In occasione della mostra sulle opere di Keith Haring (1958-1990) organizzata a Milano dal 21/02/2017 al 18/06/2017, si pubblica questo approfondimento sul rapporto tra l'artista statunitense e Francesca Alinovi (1948-1983) del DAMS di Bologna, della quale si era già parlato in questo articolo del blog. L'incontro tra Haring e la Alinovi a New York City fu un'occasione importante per entrambi, al punto che Haring ha dichiarato di aver realizzato con lei l'intervista più importante della sua carriera, purtroppo andata perduta a causa di un problema tecnico della registrazione. Inoltre, quando la Alinovi venne uccisa a Bologna nel giugno 1983, Haring ne rimase molto scosso e realizzò in sua memoria un'opera senza titolo nel 1984. È infine un'occasione per raccontare l'ambiente artistico della New York di fine anni '70/inizio anni '80, e per trattare il rinnovamento della fantascienza di quel periodo, con l'avvento della letteratura cyberpunk.
Francesca Alinovi Foto dal libro Il mistero di via del riccio (1984, Aniballi), di Roberto Canditi |
Una delle caratteristiche principali di Francesca Alinovi era la sua volontà di fare ricerca in campo artistico recandosi personalmente sul territorio, in modo da effettuare direttamente delle visite e delle interviste agli artisti verso i quali aveva rivolto la propria attenzione, coincidente con la sua attività di ricercatrice universitaria e di critica d'arte. Di New York, dell'ambiente dei graffitisti e di Keith Haring parlò in un suo articolo chiamato Arte di frontiera (lo stesso titolo che userà per una mostra italiana da lei ideata sulla street art newyorkese, che si terrà nel 1984, un anno dopo la sua morte), apparso per la prima volta nel 1982 sul n. 107 della rivista Flash Art e in seguito ristampato nel libro postumo L'arte mia (1984, Il Mulino, con in copertina un disegno di Haring), dal quale si riporta il seguente estratto che, se collegato all'attuale situazione politica/economica/sociale degli USA con la presidenza di Donald Trump, e all'evento artistico "Trumpomania" allestito a New York dal 26 febbraio al 17 marzo 2017, risulta essere fortemente attuale:
Fashion Moda [nel South Bronx] è una galleria molto poco convenzionale, e per nulla commerciale, che da tre anni vive con successo impiantata nel più pericoloso e malfamato quartiere di New York. ABC No Rio [un centro sociale fondato nel 1980] è invece uno spazio collettivo "aperto", specializzato in openings-parties ispirati al sesso e alla morte, situato nel retrobottega di un negozio sgangherato del Lower East Side. Collectiva Internationale, a sua volta, è il nome scelto da un altro collettivo di artisti, sorto in questi mesi, che si propone di tenere i collegamenti internazionali, via lettera, tra i vari collettivi di artisti esistenti nel mondo.
Foto della galleria Fashion Moda (attiva dal 1978 al 1993), risalente al 1981. Su di essa è reperibile questo approfondimento in lingua inglese. (fonte della foto) |
Insomma mentre in America come in Europa si celebra il trionfo, in arte, della tradizione e del bel quadro, ecco riemergere come un geiser impetuoso e bollente la irruente corrente dell'underground. L'arte d'avanguardia non solo non è morta, ma ha dissotterrato la sua ascia di guerra e batte il tam tam lungo le linee di frontiera di Manhattan: 1982, fuga da New York! [riferimento al film fantascientifico 1997: fuga da New York ("Escape from New York", 1981) di John Carpenter] L'arte del futuro spia con grandi occhi scuri spalancati sul centro della periferia, mescolata coi detriti e le macerie della città degradata, confusa tra i ghetti delle minoranze razziali, nutrita dal sangue caldo della negritudine in via di espansione. [Il presidente Ronald] Reagan ha donato all'America l'immagine del suo volto plastificato iperrealistico, versione macabra su scala umana di una scultura di Duane Hanson, e gli artisti si sono rituffati sulla realtà e sul sociale. O meglio, sui detriti della realtà e sulle macerie del sociale, rovine, spazzatura, decomposizione. Compiacimento di una regressione neoprimitiva verso lo spazio dell'incolto e dell'affastellamento caotico uomo-cose-animali e volontaria autodegradazione di sé. Ma il tutto sostenuto dalla piena consapevolezza di una cultura incallita per sempre acquisita, di una ipercivilizzazione da computers domestici, e di una intelligenza dilatata e onnivora, alimentata dai mass media e dalla circolazione ininterrotta dell'informazione. (...)
