna a morte e l'impiccagione del criminale nazista. Ma, come scrive l'inviato del Figaro, il dibattito "ha preso gli israeliani in contropiede".
Infatti, "tutto sembra andare contro il buonsenso". Se Eichmann tentava una disperata autodifesa, sfruttando il margine di incertezza sul suo ruolo in questo o quello dei crimini contestatigli, Okamoto, che ha agito personalmente e sotto gli occhi di tutti, non può e non vuole negare. Egli "non soltanto ammette tutte le accuse, ma visibilmente desidera essere condannato a morte". Quello che si sta manifestando è per il giornalista francese "un divario di culture, di valori e di civiltà". Da una parte, egli scrive, "c'è la volontà del governo israeliano di mostrare al mondo i pericoli del terrorismo arabo"; dall'altra, quella che egli definisce "la volontà del rappresentante di una certa gioventù giapponese di testimoniare il valore di una violenza rivoluzionaria che sembra richiamare l'attenzione solo quando è portata fuori dalle frontiere nazionali".
Nulla è ancora emerso dal processo che possa illuminare la figura di Okamoto. I resoconti israeliani del suo contegno in carcere ce lo presentano a tratti come un uomo violento e deciso, che minaccia di uccidere a colpi di karatè la guardia messa a dormire nella sua cella, a tratti come "un bambino spaurito, che non vuole ammettere di essere pentito del suo operato". (...)
[Il massacro all'aeroporto] fu, tra l'altro, un pessimo servigio reso alla causa palestinese, un modo così efficace di procurarle dei nemici che viene fatto di chiedersi a quale disegno obbedissero, in realtà, i suoi ideatori.
(cfr. l'articolo Il processo Okamoto, di E. P., L'Unità, 13/07/1972)
 Uno specialista (1999) di Eyal Sivan.
Documentario formato da riprese del processo a Eichmann.
(fonte e info)

Riguardo alle sue "motivazioni", Okamoto rilasciò queste dichiarazioni durante il processo:
Tre di noi, soldati dell'esercito unito rosso, decidemmo di compiere un'azione rivoluzionaria decisiva... la nostra è una rivoluzione mondiale. La guerra rivoluzionaria continuerà... noi dobbiamo stabilire il potere proletario mondiale. Quando eravamo ragazzi ci dissero che alla nostra morte saremmo divenuti stelle nel cielo. Noi, gli attaccanti di Lod, volevamo diventare tre stelle di Orione. La rivoluzione continuerà e vi saranno molte stelle... Se siamo convinti che finiremo nello stesso cielo, per risplendere insieme, allora possiamo avere la pace nel cuore. (...)
Speravamo di suscitare fervore spirituale nel mondo arabo. Questo era il motivo della nostra collaborazione con il Fronte Popolare... Essi ci proposero l'attacco a Lod ed il mio capo "Zero" (nome di battaglia di Okudaira [riferimento a Tsuyoshi Okudaira, noto anche come Takeshi, uno dei due terroristi morti nella strage di Tel Aviv]) lo approvò... Io sono un soldato. Obbedii ad un ordine e mi associai a questa operazione.
(cfr. l'articolo Lunedì il verdetto per il 'kamikaze', comunicato Ansa pubblicato sul quotidiana La Stampa il 14/07/1972)
Dalla versione integrale del documentario Le figlie della rivoluzione (2010)
titolo italiano di Children of Revolution di Shane O'Sullivan

L'aeroporto di Tel Aviv, dopo la strage.
A terra, vicino al sangue, si trova anche una bambola.
Dalla prima pagina del Corriere della Sera del 31/05/2012

Dal quotidiano La Stampa del 02/06/1972

Il processo a Okamoto terminò con la sua condanna all'ergastolo, per poi essere rilasciato dalle autorità israeliane nel 1985, per via di uno scambio di prigionieri.

