domenica 26 gennaio 2014

Notte e Nebbia (1956) di Alain Resnais - Note sulla creazione del film e sull'edizione italiana



Notte e Nebbia (1956) di Alain Resnais è uno dei più importanti documentari mai realizzati sull'Olocausto e sull'importanza della memoria, che mostra allo spettatore la creazione, l'evoluzione, la "liberazione" e la conseguente desolazione, dei campi di concentramento sorti in Europa tra gli anni '30 e '40. Tuttavia la produzione di questo cortometraggio, della durata di circa 32 minuti, non fu priva di problematiche e anche al suo arrivo in Italia dovette fare i conti con gravi problemi legati alla traduzione dall'edizione originale, come risulta dal materiale video e cartaceo (un booklet di 12 pagine) contenuto nell'edizione italiana in dvd, curata dalla RHV.


Locandina francese di Notte e Nebbia

Commissionato al regista Resnais dal Comitato di Storia della Seconda Guerra Mondiale, all'epoca presieduto da Henri Michel e Olga Wormser - autori, nel 1954, del libro La tragédie de la déportation 1940-1945 - Témoignages de survivants des camps de concentration allemands [lett. "La tragedia della deportazione 1940-1945 - Testimonianze dei sopravvissuti dei campi di concentramento tedeschi"], pubblicato in Francia da Hachette ed inedito in Italia -, Notte e Nebbia viene realizzato unendo riprese a colori dei campi di concentramento girate dal regista negli anni '50 (le quali, all'interno della pellicola, rappresentano il desolato presente di quei luoghi di dolore e di morte), a immagini di repertorio in bianco e nero, composte da fotografie e filmati provenienti da cinegiornali e da archivi audiovisivi di vari paesi europei, le cui ricerche furono in parte agevolate grazie alla mostra Résistance - Libération - Déportation che si tenne all'Institut Pédagogique National di Parigi, nel 1954. Oltre ad avvalersi della consulenza storica di Michel e Wormser, Resnais coinvolge nella lavorazione del film lo scrittore francese Jean Cayrol, il quale sperimentò in prima persona l'orrore dei campi di concentramento, dopo essere stato arrestato insieme a suo fratello, nel 1942, dall'esercito nazista e internato, come prigioniero politico (Cayrol era membro della Resistenza Francese), nel campo di Mauthausen-Gusen. Sopravvissuto alla detenzione, Cayrol pubblicò nel 1946 la raccolta di poesie Poèmes de la nuit et du brouillard ("Poesie della notte e della nebbia", di cui è stata pubblicata l'edizione italiana a cura di Nonostante Edizioni), il cui titolo deriva dall'espressione "Notte e Nebbia" (dal tedesco: "Nacht und Nebel"), con cui venivano indicati i detenuti politici dei campi di concentramento, sul retro delle cui divise, all'altezza delle spalle, venivano tracciate due grandi N.


Il simbolo dei deportati politici
Il viaggio di un treno di deportati,
nella notte e nella nebbia

Per il film di Resnais, Cayrol crea in autonomia (senza vedere le immagini) una prima versione del monologo che, letto dalla voce narrante di un attore, accompagnerà le immagini che compongono il documentario, insieme alle musiche composte appositamente da Hanns Eisler. Tuttavia, lo scrittore è costretto ad abbandonare la lavorazione del film dopo averlo visto per la prima volta, a causa dello shock in lui indotto dalle immagini. Il monologo passa nelle mani di Chris Marker (accreditato come assistente alla regia), che lo rende più conciso e strettamente legato alle immagini. Ripresosi dallo schock, Cayrol torna ad occuparsi del monologo, creandone la versione definitiva che viene fatta recitare all'attore Michel Bouquet (in accordo con Resnais, non fece inserire il suo nome nei titoli di testa del film, in segno di rispetto verso l'argomento trattato) e nella quale si trova un esplicito riferimento a quanto realmente vissuto da Cayrol a Mauthausen: "Classificato "Nacht und Nebel", "notte e nebbia", marchiato con il triangolo rosso del detenuto politico, il deportato affronta i triangoli verdi: detenuti per reati comuni, padroni tra i sotto-uomini. Al di sopra il kapò, quasi sempre un galeotto. Più su l'SS, intoccabile" (cfr. la traduzione del testo presente nel booklet allegato al dvd).