Locandina originale del film 1997: Fuga da New York |
Devo dire che l'aggressività iniziale di questi gruppi, legata a una matrice punk-new-wave, si è, nel frattempo, notevolmente ammorbidita. In parte perché le energie dei kids sono state in buona parte riassorbite dai musei e dalle gallerie, in parte perché, all'interno dei vari collettivi, trionfa oggi soprattutto la creatività individuale del singolo, estremamente spregiudicata e disinibita nei confronti dello stesso mercato. Il mercato va benissimo; purché se ne possa anche fare a meno. E poi, oggi, quell'apparente filo d'unione che poteva essere rappresentato dalla new wave, si è definitivamente spezzato. I kids si riuniscono in bande; ma anche uno da solo può gettare lo scompiglio in tutto il mondo. (...) I kids stanno puntando, come ho detto, dalla periferia verso il centro. E alcuni di loro hanno già colpito il bersaglio. (...)
Foto di scena del film I guerrieri della notte (1979) di Walter Hill. È ambientato in alcune delle zone allora degradate di New York, come il Bronx, visitato dalla Alinovi. Nella foto, come nel film, i graffiti sono molto presenti. Da vari anni circola del film una nuova edizione con l'aggiunta di scene e dettagli fumettistici. (fonte della foto) |
Keith Haring, già tra i protagonisti new wave e organizzatore di mostre al Mudd Club [night club di TriBeCa, attivo dal 1978 al 1983] e al Club 57 [night club dell'East Village, attivo dal 1978 al 1983, frequentato anche da Madonna e Cyndi Lauper], autore in passato di videotapes, e tra i più vezzeggiati giovani artisti newyorkesi, dissemina di graffiti la superficie e le cavità sotterranee della metropolitana di New York. Il suo bambino raggiante, o radioattivo, The radiant child, un pupazzetto che emana raggi come un'aureola, e che è il suo simbolo emblema firma, costituisce un motivo di accompagnamento costante, per chi si avventuri in scorrerie percettive nella città, paragonabile a quello della musica rap o disco telediffusa dalla radio. Abilissimo nel disegnare velocemente su qualsiasi superficie piana disponibile, tela, carta, vinyle, muri esterni, palizzate in legno, spazi per la affissione pubblicitaria, Keith alterna alla attività chiusa nello studio, un'attività aperta sulla strada. Keith disegna all'aperto per donare a chiunque abbia gli occhi e non solo il borsellino, la sua arte, che tra l'altro è perfettamente trasferibile a casa per chiunque sappia riconoscerla: spesso i suoi disegni vengono fatti apposta su frammenti di pietra o di legno asportabili. Quella di Keith è una scrittura pittorica, formata da grovigli di segni ad inchiostro o gesso bianco che scorrono come flussi di immagini in perenne compenetrazione e metamorfosi.
Keith Haring e i suoi disegni in una galleria della metropolitana (fonte) |
Il "radiant child" di Haring Locandina del documentario The Universe of Keith Haring (2007) di Christina Clausen |
Kenny Scharf, amico di Keith Haring e autore assieme a lui di alcuni videotapes post-apocalittici, dipinge piccoli eroi di fumetti anni Sessanta, astronavi da guerra impegnate in giochi spaziali, galassie e orbite stellari. Kenny dipinge su qualsiasi oggetto, mobile, utensile, tecnologia o cosa trovata. [La prima esibizione di Scharf, intitolata "Celebration of the Space Age", si tenne nel 1979 al Club 57] (...)