Armata Rossa - PFLP: Dichiarazione della Guerra Mondiale
(aka Red Army/PFLP: Declaration of World War)
(fonte)

Dopo la strage di Tel Aviv, le azioni del gruppo proseguono anche con l'attacco all'ambasciata francese all'Aja (Olanda) il 13 settembre 1974, mentre nel frattempo emerge il ruolo chiave ricoperto all'interno dell'organizzazione terroristica da una donna, Fusako Shigenobu (nata nel 1945), moglie di Tsuyoshi Okudaira, alleata del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) di George Habash, e amica della palestinese Leila Khaled. Così, il 14 settembre 1974, il telegiornale francese 24 Heures sur la Une (lett. "24 ore in prima pagina") descrive il gruppo della Shigenobu e l'assalto all'ambasciata:
Poco prima delle cinque di ieri pomeriggio, un commando formato da tre membri dell'Armata Rossa Giapponese ha fatto irruzione nell'ambasciata francese all'Aja, prendendo in ostaggio l'ambasciatore e otto membri dello staff e ferendo due poliziotti olandesi che hanno provato ad intervenire. Il commando giapponese ha immediatamente richiesto il rilascio di uno dei loro membri detenuto nella "Prison de la Santé" a Parigi. L'Armata Giapponese è già tristemente nota. Basti ricordare l'orribile massacro all'aeroporto di Lod a Tel Aviv, avvenuto nel maggio del '72, in cui 26 persone furono uccise e 86 ferite. Sappiamo inoltre che, col loro fanatismo, i membri dell'Armata Rossa sono pronti a commettere l'estremo sacrificio in qualsiasi momento, rendendo terribile ogni loro singola operazione.
L'Armata Rossa Unita è un gruppo d'ispirazione trotskista nato in Giappone negli anni '60. Questa organizzazione di fanatici ha subito dimostrato di essere terribilmente pericolosa, facendo della violenza la propria ragione d'essere. Per giustificare i suoi orrendi atti, il gruppo si è dato un obiettivo alquanto vago: la Rivoluzione Mondiale. Esso ha ripetutamente esposto il Giappone a eventi sanguinosissimi. Guidato da una donna chiamata "Miss Fusako" esiliata a Beirut [Libano], l'Armata Rossa ha catalizzato l'attenzione internazionale per i suoi attacchi a nome del Fronte di Liberazione della Palestina di Habash, "il dottore", per i dirottamenti aerei, [per] un attacco ad una raffineria petrolifera a Singapore, [per] la cattura di ostaggi all'ambasciata giapponese del Kuwait. Ma la loro azione più violenta è stata il massacro all'aeroporto di Lod in Israele nel '72. Un commando di tre uomini ha aperto il fuoco su una folla di passeggeri in attesa d'imbarco: 27 morti e 86 feriti [bilancio alternativo a quelli sopracitati]. Un solo membro del commando kamikaze è sopravvissuto: Kozo Okamoto, tuttora in prigione a Tel Aviv. L'Armata Rossa ha tentato di liberarlo in svariate occasioni.
(cfr. il documentario francese L'anabasi di May e Fusako Shigenobu, Masao Adachi e 27 anni senza immagini [2011], di Eric Baudelaire; l'attacco all'ambasciata è mostrato all'interno della miniserie televisiva francese Carlos [2010], dedicata al terrorista venezuelano noto come "Carlos lo Sciacallo")
Fusako Shigenobu nel 1972
(fonte)

Grafico delle alleanze del FPLP di George Habash,
dal Corriere della Sera del 01/02/1992

Giornalisti e autorità di tutto il mondo iniziano a compiere delle indagini su Fusako Shigenobu, dalle quali emerge come essa sia la figlia di un estremista di destra, Sueo Shigenobu, in passato membro del gruppo eversivo Ketsumeidan ("League of Blood" o "Blood Brotherhood", "Lega di sangue" o "Fratellanza di sangue"), coinvolto nell'ascesa del militarismo nel Giappone degli anni '30 e in una serie di attacchi terroristici che comportarono l'uccisione del Primo Ministro nipponico Tsuyoshi Inukai, avvenuta il 15 maggio 1932 (evento noto come "The May 15 Incident", o The League of Blood Incident), giorno in cui si sarebbe dovuto compiere anche l'assassinio di Charlie Chaplin (presente a Tokyo in quelle stesse ore), come raccontato in questo articolo del Japan Times. All'omicidio di Inukai e al Ketsumeidan traggono ispirazione il romanzo Cavalli in fuga (1969) di Yukio Mishima e la serie tv animata Ghost in the Shell: Stand Alone Complex 2nd GIG (2004-2005).