La foto di Pithiviers in versione originale (fonte)

Terminata la lavorazione del documentario, iniziano i problemi con la Commissione di Controllo in Francia, che deve acconsentire alla distribuzione del film nelle sale, come ricordato da Resnais in una lunga intervista rilasciata al programma radiofonico "Notte e Nebbia 1954-1994", prodotto da Andrè Heinrich e Nicole Vuillaume per l'emittente France Culture, e parzialmente incluso come contenuto extra nel dvd RHV. Queste le parole di Resnais:
La foto di Pithiviers in versione censurata (fonte)
Quando l'hanno visionato, hanno notato un'inquadratura di circa 5 secondi, una fotografia fissa, che descriveva i campi di concentramento di tutto il mondo. Uno dei campi era quello francese di Pithiviers e da una torretta si vedevano i deportati dietro il filo spinato e stipati nelle baracche. Ma in un angolo a destra c'era l'ombra di un ufficiale francese con il suo képi [berretto, a volte indicato come chepì in Italia]. Ammetto di non averci fatto caso, di non aver prestato particolare attenzione, ma la Commissione invece l'ha interpretato come un oltraggio alla polizia francese e alla Francia stessa. Mi hanno chiamato per dire di tagliare quell'inquadratura. Non me l'aspettavo e mi sono opposto, mi sembrava una richiesta assurda, anzi immorale. Ho detto che la Commissione avrebbe dovuto richiederlo per iscritto, perché un regista non si sarebbe mai autocensurato. Mi hanno chiuso il telefono in faccia, la Commissione si rifiutava di farlo, ma dimostrava di averlo fatto. Anche se avessimo tagliato quell'immagine di 5 secondi, il senso del film sarebbe rimasto tale. Sapevo che il pubblico non avrebbe dato peso a quell'ufficiale, la moralità del film non sarebbe di certo cambiata perché si nominava il campo di Pithiviers. A quel punto sono arrivate le minacce: "Non serve nessuna lettera, dovete tagliare la scena. Se non lo farete, taglieremo gli ultimi 10 minuti della pellicola perché sono troppo violenti". Non abbiamo ceduto e il film è stato vietato per settimane e poi addirittura per due mesi. Poi dopo la promessa di non toccare il finale, abbiamo trovato un compromesso. 
Variante della foto censurata (fonte)
Abbiamo ritoccato l'immagine e aggiunto una trave con una pennellata di acquerello, sul cappello dell'ufficiale per camuffare che fosse francese. Da allora ha cominciato a parlarne tutta la stampa, hanno riproposto la foto dell'ufficiale con e senza trave. Così la gente se ne è accorta molto di più, non sarebbe successo se la Commissione non si fosse ostinata. Nessuno ci avrebbe fatto caso. (...) Non abbiamo mai tagliato niente, ma apportare quella modifica è stato un gesto stupido e scandaloso. Ricordo molto bene il giorno in cui è arrivata la prima copia. Quando l'abbiamo vista mi sono subito depresso, ma succede sempre perché pensi che sarebbe dovuta essere in un altro modo.
Locandina dell'edizione del 1960,
fonte

Per poter visionare la versione integrale del documentario, bisogna attendere il 1997
, quando in Francia esce un'edizione in vhs che contiene la foto di Pithiviers in versione originale, senza l'annerimento e senza la finta trave. Anche in Italia, purtroppo, Notte e Nebbia deve affrontare una sorte difficile. Esso viene distribuito nei cinema italiani solo nel 1960, all'interno di un film di montaggio composto da 4 episodi (accomunati dall'esser stati realizzati in Francia e dalle società di produzione Argos Film e Como Film), dal titolo "Notte e Nebbia", di cui l'opera di Resnais costituisce l'ultimo segmento. Assemblato dal distributore italiano Globe, questo film - di cui si trova una recensione accurata negli archivi on-line del quotidiano La Stampa, risalente al giorno 26/04/1960, dove si parla anche della difficoltà di distribuire i mediometraggi nelle sale italiane - ha la durata di circa 120 minuti e, oltre all'opera di Resnais, è composto da: La tenda scarlatta ("Le ridau cramoisi", 1953, durata: 44 minuti, in bianco e nero) di Alexandre Astruc, con Ainouk Aimée, opera tratta da una novella noir incentrata su una tragica storia d'amore; Paris la nuit (1956, 28 minuti, in bianco e nero) di Jacques Baratier e Jean Valère, documentario sulla città di Parigi e su alcuni dei suoi quartieri più rappresentativi, come Pigalle e gli Champs-Elysées; La Gioconda ("La Joconde - Histoire d'une obsession", 1958, 14 minuti, a colori) di Henri Gruel (responsabile degli effetti sonori del film d'animazione Le Roi et l'Oiseau, 1980, di Paul Grimault), opera umoristica realizzata unendo riprese dal vivo, animazione e fotomontaggi, per raccontare la storia di un uomo "perseguitato" dalla Gioconda.