L'ispirazione dei kids parte sempre da matrici infantili, e si basa su immagini, oggetti, persone prefabbricate, trovate nella cultura di massa o sulla strada, ma del tutto rimanipolate soggettivamente. (...) Anche perché l'attualità e il sé sono ora così precari, che ogni istante vissuto, per quanto effimero possa essere, viene sollevato alla dignità del mito.
(cfr. Francesca Alinovi, L'arte mia, pag. 223/228)
Kenny Scharf parla del Mudd Club e del Club 57, con indosso una maglietta di Star Trek. Dal documentario The Universe of Keith Haring (2007) di Christina Clausen. Un approfondimento del MoMA di New York sul Club 57 è disponibile a questo link. |
Mickey Mouse/Topolino, secondo Keith Haring. L'artista americano era molto legato alla produzione disneyana. (fonte) |
L'anno seguente, il 1983, l'Alinovi tornò a trattare quegli argomenti in un suo nuovo articolo, chiamato Lo slang del Duemila e pubblicato sul n. 114 di Flash Art, per poi essere inserito anche nel libro L'arte mia:
I kids hanno elaborato un inintercettabile gergo linguistico subdolo e criptico, barbaro e futuribile. (...) I kids hanno coniato slang personali che confondono i sistemi della comunicazione attuale, perché provengono loro stessi da una personale condizione di confusione naturale e culturale. (...) Cresciuti ai margini dell'Eldorado dell'arte, escono dai ghetti della periferia, coi piedi imbrigliati tra i rottami ma col cervello fatto levitare dalle onde telepatiche di informazione onnidiffusa che viaggia sotto i cieli di New York. Loro sono il prodotto nuovo di zecca di quello che è il Terzo Mondo americano: alta cultura mescolata a bassa natura, e immenso patrimonio conoscitivo mescolato a un conto zero nella banca. (...)
Copertina di Flash Art n. 114 (giugno 1983) |
Il pensiero a collage è anche la logica degli slang linguistici usati da questi artisti, è il frutto dell'ibridazione dei linguaggi e delle culture, è il prodotto del caos biologico e strutturale su cui si fonda la nostra epoca (...) [L'Alinovi prosegue parlando degli uomini del futuro e del loro modo di pensare che] si svilupperà anche attraverso la contaminazione dei diversi linguaggi specialistici: scienza, fisica, computer, ma anche malavita, droga, codici di comprensione affettiva.
Keith Haring, non a caso è partito, circa tre anni fa, da ricerche sul linguaggio e sulla parola per approdare a quella che chiamerei una calligrafia pittorica totale. Keith ha iniziato studiando Burroughs [si tratta dello scrittore William S. Burroughs, autore di Il Pasto nudo (1959)], e applicando il metodo del cut-up [tecnica usata anche nel dadaismo] e della metamorfosi segnica alle lettere trovate sui posters commerciali di Canal Street. La lettera, per Keith, diventa uno degli elementi più concreti e reali della esperienza. E bisogna dire che la lettera, dissociata dal significato concettuale che è chiamata a rappresentare, è prima di tutto un'immagine fisica, fatta di linee e di materia.
Collage di Haring, realizzato nel 1980 (fonte) |
Keith, dopo i primi esperimenti letterali di collage o di cut-up, elabora una forma più sottile e sofisticata di collage subliminale: lo scorrimento fluido del gesto elementare che traccia circonvoluzioni e sinuosità veloci sulla carta come in un movimento di scrittura panica. Le linee, originariamente associate alle forme delle lettere corsive, si incrociano, si intersecano, si confondono, tessono dei patterns [opere con simboli ripetuti] fitti di parole che riempiono, così come le onde del suono lo spazio delle comunicazioni planetarie, la superficie candida del foglio. Keith scrive le sue calligrafie onnivore e inestricabili su qualsiasi superficie materiale disponibile, come gli antichi Sumeri, gli inventori remoti della scrittura, che incidevano i loro caratteri cuneiformi su tavole, statue e pareti delle architetture.
