giovedì 12 maggio 2022

Christiane F. e Toni Morrison - Dai documentari di Claire Laborey, la forza dei libri nel raccontare in profondità popoli e società



"Un volto tormenta la Germania Ovest alla fine degli anni '70. Uno sguardo allerta un intero Paese: la sua gioventù è alla deriva. Christiane F. vive a Berlino Ovest, al tempo circondata dal muro. Ha 13 anni, si droga e si prostituisce per pagarsi le dosi di eroina. (...) L'onda d'urto è immediata. I tossicomani non saranno mai più visti nello stesso modo".


È questo il coinvolgente incipit del documentario Christiane F. - Una generazione tossica (2021, titolo originale francese: "Moi, Christiane F., 13 ans, droguée, prostituée... - Une génération perdue"), scritto e diretto da Claire Laborey, in precedenza già autrice di Toni Morrison e i fantasmi dell'America (2020, aka "Toni Morrison: scrittrice attivista", trasmesso in Italia da Sky Arte, reperibile anche su Now Tv a questo link), due documentari che, per via del loro approccio antropologico, offrono allo spettatore uno sguardo in profondità sulla società tedesca della fine degli anni '70 e su quella statunitense, quest'ultima raccontata dal punto di vista della comunità afroamericana, scesa in strada, insieme ad altre persone, per protestare contro la morte di George Floyd nel 2020.

Nel documentario dedicato al libro Christiane F. - Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino (1978, pubblicato in Italia tre anni dopo) e all'omonimo film di Uli Edel prodotto nel 1981 (tra le persone intervistate, infatti, troviamo Thomas Haustein, l'interprete di Detlef nel film), troviamo il racconto di una Germania Ovest sconvolta dalla testimonianza di una "ragazzina di vita" (Vera Christiane Felscherinow, cioè "Christiane F.", nata nel 1962), rilasciata a due giornalisti, Kai Hermann e Horst Rieck, della rivista Stern, che ne integrano le parole con delle interviste alla madre e ad altri rappresentanti del mondo adulto, fornendo uno spaccato antropologico, sociale, storico e culturale ancora oggi esemplare a livello internazionale, per tutto ciò che riguarda la tossicodipendenza giovanile e le difficoltà nell'affrontarla da parte delle famiglie, delle istituzioni e della sanità. Come raccontato nel documentario di Claire Laborey, a conferma di queste difficoltà nel trattare la problematica della tossicodipendenza è importante ricordare come perfino il libro di Christiane F. e successivamente il film di Uli Edel abbiano involontariamente contribuito ad alimentare curiosità e "attrazione" in alcuni giovani verso ciò che accadeva alla stazione ferroviaria berlinese del Bahnhof Zoo e all'interno della discoteca Sound (per ulteriori informazioni in proposito, si rimanda all'articolo disponibile a questo link).

Edizione originale tedesca del libro Christiane F. - Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino
Il titolo originale si riferisce alla stazione ferroviaria Bahnhof Zoo di Berlino

Le origini dell'inchiesta sulla diffusione dell'eroina tra i giovani tedeschi pubblicata a puntate su Stern e del primo libro di Christiane F., sono così raccontate da Hermann nel documentario:

Avevo notato che, improvvisamente, c'erano giovani che bazzicavano nelle piazze del centro. Non c'erano prima e sembravano dei senzatetto. Questi giovani non sembravano più integrati nella società e questo mi ha incuriosito. All'epoca, in Germania, non si parlava del tema della droga, non era considerato dignitoso e non corrispondeva all'immagine borghese della gioventù. Il caporedattore di Stern lo considerava un tema ripugnante, perché i giovani tedeschi sono sempre stati diversi.

Ho trovato questa ragazza semplicemente affascinante. (...) Per me, la sua storia è una storia di problemi adolescenziali, molto simile a quelle di tutti gli altri adolescenti, solo che, con lei, finisce in modo estremo. Ed è quello che mi ha sedotto in questa storia. Non descrivere il tossicomane come un extraterrestre di un altro mondo, ma mostrare che è esattamente come noi.

Kai Hermann nel documentario di Claire Laborey su Christiane F.