Recensione del film di montaggio "Notte e Nebbia".
Dal Corriere della Sera del 23-24/04/1960

Questo film di montaggio al momento risulta irreperibile in vhs o dvd, poiché di Notte e Nebbia, in Italia, si trovano solo edizioni home video che presentano il documentario di Resnais in modo autonomo, in un'edizione quindi più rispettosa del lavoro del regista francese. Tuttavia è ipotizzabile che, all'interno di quel film di montaggio, Notte e Nebbia abbia avuto dei problemi di traduzione e che sia stato in seguito ridoppiato (probabilmente dalla Rai), come se ne deduce dalla seguente testimonianza di Henri Colpi, responsabile del montaggio del suono del documentario (cioè di unire alle immagini, le musiche di Eisler e le parole di Bouquet), che così ha descritto - nel corso del sopracitato programma radiofonico incluso nel dvd RHV - la prima versione italiana del monologo di Notte e Nebbia:
Una delle officine dal nome di donna 
Ho avuto l'occasione di incontrare degli italiani che l'hanno visto. La traduzione del testo era disastrosa. Mi riferisco per esempio al pezzo in cui Cayrol nominava "Dora" ["Il lavoro nelle officine sotterranee. Sempre più sotterranee, sono nascoste, uccidono. Hanno nomi di donna: Dora, Laura", cfr. la traduzione corretta presente nel booklet]. Alcuni campi di concentramento avevano nomi femminili, ma in Italia li hanno scambiati per donne. Avevano scritto che c'era una donna chiamata Dora. Il traduttore non conosceva bene il francese e ha travisato molte cose. C'erano passaggi molto... inverosimili!
Alla domanda dell'intervistatore se il film è stato lasciato così in Italia, Colpi risponde:
Credo l'abbiano rifatto poiché [Anatole] Dauman e Argos Film [Dauman era il produttore della Argos, che seguì la realizzazione del documentario] mi avevano chiesto di dare un'occhiata al testo e di andare a Roma per lavorare su un nuovo testo con la traduzione corretta. Ho chiesto di occuparsene a un'insegnante del posto che insegna italiano all'università. Ha accettato e corretto il testo. L'abbiamo rivisto, ma come sempre per problemi di soldi, non l'abbiamo rifatto. Quello di Cayrol non era un semplice testo scritto, ma fissava precisamente il film. Era evidente che certe frasi si fissavano esattamente su quelle inquadrature. Era il pregio di Resnais e di Marker.
Locandina francese alternativa

Anche nel doppiaggio italiano, presente all'interno del dvd RHV, nonostante siano presenti in modo corretto i riferimenti alle officine dei campi di concentramento con nomi femminili, si notano, oltre ad alcuni brevi momenti in cui è presente il solo audio francese (probabilmente oggetti di taglio nell'edizione italiana e reintegrati con l'audio francese sottotitolato, oppure relativi a frammenti in cui il materiale audio italiano era gravemente danneggiato e perciò assente), alcune vistose differenze di traduzione rispetto a quanto viene detto nel monologo dell'edizione originale, visionabile con dei sottotitoli che lo traducono fedelmente nel dvd e di cui è presente anche una traduzione scritta nel sopracitato booklet. Di seguito, alcuni confronti tra versione italiana e versione originale di Notte e Nebbia.