Articolo nipponico del quotidiano Osaka Mainichi Shimbun dedicato agli eventi del 15 maggio 1932
(fonte)

Tornando a Sueo Shigenobu, in seguito a quelle circostanze, ricoprì la carica di Maggiore dell'esercito imperiale giapponese, assegnato alle truppe impegnate in Manciuria (Cina) prima e durante la seconda guerra mondiale - 
secondo questa fonte, il suo ruolo venne considerato "minore" dagli USA e per questo non processato al termine del conflitto -, mentre riguardo alla propria figlia, nell'articolo A Girl behind Red Army terrorists di Mark Frankland (edito sul quotidiano australiano The Age il 07/08/1975, consultabile qui), è riportata la seguente dichiarazione dell'uomo: "Noi abbiamo provato a cambiare il potere politico (...) allo scopo di creare una società delle persone. E ora tu [riferito alla figlia] devi fare ciò che tu credi sia giusto per la causa della giustizia". Invece, secondo l'articolo Terror group back in prominence di K. P. Hong (pubblicato il 21/04/1988 sul quotidiano statunitense Times-News e reperibile qui), Fusako e suo padre ebbero spesso delle accese discussioni sulla politica.

Foto di Fusako Shigenobu
(fonte)

Per quello che riguarda i restanti membri del Rengo Sekigun, venne tracciato il seguente profilo sul quotidiano La Stampa:
La storia dei ribelli del Sekigun è simile: sono giovani istruiti, di classe media, provengono da piccole città o da centri rurali e hanno scelto la via del terrorismo dopo essere venuti a contatto con la società affollata e tumultuosa delle Università. La loro disciplina è assoluta e viene imposta con la forza: quattordici terroristi dell' "Armata rossa" furono assassinati dai loro compagni per leggere infrazioni disciplinari o per deviazione ideologica.
(cfr. Chi sono i cinquanta dell'Esercito Rosso, di Renato Proni, La Stampa, 05/10/1977)
La Shigenobu, successivamente, compì ulteriori attacchi terroristici, colpendo anche l'Italia, il 14 aprile del 1988 a Napoli, preparando insieme a Junzo Okudaira (fratello dell'ex marito della Shigenobu, ritenuto responsabile di un attentato a Roma contro l'ambasciata britannica e americana, avvenuto il 9 giugno 1987), l'esplosione di un'autobomba davanti a una sede dell'USO (United Service Organizations) in via Calata San Marco, provocando la morte di 5 persone e rivendicando l'attentato a nome dell'"Organizzazione delle Brigate della Jihad".