Ruolo fondamentale nel sostenere le intenzioni di Hermann è quello svolto dalle fotografie presenti nell'edizione tedesca originale del libro (interamente reperibili a questo link), purtroppo assenti nell'edizione italiana. L'importanza di quelle fotografie - dall'estetica simile a quelle delle foto segnaletiche dei terroristi ricercati della RAF, diffuse nei giornali, negli uffici postali, nei luoghi pubblici e nelle scuole, durante gli anni '70 in Germania Ovest -, è ben spiegata nel documentario da Juri Schaffranek (membro dell'associazione berlinese Gangway, che offre assistenza sociale a giovani, adulti e senzatetto), il quale si sofferma in particolare sulla foto di Babette "Babsi" Döge, la migliore amica di Christiane, morta per overdose di eroina a soli 14 anni:

Per le ragazze, c'era un luogo speciale, il "baby-marciapiede" di Kurfürstenstrasse, chiamato così perché c'erano molte giovani consumatrici di eroina. (...) Questa è Babette, "Babsi". La conosco anche lei dalla Kurfürstenstrasse. C'erano molte persone della sua età sulla Kurfürstenstrasse, che si prostituivano ogni giorno, con un'attività professionale legata al sesso. Avevano come clienti poliziotti, giudici, procuratori... Facevano tutti sesso con queste giovanissime ragazze.

Era la migliore amica di Christiane: "La figliastra di un celebre pianista è, a 14 anni, la più giovane vittima dell'eroina a Berlino". E, qui, vediamo la sua foto e la didascalia. Lo trovo molto impressionante, quasi più di altre cose che si trovano nel libro.

La foto di Babette "Babsi" Döge presente nel libro e nel documentario di Claire Laborey

Nel corso del documentario - dove è approfondita anche la storia del quartiere Gropiusstadt e di come esso fosse tutt'altro rispetto a quel "luogo ideale in cui vivere" descritto nelle campagne promozionali rivolte ad adulti e famiglie -, è sempre Schaffranek a parlare di alcune delle cause scatenanti della diffusione della droga tra i giovani tedeschi negli anni '70 e della loro decisione di farne uso:

Possiamo aggiungere che la generazione di Christiane, ossia la mia generazione, è figlia di genitori che hanno vissuto la guerra. La generazione dei nostri genitori ha taciuto alcune esperienze. Molti genitori hanno davvero vissuto cose orribili durante la guerra. Sono stati traumatizzati dal loro passato senza mai poter lavorare sui loro traumi. E questi traumi, ovviamente, si sono trasmessi nelle loro famiglie, di generazione in generazione. Noi non potevamo parlarne con i nostri genitori. Loro non volevano parlarne e neanche noi lo volevamo. Questo vuol dire che eravamo completamente soli, con tutto questo schifo dentro di noi. La generazione della guerra soffriva del fatto che non ci fossero disciplina né ordine. La loro visione del mondo si era totalmente sgretolata. Per loro, tutto andava male. Noi volevamo liberarci da questo autoritarismo e da questo silenzio. E ci ha condotto a questa ribellione: noi consideravamo l'alcol come borghese e le altre droghe, tipo cannabis o eroina, come cool. Tutto questo era molto politico e significava una vera ribellione contro i nostri genitori.

Juri Schaffranek nel documentario di Claire Laborey su Christiane F.

Il bisogno di avere qualcuno con cui parlare e di aprirsi, raccontando ciò che si ha dentro, è spiegato anche dalla stessa Christiane in un'intervista del 1983, inclusa nel documentario di Claire Laborey:

Non mi ricordo bene cosa avessi in testa, all'epoca, perché avevo solamente 15 anni e sono già passati 6 anni. Non so spiegare perché, ma credo avessi solo bisogno di parlare. Non avevo alcun ambito terapeutico o qualcuno che mi aiutasse, con cui potessi parlare. (...) Avevo bisogno di tirar fuori tutto.

