domenica 20 giugno 2021

Vermicino - Il dramma con cui Go Nagai seppe dell'arrivo dei suoi personaggi in Italia


A quarant'anni dalla tragica vicenda di Vermicino (frazione del comune di Frascati), avvenuta dal 10 al 13 giugno 1981, in seguito alla caduta in un pozzo artesiano di un bambino di 6 anni - Alfredo Rampi, detto "Alfredino" -, morto per via del fallimento dei vari tentativi di salvarlo, sotto gli occhi di milioni di italiani che seguirono quell'evento nel corso di un'estenuante e controversa diretta televisiva della Rai, si coglie l'occasione per spiegare che fu a causa di quella circostanza che il fumettista giapponese Go Nagai - secondo quanto riportato in una sua intervista italiana risalente al 2013 -, venne per la prima volta a conoscenza dell'arrivo in Italia delle serie animate con protagonisti i suoi personaggi (Atlas Ufo Robot - Goldrake, Il Grande Mazinga, Jeeg Robot d'Acciaio, Mazinga Z, ecc..).
Si coglie, inoltre, l'occasione per parlare di due vicende accadute negli USA con vari punti in comune con quella di Vermicino: si tratta dei casi di Floyd Collins (1925) e di Kathy Fiscus (1949), due delle principali fonti di ispirazione per il film L'asso nella manica (1951, titolo originale: "Ace in the Hole") di Billy Wilder.


Cartina geografica da Google Maps, con l'indicazione di Vermicino

I dati d'ascolto della diretta Rai dedicata alla vicenda di Vermicino
Da L'Unità del 17/06/1981

L'intervista in cui Go Nagai fa riferimento alla vicenda di Vermicino è stata pubblicata sul numero della rivista mensile la Repubblica XL risalente a maggio 2013, dal quale si riporta il seguente estratto:

Tutti coloro che in Giappone hanno vissuto l'infanzia e l'adolescenza negli anni 70-80 sono cresciuti con i suoi manga e anime. Ma è stato così anche in Italia. Lei lo sapeva?

"Ho saputo che la popolarità delle mie opere in Italia stava diventando qualcosa di smisurato solo quando hanno iniziato a cercarmi i media".

Gli telefonarono dall'Italia per avere la sua opinione su un fatto di cronaca: la tragedia di Vermicino del 1981. Alfredino, un bambino di sei anni, era caduto in un pozzo. Rimase lì tre giorni e tutti i tentativi di salvarlo furono vani. Per tutto il tempo Alfredino pregò Goldrake di andarlo a salvare:

"Mi chiesero un commento, era come se mi accusassero. Ma mica era colpa mia se Goldrake non arrivava. Se pregate Gesù e lui non arriva, mica ve la prendete con Gesù, giusto? Quindi ho detto solo che mi dispiaceva. Comunque, fu così che seppi che le mie opere erano conosciute anche in Italia".

(cfr. l'articolo intervista Cuore e Acciaio, di Naoko Okada, la Repubblica XL, maggio 2013)

Dall'intervista a Go Nagai pubblicata su Repubblica XL nel maggio 2013

Prima di quelle dichiarazioni di Go Nagai risalenti al 2013, non era mai stata fatta piena chiarezza sull'effettivo modo con cui il fumettista giapponese venne a conoscenza dell'arrivo dei suoi personaggi nel nostro paese, contrassegnato dall'ordine caotico della messa in onda delle serie animate televisive (l'ordine originale di trasmissione della trilogia Mazinga Z/Grande Mazinga/Atlas Ufo Robot - Goldrake, da noi fu invertito in questo modo: Atlas Ufo Robot - Goldrake/Grande Mazinga/Mazinga Z), e dall'altrettanta confusionaria edizione italiana dei cortometraggi cinematografici dedicati ai suoi personaggi, che furono assemblati tra loro creando tre film di montaggio: Mazinga contro gli Ufo Robot (1978), Gli Ufo Robot contro gli invasori spaziali (1979), Mazinga contro Goldrake (1979).