1984: Madonna indossa vestiti coi disegni di Haring e gli canta Dress You Up. L'occasione è la festa di compleanno di Keith. Un estratto dell'esibizione di lei si trova a questo link. (fonte della foto) |
Haring dipinge il corpo della cantante Grace Jones. Entrambi appaiono nel videoclip della canzone I'm not perfect della Jones. Haring ha curato il look di Grace Jones nel film Vamp (1986) di Richard Wenk. (fonte della foto) |
Keith si sente figlio dell'era spaziale e si sente alle soglie di un'era genetica e comunicativa nuova come i "wild boys" di Burroughs [riferimento al romanzo I ragazzi selvaggi (1971, "The Wild Boys: A Book of the Dead") di Burroughs; il libro influenzò David Bowie per la creazione del personaggio di Ziggy Stardust e, su indicazione del regista Russell Mulcahy, divenne una delle fonti di ispirazione della canzone Wild Boys (1984) dei Duran Duran e del videoclip ad essa collegato, diretto da Mulcahy], i "ragazzi radiosi" che si contorcono in spasimi animaleschi di transmutazione antropologica a contatto con le radiazioni esplose dalla cultura del desease [malattia]. La cultura del desease è la cultura pestilenziale del morbo, la cultura del virus ribelle al controllo della scienza. La cultura del desease è la cultura del virus stesso della cultura, la cultura del vizio decadente, la cultura dell'epoca dominata dall'incubo dell'eccesso e del disastro [va sottolineato che gli anni '80 furono fortemente segnati dalla malattia dell'AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita, di cui fu vittima anche Keith Haring].
Prima edizione del romanzo I ragazzi selvaggi. Burroughs ha un cammeo nel film Decoder (1984), noto per la presenza della vera Christiane F. come attrice (fonte) |
La cultura della catastrofe e dell'apocalisse trasforma i geroglifici di Keith in figure elementari di umanoidi infantili, bambini degenerati in serpi tortuose ma uniti con cordoni ombelicali ai tubi catodici della TV e ai fili aggrovigliati del telefono. Le onde di trasmissione del pensiero e del linguaggio assumono così le sagome sgangherate di immagini primigenie, tracciate con le punte di nylon dei pennarelli neri o con fluidi inchiostri cinesi. La calligrafia si trasforma in ideogramma e segue, soprattutto nei disegni in gesso bianco scanditi sui cartelloni neri della affissione pubblicitaria della Subway [metropolitana], il metodo di trasmissione tipico dei fotogrammi dei fumetti [nel periodo a cui risale quest'articolo, il termine "fumetti" era usato anche per indicare i cartoni animati]. Singoli frammenti, dominati sempre dal "bambino radioso", l'emblema-firma di Keith, contaminato da animali e da macchine tecnologiche voraci, si esibisce in frenetiche avventure di sesso e di alienazione. Frammenti associabili alle vignette a sequenza tipiche delle strips del fumetto, interrotte però da buchi di senso, vuoti di storia, irriducibili ad ogni tentativo di cucitura.
Keith Haring all'opera nei sotterranei della metropolitana (fonte) |
La logica a collage non ammette anelli di collegamento, spezza i concatenamenti del senso, spara raffiche di colpi isolati, destinati a colpire a vuoto. Keith mescola, nel suo bestiario-ominario visionario, elementi di alta tecnologia e di bassa istintività primordiale. Ma soprattutto il suo linguaggio iconografico è frutto di una sintesi di calligrafia scritturale e di ideografia pittografica, di struttura sillabica e di codice visivo. Anche Keith scrive per gli extraterrestri, e costringe gli umani di ora a mettere in moto, dietro la seduzione della sua apparente facilità, meccanismi di lettura sconosciuti.