Primo Esempio

Versione italiana: "Un campo di concentramento viene costruito come uno stadio o un grande albergo, affidandone i lavori a degli imprenditori con un sistema di appalti, garanzie di concorrenza, e senza dubbio festeggiandone la posa della prima pietra con molti bicchieri di vino".

Versione originale: "Il campo di concentramento è costruito come uno stadio o un Grand Hotel, con tanto di imprenditori, preventivi, concorrenti, e senza dubbio tangenti".

I binari usati dai treni per i deportati, ora avvolti dall'erba

Secondo Esempio

Versione italiana. "Il rancio era diuretico e neanche allora la paura abbandonava il deportato".

Versione originale. "Il rancio era diuretico. Sfortunato chi incontrava un kapò ubriaco al chiaro di luna".

Terzo Esempio

Versione italiana: "Chiudendo le bocche di aerazione si soffocavano le loro grida".

Versione originale: "I bocchettoni dell'aria non soffocavano le urla".

Il lavoro rende liberi

Quarto Esempio

Durante l'edizione originale del monologo, vengono citati i nomi di alcuni grandi gruppi industriali che utilizzano la manodopera a basso costo fornita dai campi di concentramento: Steyer, Krupp, Heinkel, I.G. Farben, Siemens, Hermann Göring. Nell'edizione italiana viene omesso quello di Hermann Göring. Esso è invece correttamente indicato nell'edizione italiana di questa porzione del monologo inserita all'interno del film tedesco Anni di piombo (1981) di Margarethe von Trotta, nel corso del quale, in una sequenza ambientata in una scuola della Germania Ovest, viene proiettato Notte e Nebbia, al quale assistono, rimanendone sconvolte, le due protagoniste da adolescenti.

Un campo di concentramento ora invaso dall'erba

Quinto Esempio - Il Finale

Versione italiana: "Da qualche parte in mezzo a noi, nascono e vivono i nuovi aguzzini, le spie di domani. Noi guardiamo queste rovine come se il mostro fosse morto sotto le macerie. Fingiamo di riprendere speranza, davanti a questa immagine che s'allontana, come se questa peste non potesse più colpirci, soltanto perché fingiamo di credere che tutto ciò è appartenuto a una sola epoca e a un solo paese, e non pensiamo invece a guardare intorno a noi, perché sentiremmo ancora quelle grida senza fine e riconosceremmo l'assassino che ci è seduto accanto".

Versione originale. "Tra noi ci sono kapò fortunati e accusatori sconosciuti. Ci sono quelli che non ci credevano o che ci credevano raramente. Noi guardiamo le rovine come se il mostro fosse morto. Fingiamo di ritrovare la speranza, davanti a questa immagine, come se si guarisse, dalla peste dei campi di concentramento. Fingiamo di credere che ciò appartenga a un unico tempo e a un unico paese, e non pensiamo a guardarci intorno e non sentiamo che si grida senza fine".

Locandina giapponese di Notte e Nebbia

In conclusione, il ricordo delle difficoltà incontrate da Alain Resnais per la realizzazione del suo documentario - il quale ha anche dovuto scontrarsi con i negazionisti in Francia, che contestarono la cifra di 9 milioni di morti, in esso riportata -, e i problemi che esso ha avuto con la distribuzione e la traduzione in Italia, possono fornire ulteriori spunti di riflessione su quanto sia importante conoscere e ricordare quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale, poiché si tratta di eventi che hanno profondamente influenzato l'intero pianeta nel corso dei decenni successivi, sui quali non è purtroppo ancora stata fatta completa chiarezza, dato che numerose sono le difficoltà incontrate da chi vuole fare luce su alcuni degli episodi più bui del secondo conflitto bellico mondiale, come nel caso del film italiano Il Generale dell'Armata Morta (1983, aka "L'armata ritorna") di Luciano Tovoli, basato sul romanzo omonimo di Ismail Kadaré e incentrato sui crimini commessi dai soldati fascisti italiani in Albania, il quale circola in home video in un'edizione ampiamente tagliata.