Dall'edizione Rai della sigla di testa italiana di Mazinga Z
Oltre al nome di Nagai, è presente quello della sua azienda, Dynamic Productions, fondata nel 1969

In mezzo a questo caos, il nome di Go Nagai - dopo essere stato segnalato insieme a quello del suo collaboratore Ken Ishikawa nei titoli di testa del film Mazinga contro gli Ufo Robot, come risulta dal video a questo link - fu però inserito nella sigla di testa italiana di Mazinga Z, serie trasmessa nel nostro paese a partire dal 21 gennaio 1980 su Raiuno, mentre nelle edicole italiane a partire dal novembre 1979, fu distribuito il fumetto giapponese del Grande Mazinga realizzato da Gosaku Ota con la supervisione di Go Nagai, pubblicato da Fabbri Editori, prima col titolo "Il Grande Mazinga", successivamente cambiato in "Il Grande Mazinger", rendendolo così coerente con quello utilizzato per l'edizione italiana della serie tv del Grande Mazinga, trasmessa nel nostro paese da delle tv private nel 1979, il che ha fatto sì che in Italia si diffondesse l'abitudine di utilizzare il termine "Mazinga" per indicare "Il Grande Mazinga", oppure per riferirsi indistintamente sia al Grande Mazinga, sia a Mazinga Z.

Il primo numero dell'edizione italiana del fumetto giapponese di Gosaku Ota e Go Nagai
Pubblicato da Fabbri Editori

Mazinga Z e il Grande Mazinga si stringono la mano
Dall'ultima puntata della serie Il Grande Mazinga

Tornando alle dichiarazioni di Nagai risalenti al 2013, grazie ad esse si può individuare una sua intervista italiana pubblicata sul quotidiano La Stampa in data 16/06/1982, realizzata dal giornalista Vittorio Zucconi (1944-2019). Dalla lettura del seguente estratto si possono cogliere le analogie con quanto dichiarato da Nagai nel 2013 a Repubblica XL, tranne che per la sostituzione di "Mazinga" al posto di "Goldrake":
Lo sa che a Vermicino, un posto lontanissimo dal Giappone, un bambino è morto sepolto vivo aspettando fiducioso che il suo Mazinga arrivasse a salvarlo? Dovevo dirglielo, ma mi pento subito. Agita le manine da geisha, scuote il gran ciuffo, e poi nasconde la faccia mormorando: "Che tristezza, che tristezza. Posso dire a lei e agli italiani che mi dispiace enormemente, che mi sento colpevole. Come avrei potuto immaginare, sapere...".

Guardi, signor Mazinga padre, lasci stare. Ha ragione lui: come poteva sapere. È il Barnum italiano [riferimento all'imprenditore circense statunitense Phineas Taylor Barnum], non certo il suo robot, il colpevole.

(cfr. l'articolo-intervista La parola al papà di Mazinga, di Vittorio Zucconi, La Stampa, 16/06/1982)

Da La Stampa del 16/06/1982

In rosso è indicata la sezione dell'articolo in cui si parla di Vermicino
Il robot presente nell'articolo è il Grande Mazinga
Da La Stampa del 16/06/1982

Da tenere presente che in Giappone la prima lunga diretta televisiva di un fatto di cronaca - noto come "Asama-Sanso Incident" - avvenne nel febbraio 1972 da parte dell'NHK (l'equivalente nipponico della Rai, affiancata dalle emittenti private giapponesi), e riguardava l'assedio delle forze dell'ordine a una piccola pensione dove un gruppo di 5 persone appartenenti a un gruppo terroristico di estrema sinistra (Rengo Sekigun), aveva preso in ostaggio una donna. Come nel caso di Vermicino, anche in Giappone questa interminabile diretta della durata di oltre 10 ore, provocò numerose critiche e accuse all'NHK, suscitando un dibattito nell'opinione pubblica nipponica sul ruolo sociale ricoperto dai mass media e sul loro modo di agire. Lo stesso Mazinga Z (il primo robot ideato da Go Nagai, al quale l'autore è maggiormente legato), creato in Giappone nel 1972, ha come nucleo fondante il concetto del libero arbitrio umano applicato alla tecnologia e alla scienza, le quali, come i mass media, si possono utilizzare per fare del bene o del male al prossimo; "Con Mazinga Z potrai essere come un dio o come un demonio, questo dipenderà soltanto da te", è la frase rappresentante la base concettuale di Mazinga Z.