Dal Corriere della Sera del 19/02/1997

Ritenuta la "regina (o l'imperatrice, o l'amazzone) del terrorismo internazionale" e "la donna terrorista più pericolosa al mondo", la Shigenobu venne arrestata in Giappone nel novembre del 2000, poiché in possesso di un passaporto intestato a un uomo. Tuttavia, durante l'arresto si dimostrò sorprendentemente allegra, sollevando i pollici e rivelando al mondo intero di avere una figlia, May (o Mei) Shigenobu, il cui nome (frutto di un gioco di parole tra inglese e giapponese) deriva dal mese della strage all'aeroporto di Tel Aviv, ma la sua nascita non fu frutto del marito della Shigenobu, bensì di un guerrigliero palestinese dall'identità pubblicamente sconosciuta, come raccontato in questa intervista alla BBC dalla stessa May (divenuta una giornalista professionista), la quale, in merito all'origine del proprio nome e di parte del suo passato, ha dichiarato:
Mi chiamo Mei, il cui kanji [ideogramma] significa "vita". Hanno pensato a questo nome perché è preso dalla parola "rivoluzione" ["kakumei", in giapponese] e perché significa anche vita. Anche perché maggio ["may", in inglese] è stato un momento particolare per i compagni di mia madre. In quel periodo due compagni sacrificarono la propria vita per quello in cui credevano. Quindi il mio nome si riferisce anche al mese di Maggio. Ecco perché preferisco scriverlo così: "May". Ma quando mi sono registrata all'anagrafe per avere la nazionalità giapponese, mia madre ha preferito farlo in alfabeto katakana, l'alfabeto giapponese usato per i nomi stranieri. In realtà non ho mai usato il mio nome fino a sette anni fa, e non l'ho mai conosciuto fino, credo, alla mia adolescenza. In particolare, non ho mai conosciuto il mio cognome fino ai miei 16 o 17 anni. (...)
Mia madre era nella lista dei ricercati ed era un bersaglio per i servizi segreti israeliani, il Mossad. Correvamo continuamente il rischio d'essere arrestate o uccise, quindi avevamo pensato a un piano d'emergenza. Per esempio, se mia madre fosse stata arrestata avrebbe detto d'avere una figlia, cosa che fino ad allora non si sapeva, e avrebbe rivelato così la mia esistenza, per farmi ottenere una vera nazionalità o un vero documento d'identità, cosa che per tutto quel tempo non avevo avuto.
(cfr. il sopracitato documentario di Eric Baudelaire)
May Shigenobu
(fonte)

Come si è potuto intuire leggendo tutte queste informazioni legate al terrorismo giapponese, approfondirne la conoscenza può rivelarsi molto utile per tentare di comprendere maggiormente il nostro presente, nonché per capire il valore di quella puntata di Ufo Robot Goldrake in cui si tentò di sensibilizzare gli spettatori su quanto sia atroce chiedere a un gruppo di giovani di compiere folli azioni terroristiche di quel genere.

P. S. 31/03/2018. La scrittura di questo articolo è stata resa possibile anche per via dell'influenza di Dolores O'Riordan (1971-2018), la cantante dei Cranberries, e in particolare della sua canzone "Zombie", incentrata sul tema del terrorismo. A Dolores è dedicato questo approfondimento presente nel blog.

5 commenti:

  1. Articolo molto interessante!
    Ho letto qualcosa in merito all' Esercito Rosso Giapponese che negli Anni 70 era anche stupidamente mitizzato da un buon numero di militanti dell'ultrasinistra e anche su Fusaku Shigenobu. Su di lei e sulla figlia May ho visto un paio d'anni fa, forse meno, un vero e proprio film per la tv, mi par di ricordare francese (lo conosci? o sto dicendo sciocchezze?) Tra l'altro in quel film la Shigenobu veniva comparata a una persona ingiustamente privata della libertà, trattata come un'eroina. Personalmente capisco benissimo, e in parte subisco, il fascino di certe figure di "rivoluzionari/e", ma se ricordo bene quel film ne incensava la figura, descrivendola come una specie di martire... Il tutto era, mi pare, trasmesso da Rai5. Purtroppo non è facilissimo avere informazioni in lingua italiana su questo particolare argomento, quindi a maggior ragione ti ringrazio per il bellissimo articolo!
    Un caro saluto.