(cfr. L'arte mia, pag. 229/235)
Disegno di Keith Haring sul libro postumo della Alinovi. Pubblicato nel 1984. |
Riguardo alla "cultura del virus" a cui fa riferimento l'Alinovi, si riportano queste parole di Keith Haring, dalle quali emerge come nel 1982 a New York si iniziasse a prendere coscienza dei pericoli legati all'AIDS, soprattutto da parte delle persone omosessuali come Haring:
Le cose erano già cambiate molto a New York e nella mia vita. Ma soprattutto a New York perché era comparso sulla scena l'orrore dell'AIDS. Una minaccia che avrebbe cambiato la vita di tutti e che stava influenzando il modo di vivere di tutti. Tutto iniziò verso il 1982, quando iniziarono a circolare le voci di una serie di morti misteriose di uomini gay.
(dichiarazione tratta dal documentario The Universe of Keith Haring [2007] di Christina Clausen; per una lista cronologica degli eventi legati all'AIDS, a partire dal 1981, si rimanda a questo link; tra le vittime dell'AIDS si ricorda il caso di Howard Ashman, autore, insieme a Alan Menken, delle colonne sonore dei film disneyani La Sirenetta [1989] e La Bella e la Bestia [1991]; per informazioni su libri e film dedicati al tema dell'AIDS si rimanda a questo articolo del blog)
Articolo del New York Times del luglio 1981. Si tratta di uno primi articoli dedicati alla "misteriosa malattia mortale" dei gay. L'articolo è leggibile integralmente in inglese a questo link. (fonte dell'immagine) |
Sulla diffusione dell'AIDS negli anni '80 a New York, si riporta anche questa dichiarazione di Kenny Scharf:
A chi pensa che gli anni '80 siano stati fantastici dico: "No, gli anni '80 sono stati terribili!". Fu allora che comparve l'AIDS, che chiamavano il "cancro dei gay". L'AIDS pose fine a tutto il divertimento, fu orribile. Immaginate di avere 20 anni e vedere tutti i vostri amici morire!
(cfr. il sopracitato documentario di Christina Clausen)
Articolo della rivista mensile Mandate Pubblicato nel dicembre 1981. (fonte) |
Francesca Alinovi a una mostra. Dal libro Il mistero di via del riccio. |
Tornando all'Alinovi, entrambi i suoi articoli dedicati ai graffitisti di New York vennero poi inseriti all'interno del libro-catalogo Arte di frontiera - New York Graffiti (1984, Mazzotta), relativo alla già citata mostra sugli artisti newyorkesi chiamata "Arte di frontiera" svoltasi nel 1984 in Italia, in seguito alla morte di Francesca Alinovi, avvenuta il 12 giugno 1983 a Bologna, nell'appartamento in cui viveva la studiosa, che morì a soli 35 anni, nel pieno della sua attività professionale, uccisa dal proprio "compagno", secondo quanto stabilirà in modo definitivo la Corte di Cassazione. La notizia della sua scomparsa turbò molto Keith Haring, il quale le dedicò le seguenti parole, scritte in seguito ad una sua performance artistica a Milano, nel 1984:
Ho dedicato questa esibizione a Francesca Alinovi. Francesca è stata la prima persona proveniente dall'Italia che ho incontrato a New York. L'ho incontrata nel 1979, quando lei stava curando una video esibizione da portare in varie tappe in Italia. Nel 1980 lei ha tentato di organizzare una mostra per un museo di Firenze, insieme a Diego Cortez. Ripetutamente, lei è stata costretta a fermarsi per via del budget. Diego ha poi organizzato un evento simile a New York City [nel 1981], chiamato "New York, New Wave", che è stata la prima esibizione ufficiale a mostrare la nuova scena artistica di New York [a questo link, c'è un servizio giornalistico del 1981 sulla mostra, con un'intervista a Cortez]. Ho incontrato Francesca ripetutamente a New