Approfondimento in lingua inglese sulla diretta tv dell'NHK risalente al 1972
(fonte)

Per quello che riguarda il caso di Vermicino fu in particolare la ripetuta trasmissione televisiva della voce di Alfredo Rampi (resa possibile grazie a un microfono calato nel pozzo), a turbare molti degli spettatori che assistettero alla diretta, nonché a provocare le successive proteste da parte dei famigliari del bambino, al punto da impedire che i filmati della diretta contenenti la voce di Alfredo fossero nuovamente trasmessi in televisione. Ma andiamo con ordine, per raccontare con più chiarezza ciò che è accaduto.

Nel corso della trasmissione televisiva Rai nel giugno 1981 fu mostrato il dialogo tra il vigile del fuoco Nando Broglio e Alfredo, con Nando che cercò di rassicurarlo in vari modi, parlandogli anche di vari cartoni animati come "Mazinga" (non è chiaro se si trattasse del Grande Mazinga o di Mazinga Z, mentre nella miniserie televisiva Alfredino - Una storia italiana [2021] diretta da Marco Pontecorvo, è presente solo il Grande Mazinga). A questo dialogo si accenna in vari articoli che vennero pubblicati sui quotidiani in quei giorni del 1981, come ad esempio nel seguente resoconto tratto da un articolo apparso su L'Unità:

Giocare, parlare, raccontare storie, immagini, promesse. Tutto serve in queste ore angosciose per non fare crollare il bambino che è laggiù. Nando Broglio, il vigile che ha fatto amicizia con Alfredo e che è rimasto ininterrottamente sul pozzo per comunicare con il bambino, gli ha raccontato che i vigili avevano mezzi come quelli di Mazinga e che li stavano usando tutti per tirarlo fuori. Poi gli ha chiesto di essere pure lui forte come gli eroi dei cartoni animati. Prima di scendere i vigili glielo hanno annunciato: "Guarda che adesso veniamo sotto pure noi. Non ti spaventare se senti un martello". 

(cfr. l'articolo Tanti modi per dire: "Siamo con te", di Marina Maresca, L'Unità, 13/06/1981)

Da L'Unità del 13/06/1981
Dalla miniserie Alfredino: un poster del Grande Mazinga appeso nella camera di Alfredo Rampi.
Si tratta di uno dei poster allegati all'edizione italiana del manga del Grande Mazinga di Gosaku Ota e Go Nagai, pubblicata da Fabbri Editori

L'albo dell'edizione italiana del Grande Mazinga dove era allegato il poster mostrato in Alfredino
Si tratta dell'albo n. 13 del manga di Gosaku Ota e Go Nagai

Altri riferimenti a quel dialogo che coinvolse i robot di Go Nagai, si possono trovare nei due seguenti articoli, risalenti al 13 giugno 1981:

Articolo di Rocco Di Blasi pubblicato su L'Unità del 13/06/1981
Il titolo dell'articolo si riferisce al terremoto in Irpinia del novembre 1980

Frammento di un articolo di Luigi Cancrini tratto da L'Unità del 13/06/1981

L'importanza di quella conversazione tra il vigile del fuoco Nando Broglio e Alfredo è inoltre sottolineata in un'intervista rilasciata dai genitori del bambino al Corriere della Sera, pubblicata il 15 giugno 1981, dove la madre, Franca Rampi, ha così ricordato quei momenti vissuti da suo figlio e da Nando Broglio:

Con lui aveva stretto un rapporto speciale. Quell'uomo meraviglioso, sempre in quella posizione che neppure io, sua madre, avrei avuto la forza di resistere. Gli parlava di Mazinga che stava scendendo, gli cantava anche le canzoncine, ha fatto di tutto per confortarlo, povero figlio mio.