Christiane F. nel 1983
Dal documentario di Claire Laborey

Questa necessità di parlare con qualcuno che sappia ascoltare e comprendere, insieme alla mancanza di dialogo tra vecchie e giovani generazioni di cui parla Schaffranek, la ritroviamo nel documentario di Claire Laborey dedicato alla scrittrice Toni Morrison (1931-2019, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1993) - l'autrice di The Black Book (1974, volume enciclopedico che approfondisce la storia degli afroamericani, purtroppo inedito in Italia), e del romanzo Amatissima (1987, titolo originale: "Beloved") -, dove viene spiegato quanto l'assenza di dialogo abbia influito sulla comunità afroamericana, che ancora oggi deve confrontarsi, negli USA, con le conseguenze socio-culturali del periodo della schiavitù, come dimostrato dalle circostanze della morte di George Floyd, trattate nel documentario della Laborey:

La schiavitù è ancora dentro di noi, non è solo un residuo della storia. All'inizio non volevo parlarne, era troppo doloroso. E poi ho pensato: "Beh, se loro questa esperienza l'hanno vissuta, allora io posso ben dedicare alcuni anni della mia vita a raccontarla". (...)

Al centro di Amatissima c'è la memoria, perché le generazioni colpite da un orrore di questa portata non ne parlano. Il mio bis bisnonno non ne parlò mai, finché non arrivarono i figli e i nipoti. Quindi la questione della memoria, era per me centrale. Senza la memoria non siamo niente. Se uccidi gli antenati, sei morto.

Toni Morrison nel documentario di Claire Laborey

Copertina della prima edizione italiana del romanzo "Beloved", pubblicata nel 1988

Amatissima - romanzo che valse alla Morrison il Premio Pulitzer nel 1988, ottenendo anche l'apprezzamento della scrittrice canadese Margaret Atwood, che lo recensì positivamente sul New York Times nel 1987, in un articolo reperibile a questo link -, trae origine dalla vera storia della schiava Margaret Garner (1834-1858, soprannominata la "moderna Medea"), protagonista di una drammatica vicenda processuale nel 1856, trattata per la prima volta da Toni Morrison in The Black Book e poi da lei utilizzata come fonte di ispirazione principale per Amatissima, come spiegato dalla stessa Morrison nel corso del documentario di Claire Laborey:

Quando ho scritto Amatissima, ho cominciato con la storia di Margaret Garner. Quella donna era sfuggita alla schiavitù ed era riuscita a raggiungere uno stato libero con i quattro figli. Allora il proprietario poteva entrare in un territorio libero per riprendersi gli schiavi. L'uomo andò a cercarla e quando lei lo vide si precipitò in casa per uccidere i suoi bambini. Ne ferì due, tagliò la gola alla terza e stava per sbattere contro il muro la testa del quarto, quando la fermarono e la portarono in prigione. Quella storia mi ossessionava, perché lei non era una madre esaurita. Lei non trascurava i suoi figli. Aveva vent'anni ed era molto serena. Disse solo questo: "Non vivranno come ho vissuto io".

Margaret disse: "Quella bambina è mia, la sua vita è mia!". Naturalmente era un reato ed era peccato, ma quel suo gesto esprimeva anche dell'altro, era complesso. Gli abolizionisti che lottavano per mettere fine alla schiavitù, volevano a tutti i costi che Margaret Garner fosse processata per omicidio, mentre gli schiavisti volevano processarla per furto: il furto di un bambino, il furto di se stessa e così via. L'omicidio, però, era escluso, perché avrebbe significato ritenerla responsabile per il suo bambino. Ora, essendo lei un "animale", come una pecora o una mucca, se il suo piccolo era un vitellino, allora lei non poteva essere moralmente responsabile di quella vita. Questo era un enorme dilemma. (...)

Non riuscivo a giudicare Margaret Garner, qualsiasi cosa avesse scelto di fare allora sarebbe stata disastrosa. Era puro dilemma. L'unica che avrebbe potuto giudicarla era la figlia che aveva ucciso, e così [nel romanzo Amatissima] la figlia di Sethe, Beloved, ritorna come fantasma. (...) Il fantasma in Amatissima è, anche strutturalmente, un modo per dire che la memoria può entrare e sedersi al tuo tavolo. E anche se tu non vuoi ricordare, se fai di tutto per non ricordare, il fantasma è sempre con te.