York e ho realizzato diverse interviste con lei. È stata una dei pochi critici che abbia mai incontrato, ad aver afferrato l'intero senso di quello che stava accadendo a New York. Ha viaggiato di frequente da sola fino al Bronx, stringendo amicizia con gli autori dei graffiti di quella zona. Lei è stata la prima persona a portare Ann Magnuson [ha preso parte come attrice a film come Miriam si sveglia a mezzanotte, Cercasi Susan disperatamente, e Panic Room] e Kenny Scharf, pionieri del Club 57 nell'arte performativa, in Europa. Ricordo che la miglior intervista che abbia mai fatto nella mia vita, è stata con Francesca. La conversazione si spinse a trattare il mondo delle macchine e della tecnologia, di come le macchine avevano cambiato la nostra percezione del mondo, ecc..., finché, dopo aver rivolto lo sguardo al registratore a cassetta (vale a dire una macchina), ci siamo resi conto che si era fermato, rifiutandosi di registrare la nostra intera conversazione. Abbiamo realizzato un'altra intervista dopo quella, ma non è mai stata rifatta quella precedente. Mi manca Francesca, mi è mancata soprattutto in Italia, perché sapevo che lei sarebbe stata con me alla mia esibizione. Per queste ragioni, il libro e il mio show sono dedicati alla sua memoria.
(cfr. il libro Keith Haring Journals, di Keith Haring e Shepard Fairey, 2010, Penguin Books; la pagina da cui è tratto il testo è consultabile a questo link di Google Libri)
Locandina per l'esibizione di Haring a Milano, nel giugno 1984 (fonte) |
Ann Magnuson del Club 57. Dal film Miriam si sveglia a mezzanotte ("The Hunger", 1983) di Tony Scott. La Magnuson appare nella sequenza iniziale del film. |
Ann Magnuson e David Bowie. Da Miriam si sveglia a mezzanotte. Il sito web ufficiale della Magnuson si trova a questo link. |
Madonna e Ann Magnuson. Dal film Cercasi Susan disperatamente ("Desperately Seeking Susan", 1985) di Susan Seidelman. |
Come ulteriore prova del suo affetto nei confronti di Francesca Alinovi, Keith Haring si ispirò alle circostanze della sua morte, provocata dalle ferite inferte con un'arma da taglio (47 coltellate, di cui una sola mortale), per realizzare, nel 1984, un'opera senza titolo, dove al centro si trova un volto che rimanda a quello della Alinovi, mentre dal corpo appartenente a quel volto, fuoriesce la punta di un coltello.
L'opera di Keith Haring ispirata alla morte di Francesca Alinovi Untitled (Painting for Francesca Alinovi), 1984. Per informazioni sull'opera, si consiglia questo link (fonte) |
In rosso: il volto coi capelli che allude a quello della Alinovi In verde: la punta del coltello che fuoriesce dal corpo soprastante |
Tra i numerosi rammarichi derivanti dalla prematura scomparsa della Alinovi, vi è quello di non aver potuto leggere delle sue opinioni sul movimento letterario cyberpunk - che unisce per mezzo della fantascienza il mondo dell'alta tecnologia alla dimensione underground della cultura pop anni '70 e '80 -, che vide nel 1984 la pubblicazione di una delle sue opere più rappresentative, il romanzo Neuromante ("Neuromancer") di William Gibson. Due anni più tardi, nel 1986, il cyberpunk raggiunse la sua piena consacrazione con la pubblicazione del saggio breve What is Cyberpunk? di Rudy Rucker, e di Mirrorshades - L'antologia della fantascienza cyberpunk (edita, tra gli altri, da Fabbri Editori nel 1995, all'interno della collana da edicola "La biblioteca del brivido"), raccolta di racconti curata da Bruce Sterling, il quale nell'introduzione al volume indica, tra le fonti di ispirazione degli scrittori cyberpunk, "gli irritanti e irreprimibili graffiti di strada, figli di quel classico prodotto industriale che è la bomboletta spray" (cfr. Mirrorshades, pag. 20), dopo aver chiarito, a sua volta, i legami tra sviluppo tecnologico, artisti e quelle scienze umanistiche che, come nel caso del DAMS, si occupano del linguaggio e dell'evoluzione delle arti:
In altri momenti questa combinazione avrebbe potuto apparire forzata e artificiosa. Tra le scienze e le attività umanistiche c'è sempre stato un abisso: tra la cultura letteraria, il mondo delle arti e della politica, da un lato, e la cultura scientifica, il mondo dell'ingegneria e dell'industria dall'altro. Ma oggi questo abisso tende a scomparire. La cultura tecnica è diventata incontrollabile. I progressi delle scienze sono così radicali, così sconvolgenti, così inquietanti, così rivoluzionari, che è diventato impossibile contenerli entro limiti prefissati. Stanno influenzando la cultura nel suo insieme, ci pervadono, sono dappertutto. E la struttura del potere, le istituzioni tradizionali, hanno perso il controllo sul ritmo di questo cambiamento. All'improvviso si è resa riconoscibile una nuova alleanza, un'integrazione fra la tecnologia e la controcultura degli anni Ottanta. Una non santa alleanza fra il mondo della tecnica e quello del dissenso organizzato, il mondo underground della cultura pop, della fluidità visionaria e dell'anarchia da strada. (...) La febbre della tecnologia è sfuggita al controllo e dilaga per le strade. Come ha sottolineato Alvin Toffler in La terza ondata ["The Third Wave", saggio edito nel 1980], la rivoluzione tecnica che sta ridisegnando la nostra società non si basa sulla gerarchia ma sulla decentralizzazione, non sulla rigidità ma sulla fluidità.
(cfr. Mirrorshades, pag. 18/19)
Ora rientro perfettamente nella classificazione di "persona malata di AIDS". Per la prima volta vedo come una realtà ciò che inizia a succedermi e penso a come affrontare la cosa. Sapevo che sarebbe successo, ma neanche questa consapevolezza poteva prepararmi al momento in cui ho saputo la mia condizione. La prima reazione è stata un crollo emotivo. Mi sono seduto lungo il fiume e ho pianto senza sosta; ma non ci si può abbandonare, bisogna andare avanti. Bisogna farsi forza e capire che non è la fine, che ci sono altre cose, che bisogna continuare. Allo stesso tempo, pensare a come combattere la malattia.
(cfr. il sopracitato documentario di Christina Clausen)
Keith Haring a una manifestazione politica sull'AIDS (fonte) |
Ignoranza = Paura Silenzio = Morte Combatti l'AIDS (fonte) |
Il logo del gruppo "Act Up". La scritta in basso significa "Coalizione AIDS per scatenare il potere". (fonte) |
L'importanza dell'attività svolta dal gruppo Act Up e il contributo di Haring, vengono così raccontati dal fotografo e regista David LaChapelle:
Faceva parte di un gruppo politico che lottava affinché il Governo si occupasse dell'epidemia di AIDS in corso. Faceva pressioni affinché il test dell'HIV fosse "coperto" dal sistema sanitario nazionale e soprattutto fosse rapido. La ricerca medica era rallentata da molti vincoli burocratici, ma grazie ad "Act Up" cambiò il modo in cui il Governo degli Stati Uniti affrontò l'AIDS. Il loro è stato un modo di protestare molto creativo. Quando Keith scoprì di avere l'HIV, si è dato anima e corpo a "Act Up".
(cfr. il sopracitato documentario di Christina Clausen)
"Act Up per la vita!!" Disegno di Haring. (fonte) |
Haring morì il 16 febbraio 1990 a 31 anni, un'età ancor più giovanile di quella a cui scomparve Francesca Alinovi.