(cfr. l'articolo-intervista "Che non accada mai più!", di Angelo Falvo, Corriere della Sera, 15/06/1981)

Dal Corriere della Sera del 15/06/1981

Tuttavia, come già accennato, l'estenuante diretta televisiva e la trasmissione della voce del bambino generarono aspre critiche fin da subito:

Da L'Unità del 12/06/1981

Da L'Unità del 14/06/1981

Articolo del regista Luigi Comencini
Da L'Unità del 16/06/1981

Da L'Unità del 17/06/1981
Confronto tra la vicenda di Vermicino e la morte di due bambini caduti in un pozzo a Siracusa
La notizia della morte dei due fratellini fu data il 13/06/1981, senza clamore mediatico

Nel 1995, in seguito alla pubblicazione di una videocassetta - "Grandi Emozioni TV '81", pubblicata dal Gruppo Editoriale Bramante in collaborazione con VideoRai, facente parte di una serie videocassette distribuite in edicola nel periodo della messa in onda del programma televisivo "Emozioni Tv", su Raidue, che dedicò una puntata agli eventi del 1981, come risulta a questo link -, contenente alcuni minuti della diretta televisiva del 1981 dove erano presenti le urla di Alfredo Rampi, la sua famiglia ricorse alle vie legali:

Da L'Unità del 06/05/1995

Da L'Unità del 07/05/1995

Intervista alla madre del bambino
Da L'Unità del 07/05/1995

Dal quotidiano La Stampa del 13/05/1995

Fin dal 1981, il modo con cui i mass media italiani (in particolare la televisione) gestirono la vicenda di Vermicino, provocando l'afflusso di migliaia di persone curiose di andare a vedere personalmente quanto stava accadendo in quella zona, nonché lo scatenarsi degli speculatori che colsero l'occasione per vendere cibi e bevande alle persone lì presenti, fece sì che si parlò di una situazione simile a quella mostrata nel film L'asso nella manica (1951) di Billy Wilder, che a sua volta attinse a una reale vicenda avvenuta nell'aprile 1949 negli USA, quando a San Marino (California) una bambina di 3 anni, Kathy Fiscus, cadde in un pozzo e le operazioni di soccorso per trarla in salvo furono trasmessi in una lunga e traumatica diretta radiofonica e - per la prima volta negli USAtelevisiva (trasmessa in tv da KTLA per circa 27 ore e mezza), conclusasi con la notizia della morte della bambina.

La notizia della vicenda di Kathy Fiscus sulla prima pagina del Los Angeles Times nel 1949
(fonte)

Dalle informazioni reperibili on-line sembrerebbe che le immagini di quella diretta televisiva del 1949 - un punto di svolta per la storia della televisione negli USA, come raccontato da Stan Chambers, il giornalista che ne fu protagonista, in questo articolo pubblicato sul Los Angeles Times nel 1989 -, non siano più reperibili (qualcosa però è mostrato nel corso di questo video, contenente un'intervista allo storico William Deverell, autore del libro Kathy Fiscus: A Tragedy That Transfixed the Nation [2021]), mentre restano disponibili alcuni servizi giornalistici appartenenti a dei Cinegiornali, come ad esempio un servizio italiano dell'Istituto Luce risalente al 22 aprile 1949 (intitolato: "Il pozzo della morte - Tutta l'America ha trepidato per Kathy Fiscus"), reperibile a questo link, e due filmati in lingua inglese visionabili sull'account YouTube di British Pathé a questo link e a quest'altro. Sull'account YouTube della rete televisiva statunitense KTLA, è invece presente a questo link un approfondimento giornalistico del 2021 sulla vicenda di Kathy Fiscus, alla quale è inoltre ispirata la canzone The Death of Little Kathy Fiscus di Jimmie Osborne, che donò parte dei guadagni del brano alla famiglia della bambina.