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Aggiornamento (13/12/2015): Grazie al sito web Cine Censura (qui il link), è possibile consultare (in formato pdf) i documenti ufficiali redatti dalla commissione di censura italiana che concesse il nulla osta per la distribuzione cinematografica del film di montaggio "Notte e nebbia" nel 1960, con l'applicazione del divieto ai minori di 16 anni (cfr. qui). Scorrendo la documentazione d'epoca (link), si possono leggere le indicazioni dei tagli censori imposti dalla commissione al documentario di Resnais, relativi a una riduzione della scena nella quale il bulldozer "spinge i cadaveri nella fossa" e all'eliminazione della "sequenza ove appaiono i prigionieri nudi in primo piano", trattandosi in entrambi i casi di "scene impressionanti" per il pubblico.


Copertina del libro di Jean Cayrol pubblicato da Nonostante Edizioni

Aggiornamento
 (29/03/2019): Dal volume Notte e Nebbia (pubblicato da Nonostante Edizioni nel 2014; contiene il monologo del documentario Notte e Nebbia, e l'edizione italiana delle "Poesie di notte e nebbia" di Jean Cayrol), si riporta il seguente estratto della postfazione scritta da Boris Pahor, per fornire informazioni su Cayrol e sul significato del termine "Notte e Nebbia":

Il testo di Jean Cayrol, scritto per il documentario di Alain Resnais, prende il titolo dalla specifica denominazione dei deportati politici nei campi di concentramento: Nacht und Nebel. Vale a dire: Notte e Nebbia. Questo nel linguaggio del campo significava che la loro morte sarebbe stata un viaggio notturno nella nebbia, finito in fumo nei camini del forno crematorio. Da sola la notte non sarebbe bastata. Bisognava scendere, attraverso un'altra notte, fino al forno.
Questi prigionieri erano diversi dagli altri, portavano dipinto sulla schiena il loro marchio distintivo, le due iniziali "NN". Erano deportati all'inizio solo norvegesi e olandesi, poi anche francesi e belgi, deportati perché rappresentavano un pericolo per l'esercito tedesco che occupava i loro paesi d'origine. Una volta arrivati nel campo, erano di fatto dei condannati a morte e i carcerieri potevano fare di loro quello che volevano. Erano, insomma, i più disgraziati tra i disgraziati. Dovevano lavorare come tutti, soprattutto nelle cave. Le guardie non erano tenute a dare spiegazioni se al rientro dal lavoro ne mancavano uno o due. Usavano ogni pretesto per infierire su di loro, spesso fino a ucciderli. Del resto, l'ordine che era stato impartito era chiaro: nessuna informazione doveva essere trasmessa in merito alla loro fine e al luogo della loro morte. Da qui il nome che è un dichiarato riferimento all'opera di Wagner L'oro del Reno, in cui il protagonista  [il riferimento è al personaggio del nano Alberich, uno dei personaggi principali] abbandona la scena cantando Nacht und Nebel, niemand gleich! (Notte e nebbia, nessuno subito!), mentre al suo posto subentra una colonna di fumo.
Jean Cayrol
(fonte)
Jean Cayrol fu uno di questi disgraziati che riuscì a salvarsi. (...) Quando il regista Alain Resnais gli commissionò la stesura del testo, Cayrol si dimostrò reticente. Non voleva parlare direttamente dell'esperienza dei campi di concentramento. Ciò non mi sorprende, se penso ai protagonisti della sua opera lazzariana, ex deportati che non sembrano ricordare nulla, vittime di una "perdita della memoria" che fa cadere nell'oblio l'esperienza vissuta. Una negazione della testimonianza che è forse il tratto distintivo di tutta la sua produzione letteraria dopo l'esperienza dei campi. Mi sembra che Cayrol traduca in "perdita della memoria" ciò che Primo Levi definisce "lacuna della testimonianza". Cayrol non vuole parlare. I suoi protagonisti dicono "io non mi ricordo", rovesciando così l'idea consolidata del sopravvivere per testimoniare, propria anche di Levi. Per Cayrol, infatti, colui che esce da un campo di concentramento non è tanto un sopravvissuto, quanto piuttosto un uomo passato attraverso la morte e poi risorto. Un Lazzaro che ritorna alla vita, che vuole in tutti i modi ritornare tra gli uomini.
(cfr. pag. 169/172 del volume)

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