Tra le persone che hanno cercato di raccogliere a Bologna l'eredità artistica e culturale della Alinovi rifacendosi in parte anche alla mentalità dell'ambiente culturale di New York, vi era Luigi Bernardi (1953-2013), direttore della casa editrice Granata Press (1990/1996), il quale scelse - nel libro Granata Press - Sulle tracce di una casa editrice (2000, Moby Dick) -, come unica immagine rappresentativa della vita della Granata, una foto dello scrittore William Burroughs con in mano il primo numero della rivista Nova Express, nome ideato da Onofrio Catacchio e scelto da Bernardi anche per rifarsi all'omonimo romanzo pubblicato da Burroughs nel 1964.
Burroughs e la rivista Nova Express della Granata Press. Foto tratta dal libro Granata Press - Sulle tracce di una casa editrice. |
Copertina del n.1 (marzo 1991) della rivista Nova Express. |
Edizione italiana del libro di Burroughs, curata da Adelphi. In copertina disegno di Jean-Michel Basquiat, autore di New York noto alla Alinovi |
Bernardi, inoltre, sull'importanza del lavoro della Alinovi e delle conseguenze della sua morte per Bologna, ha scritto il libro Macchie di rosso. Bologna avanti e oltre il delitto Alinovi (2002, Editrice Zona). A Bernardi, infine, nel 1990 venne anche affidata la responsabilità di curare, per la Glénat Italia, l'edizione italiana (basata su quella americana della Marvel Comics) del fumetto giapponese Akira (1982/1990) di Katsuhiro Otomo (regista anche dell'omonimo film da esso tratto nel 1988), opera di fantascienza cyberpunk in cui si ritrovano molte delle idee e dei concetti espressi dalla Alinovi sugli artisti newyorkesi, poiché tra le fonti di ispirazione di Otomo per Akira vi è anche la New York di fine anni '70, da lui visitata insieme a sua moglie durante il loro viaggio di nozze. Haring, a sua volta, aveva visitato il Giappone nel 1982, recandosi in seguito anche a Hiroshima nel 1988.
Copertina dell'edizione americana a colori del fumetto Akira (n. 1, agosto 1988). Venne colorata da Steve Oliff per la Epic Comics, di proprietà della Marvel Comics. |
Keith Haring in Giappone, nel 1982. Dal documentario di Christina Clausen |
Disegno di Haring per Hiroshima (1988) (fonte) |
Com'è quindi facilmente intuibile, la vastità dell'eredità artistica e culturale del lavoro svolto da Keith Haring e Francesca Alinovi attende ancora di essere pienamente esplorata e compresa in Italia e in altri paesi.
P.S. Riguardo alla New York degli anni '70, si segnala che è disponibile sul blog questo approfondimento sul film Heavy Traffic (1973, inedito in Italia) di Ralph Bakshi, realizzato attraverso un mix di riprese dal vero e sequenze interamente o parzialmente realizzate attraverso il disegno animato. Heavy Traffic fu proiettato alle Giornate del Cinema Italiano a Venezia nel 1973.
Ti ringrazio tantissimo per questo splendido articolo, la cui lettura mi ha molto emozionato, oltre a farmi conoscere cose e situazioni di cui avevo solo qualche vaga nozione.
RispondiEliminaGrazie di cuore e un caro saluto.
O.
Prego Orlando, grazie a te per questo bel commento!
EliminaBuona domenica, ciao!
Ottimo articolo, è un bel tributo alla Alinovi e al suo lavoro, o mglio: alla sua passione. Il suyo libro "Arte di frontiera" e i suoi articoli su Flash Art li consumai, letteralmente. Grazie! Matteo.
RispondiEliminaPrego Matteo, grazie a te per l'apprezzamento!
Eliminabuongiorno avrei una copia da vendere
RispondiEliminacome nuova se interessa
conservata da mio padre giornalista
grazie Luca Barbato
Veramente notevole! Spero che tu possa scrivere altro, anche delle nuove correnti. Tutto parla sempre della Professoressa Alinovi. Lei non era sola ma non lo sapeva...
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