(fonte)

Articolo del 1989 dedicato alla vicenda di Kathy Fiscus
(fonte)

La folla accorsa per vedere le operazioni per salvare Kathy Fiscus
(fonte)

Oltre alla storia di Kathy Fiscus - ricordata negli USA anche per via dell'afflusso di persone che giunse sul luogo dell'incidente per assistere alle operazioni di soccorso della bambina, come mostrato nelle fotografie presente in questa pagina del Los Angeles Times -, L'asso nella manica trae esplicita ispirazione dalla vicenda di Floyd Collins (1887-1925), un esploratore di cave che rimase intrappolato in una grotta (Sand Cave, appartenente al sistema di grotte chiamato Mammoth Cave, in Kentucky), riuscendo a sopravvivere lì sotto per oltre 10 giorni, ma morendo prima che i soccorritori riuscissero a trarlo in salvo. A questo fatto di cronaca, nei giorni del suo svolgimento, si interessò il giornalista William Burke "Skeets" Miller del quotidiano The Courier-Journal (con sede a Louisville in Kentucky), che riuscì a farsi strada nella caverna dove era intrappolato Collins e a intervistarlo, attirando l'attenzione delle stazioni radiofoniche statunitensi, che seguirono la vicenda attraverso dei continui bollettini giornalistici, i quali contribuirono a diffondere la notizia nella popolazione, attirando sul luogo dei soccorsi circa 10.000 persone, ai quali si aggiunsero dei venditori di cibi, bevande e di souvenir della zona, creando così una grottesca atmosfera da circo, cioè qualcosa di simile a quanto mostrato nel film L'asso nella manica e a quanto avvenuto a Vermicino. Alcune immagini delle operazioni di soccorso di Collins, si possono vedere in un servizio senza audio (intitolato: "A Fight For Life"), tratto da un Cinegiornale - "Pathé Super Gazette" - del 1925, disponibile a questo link. Della vicenda di Floyd Collins se ne parlò anche in Italia, come testimoniato dal seguente trafiletto tratto dal quotidiano La Stampa dell'11/02/1925:

La storia di Floyd Collins in Italia

Per aver seguito la vicenda, il giornalista William Miller ottenne il premio Pulitzer nel 1926, come esplicitamente detto dal protagonista (il giornalista Charles Tatum, interpretato da Kirk Douglas) del film L'asso nella manica, nel corso di un discorso che offre spunti di riflessione anche in merito a quanto vissuto da tutti noi a partire dal 2020, con le continue notizie quotidiane delle numerose vittime provocate dalla pandemia del Covid-19:
Un uomo è peggio che un centinaio. Non te lo hanno insegnato? (...) La reazione del pubblico: tu compri un giornale e leggi la morte di 120 uomini, o di 200, o di 500, o di un milione di uomini come nelle carestie in Cina. Tu leggi, ma resti indifferente. Un uomo solo è diverso, vuoi sapere tutto di lui; questa è la reazione del pubblico. Un uomo solo è in pericolo, come [Charles] Lindberg che attraversa l'Atlantico, o Floyd Collins. Non ti dice niente questo nome? (...) Non ti ricordi di Floyd Collins? Nel '25, nel Kentucky, quel poveraccio chiuso in una caverna. Uno dei più grossi fatti di cronaca del mondo. Per mesi ha tenuto la prima pagina di tutti i giornali. (...) E allora sappi che un ignoto reporter di Louisville si precipitò sulla faccenda, la sfruttò e ci vinse il premio Pulitzer.

[Il discorso è tratto dall'edizione italiana del film di Billy Wilder]

Charles Tatum (Kirk Douglas) parla alla folla radunatasi sul luogo dei soccorsi
Dal film L'asso nella manica di Billy Wilder

Servizio di un Cinegiornale del 1925 dedicato a Floyd Collins
(fonte)