"La moderna Medea" (1867)
Dipinto di Thomas Satterwhite Noble ispirato alla storia di Margaret Garner
(fonte)

Accanto al tema della memoria e della necessità di ricordare, nel corso del documentario su Toni Morrison trova spazio anche il discorso fatto da tanti genitori neri per istruire i propri figli sui problemi relazionali con le persone bianche e su come comportarsi nell'eventualità di essere fermati dalle forze dell'ordine, per evitare di provocarne la reazione violenta. Un discorso che nasce purtroppo dall'esigenza di tutelare i propri figli dall'eredità socio-culturale del periodo della schiavitù, ancora oggi non del tutto superata negli USA, come spiegato dall'attivista Mona Jenkins nel documentario:

Nel suo libro, Amatissima, il personaggio di Sethe è una schiava. Oggi la schiavitù è abolita, ma perdura sotto altre forme; continua a causare dolore fisico ed emotivo. La polizia è onnipresente, non abbiamo scuole di qualità e viviamo in deserti alimentari. Non abbiamo accesso alle cure mediche, i tassi di incarcerazione sono elevatissimi, la polizia migratoria separa le famiglie, dobbiamo affrontare le nostre paure, le nostre sofferenze, i nostri traumi. (...) Dobbiamo ammetterlo: sì, è successo davvero, che cosa posso fare ora? Andare avanti, proprio come Sethe, dobbiamo resistere per continuare ad esistere.

Mona Jenkins nel documentario di Claire Laborey su Tina Morrison

Le proteste per la morte di George Floyd nel documentario di Claire Laborey su Tina Morrison

Un'altra importante eredità del lavoro di Toni Morrison, spiegata dal regista teatrale Peter Sellars, è il fatto di non lasciare "l'indicibile nel silenzio", ma di affrontarlo per creare qualcosa di utile per capire più a fondo l'essenza della natura umana. Un procedimento analogo a quello compiuto da Kai Hermann e Horst Rieck con la stesura del libro sulla vita di Christiane F. e dei ragazzi dello Zoo di Berlino, portando alla luce qualcosa ritenuto fino a quel momento "intrattabile" e incapace di interessare i lettori, ma che invece è divenuto materia per uno dei testi più importanti e più venduti a livello mondiale sul consumo della droga da parte dei più giovani. A sua volta, anche i due documentari realizzati da Claire Laborey ci aiutano a comprendere quanto, ancora oggi, le storie di Christiane F. e di Margaret Garner, possano farci riflettere e aiutarci a conoscere meglio la Germania e gli USA, in modo da acquisire uno sguardo più profondo e più accurato sul mondo in cui viviamo, dove problemi come l'immigrazione, il razzismo, la malsana concezione del "possesso" delle vite altrui, l'emarginazione e la diffusione della droga tra i più giovani, sono ancora oggi di stretta attualità e riguardano tutti noi, a causa della loro presenza a livello globale.

Dal documentario di Claire Laborey su Christiane F.

P.S. Al romanzo Amatissima è ispirato il film Beloved (1998) di Jonathan Demme, interpretato da Oprah Winfrey e Danny Glover. Purtroppo, nonostante la notorietà del regista, il film è ancora oggi sconosciuto in Italia, dove arrivò direttamente sul circuito satellitare Tele +.
Per ulteriori informazioni sui documentari di Claire Laborey, segnalo l'intervista che le ho realizzato, reperibile in questa pagina del blog.

Locandina originale del film Beloved di Jonathan Demme
(fonte)

L'elenco dei miei articoli dedicati a Christiane F. disponibili sul mio blog:

- Confronto tra il libro e il film dei ragazzi dello Zoo di Berlino:

http://alemontosi.blogspot.com/2013/07/noi-i-ragazzi-dello-zoo-di-berlino.html

- La genesi del libro e del film dedicati a Christiane:

http://alemontosi.blogspot.it/2014/04/christiane-f-1981-di-uli-edel-la.html

- L'intervista italiana a Christiane pubblicata sul quotidiano La Repubblica nel 1981:

http://alemontosi.blogspot.it/2014/05/christiane-f-lintervista-italiana-del.html

- L'impatto dell'uscita italiana del film di Christiane sul pubblico e sulla critica cinematografica del nostro paese:

http://alemontosi.blogspot.it/2015/11/christiane-f-reazioni-del-pubblico-e.html

- La raccolta delle foto presenti nell'edizione tedesca del libro Christiane F. - Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, purtroppo assenti nell'edizione italiana del libro:

https://alemontosi.blogspot.com/2018/09/christiane-f-ledizione-tedesca-del.html

- La storia di Babette "Babsi" Döge:

https://alemontosi.blogspot.com/2021/05/christiane-f-la-storia-di-babsi-e.html

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