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  2. Grazie Orlando per l'apprezzamento e per l'interessante commento!
    Sulla Shigenobu e su sua figlia ho visto vari film e documentari nel corso degli anni, e in pratica nessuno da solo mi è sembrato adeguato a farsi un'idea completa ed esauriente della Shigenobu. E' necessario incrociare più fonti per tentare di capire chi sia realmente.
    Dalle cose che scrivi dovrebbe trattarsi del film "L'anabasi di May e Fusako Shigenobu, Masao Adachi e 27 anni senza immagini" di Eric Baudelaire, girato mostrando principalmente dei paesaggi con le voci fuori campo di May e del regista Masao Adachi, dove (per chi non conoscesse bene i retroscena storici) non si capiscono in modo chiaro le ragioni della latitanza della Shigenobu e di sua figlia.
    Anche nella versione trasmessa da Rai Storia del documentario "Le figlie della rivoluzione", ci sono molte cose che non sono chiare, perché si tratta di una versione tagliata (la versione trasmessa dura circa 50 minuti, mentre quella originale quasi 90 minuti, dove ci sono ad esempio delle immmagini crude della strage di Tel Aviv). Anche nella versione integrale comunque si faticano a capire alcune cose sulla Shigenobu e, se ricordo bene, ci sono anche delle omissioni su alcuni fatti (ad esempio, credo non venga menzionata l'autobomba di Napoli). Di questo documentario comunque vorrei parlarne meglio prossimamente nel blog, in modo da trattarlo per bene, perché è davvero molto interessante, nonostante qualche lacuna. Lì ad esempio c'è la figlia di Ulrike Meinhof che spiega come sia costretta a confrontarsi con delle persone che mitizzano sua madre perché la vedono come un'eroina, quando in realtà le cose stanno in modo molto diverso, come spiegato (soffrendo visibilmente) dalla figlia e da altre persone. La figlia aggiunge anche che, secondo lei, queste cose accadono perché la Germania non ha ancora del tutto fatto i conti storici con gli anni '70 e con la RAF, e credo che lo stesso ragionamento valga anche, a maggior ragione, per la Shigenobu e per il Giappone. E anche per l'Italia, dove di questi argomenti si parla troppo poco.
    Grazie ancora per il tuo commento! A presto, ciao!!

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  3. Ora ho fatto mente locale: ho visto, recentemente, proprio "Le figlie della rivoluzione", in cui alla fine c'era anche la figlia di Ulrike Meinhof (e ricordo benissimo il suo profondo disagio...); mentre mi pare che la figlia di Shigenobu della madre in tutt'altri toni. Nella mia sciocca ingenuità non immaginavo che la rai "tagliasse" persino i documentari... In effetti ricordo che alla fine della trasmissione dicemmo "ma non hanno approfondito nulla du nulla!" e in effetti forse vedendolo integralmente qualche approfondimento in più ci sarebbe stato.
    Rispetto alla Meinhof ci tengo solo a dire una cosa: il fatto di essere contro la turtura - sempre e comunque - e quindi l'essere/essersi grandemente indignati per le brutte, orribili fini che hanno fatto i membri della Baader-Meinhof, così come per gli inumani trattamenti che hanno subito in carcere, per quanto mi riguarda non significa minimamente giustificare o appoggiare la logica terroristica che guidò quel gruppo. Lo stesso, per quanto mi riguarda, vale per tutte le persone detenute: sono e resterò sempre contro la tortura e la pena di morte.
    Attendo con ansia l'approfondimento sul documentario!
    Grazie ancora e perdona la piccola invadenza :)
    Orlando

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  4. Prego Orlando e non preoccuparti, hai fatto bene a esprimere la tua opinione su quello che è successo alla Meinhof e agli altri membri del suo gruppo in carcere. Infatti nella versione integrale di "Le figlie della rivoluzione" viene trattato anche questo aspetto.
    A presto, ciao!

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  5. Articolo veramente interessante. Non conoscevo la puntata 56 e non conosco nulla del terrorismo giapponese, ma alcuni aspetti della faccenda sembrano ricondurre (probabilmente è una visione superficiale) a certi luoghi comuni occidentali sul fanatismo dei giapponesi e sul loro carattere nazionale improntato alla durezza e al sacrificio.
    Terroristi torturati e uccisi perché non si sono dimostrati "all'altezza" dei loro compagni e della causa? E' certamente un approccio inusuale al terrorismo "rosso" (non tanto l'esecuzione di chi sbaglia, ma le torture). Viene da pensare che un giapponese si trovi "meglio" con la mentalità jihadista. Abbastanza agghiacciante anche la dichiarazione di Okamoto "siamo Rocky Joe" e la faccenda delle stelle di Orione. Fa pensare a un atto terroristico compiuto per l'atto "in sé", per l'estetica piuttosto che per uno scopo ideologico. La parola "proletario" in un tale contesto mi sembra che abbia poco senso, la si potrebbe anche sostituire con "credente" o "indipendentista" o altro. Basta che ci sia l'atto. Per quel poco che ne so (e ripeto che probabilmente sbaglio), mi fa pensare a Mishima.
    C'è veramente molto su cui riflettere.

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