Tuttavia la speculazione giornalistica, mediatica ed economica non possono e non devono essere le uniche cose ricavabili da tragedie di questo genere, in virtù del libero arbitrio di cui è dotato ogni essere umano, in base al quale si può decidere di agire per il bene o per il male del prossimo. Ne è un esempio positivo quanto accaduto in Italia in seguito alla vicenda di Vermicino, come dimostrato dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini (1896-1990), che in seguito a un colloquio personale con la madre di Alfredo Rampi (a questo link se ne trova un resoconto), si impegnò personalmente per portare a compimento l'istituzione della Protezione Civile in Italia, cosa avvenuta nell'aprile 1982 con la creazione del Dipartimento della Protezione Civile. Inoltre, grazie all'impegno della famiglia Rampi, nacque nel giugno 1981 il Centro Alfredo Rampi, un importante esempio italiano di come delle persone coinvolte in una tragedia possano trovare la forza in se stesse per reagire, creando qualcosa di importante per la società in cui vivono.

Da L'Unità del 30/06/1981

Aggiornamento 31/05/2022: Il 28 maggio 2022 nel quartiere Garbatella di Roma, è stato inaugurato il murale dedicato a Alfredo Rampi realizzato da Anna Maria Tierno, insieme a una targa in suo ricordo. Sulla targa, accanto al suo nome, c'è un disegno raffigurante il robot Mazinga Z. La scritta sulla targa è la seguente:
La città di Roma per te, Alfredo, affinché la tua storia continui a insegnare e a trasmettere i valori della legalità, della solidarietà e l'importanza delle competenze.

Grazie a te è nata la Protezione Civile, oggi al fianco di tutte e tutti noi con incessante impegno.

Grazie Alfredo

Mazinga Z accanto al nome di Alfredo Rampi
(fonte)

P.S. Errori nelle operazioni di soccorso si verificarono anche alle Torri Gemelle di New York l'11 settembre 2001, come raccontato in questo articolo del blog e nel corso del documentario 11/9 (2002, titolo internazionale: "9/11"), girato dai fratelli Naudet e dal vigile del fuoco James Hanlon insieme a Rob Klug (responsabile della post-produzione), reperibile a questo link. In seguito agli eventi dell'11 settembre 2001, anche a New York alcuni dei vigili del fuoco sopravvissuti a quella giornata - come Joseph Pfeifer -, si impegnarono personalmente per un miglioramento nell'organizzazione delle operazioni di soccorso in caso di emergenza, mentre altri vigili del fuoco si ritrovarono a dover confrontarsi con il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), con il senso di colpa per essere sopravvissuti, con la depressione e con altre conseguenze psicologiche. Tutto ciò è raccontato nel corso del documentario 11 settembre - 5 anni dopo (2006), realizzato nuovamente dai fratelli Naudet e da James Hanlon, visionabile a questo link di YouTube.

4 commenti:

  1. Ero piccolo ma me lo ricordo bene. Fu la scoperta, terribile, che purtroppo anche un bambino della mia età poteva morire e che nonostante tutte le tecnologie messe a disposizione potevamo essere impotenti in un'operazione di salvataggio.
    Ignoravo invece il tentativo della rai di farne una videocassetta per il mercato mediatico, che vergogna, fa il paio con il video della tragedia del Mottarone diffuso in questi giorni. Sciacallaggio mediatico disgustoso.

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  2. Che sciacalli.
    Inoltre a Go Nagai le solite domande del cavolo che abbondano sempre in situazioni come questa: "cosa ne pensa?" Ma uno secondo loro cosa dovrebbe pensare, cosa ti dovrebbe rispondere? Deficienti.

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  3. Di altrettanto opinabile ci fu anche la satira de Il Male sul fattaccio. Poi sbaglierò, ma c'è una puntata dei Simpson in cui Bart finisce in un pozzo

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    1. Sì, esiste quella puntata dei Simpson. Si tratta dell'episodio "Radio Bart", il tredicesimo della terza stagione, dove Bart mette un registratore in un pozzo per fingere che in esso sia caduto un bambino. L'episodio si dice che sia ispirato al film "L'asso nella manica" (1951) di Billy Wilder e quindi di conseguenza a quanto accaduto a Kathy Fiscus nel 1949.
      Esiste una pagina wikipedia inglese appositamente dedicata alla puntata "Radio Bart":
      https://en.wikipedia.org/wiki/Radio_Bart

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